Ricorso in Cassazione: Perché è Obbligatorio l’Avvocato Patrocinante
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: l’inammissibilità del ricorso in Cassazione presentato personalmente dal condannato. Questa decisione, sebbene di natura puramente procedurale, offre spunti essenziali sull’importanza della difesa tecnica specializzata nel grado più alto della giustizia italiana.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli in data 4 luglio 2024. Un soggetto, destinatario di tale provvedimento, decideva di impugnarlo proponendo un ricorso direttamente alla Corte di Cassazione. Tuttavia, l’atto di impugnazione veniva redatto e presentato personalmente dall’interessato, senza l’assistenza e la sottoscrizione di un difensore.
La Questione Giuridica: Il Ricorso in Cassazione e la Difesa Tecnica
Il nodo della questione risiede nelle modifiche legislative introdotte dalla legge n. 103 del 2017. Questa riforma ha inciso in modo significativo sull’articolo 613 del codice di procedura penale, stabilendo una regola precisa per la presentazione del ricorso in Cassazione. La norma prevede espressamente che l’atto di ricorso, sia dell’imputato che del condannato, debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.
Questa disposizione non è un mero formalismo, ma risponde all’esigenza di garantire un elevato livello tecnico-giuridico agli atti destinati alla Suprema Corte, la quale è chiamata a decidere su questioni di legittimità (cioè sulla corretta applicazione della legge) e non sul merito dei fatti.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, esaminati gli atti, ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura snella, definita de plano. Le motivazioni sono lineari e si basano su una constatazione oggettiva: sia il provvedimento impugnato che il ricorso erano successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n. 103/2017. Di conseguenza, la nuova disciplina era pienamente applicabile al caso di specie.
I giudici hanno rilevato che la presentazione personale dell’atto, in violazione dell’art. 613 c.p.p., costituiva una causa di inammissibilità manifesta. Per tale ragione, hanno applicato l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che consente alla Corte di decidere senza formalità di udienza quando un ricorso è palesemente inammissibile.
Oltre a dichiarare l’inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. I giudici hanno specificato che tale condanna pecuniaria è dovuta in quanto non emergevano profili che potessero escludere la colpa nella presentazione di un ricorso privo dei requisiti essenziali, richiamando a tal proposito un consolidato principio affermato dalla Corte Costituzionale.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame conferma in modo inequivocabile che l’accesso alla Corte di Cassazione in materia penale è strettamente vincolato all’assistenza di un legale qualificato. L’approccio ‘fai-da-te’ non solo è precluso, ma comporta conseguenze negative concrete: la perdita del diritto a far esaminare la propria impugnazione e una condanna al pagamento di spese e sanzioni.
Questa regola rafforza il ruolo dell’avvocato cassazionista come filtro di professionalità, assicurando che le questioni sottoposte alla Suprema Corte siano formulate con la perizia tecnica necessaria per un giudizio di pura legittimità, evitando di gravare l’organo giurisdizionale con impugnazioni destinate a un esito scontato.
È possibile per un condannato presentare personalmente un ricorso alla Corte di Cassazione?
No. A seguito della riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, il ricorso in Cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene presentato senza la firma di un avvocato abilitato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
La Corte deve tenere un’udienza per dichiarare inammissibile un ricorso presentato personalmente?
No, la Corte può dichiarare l’inammissibilità de plano, cioè con una procedura semplificata e senza udienza, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, quando l’inammissibilità è evidente dagli atti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2311 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2311 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 03/02/1948
avverso l’ordinanza del 04/07/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
dato avviso alle a i;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso ed il provvedimento impugnato.
Considerato che il ricorso avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Napoli emessa il giorno 4 luglio 2024 è stato proposto personalmente da NOME COGNOME e che sia il provvedimento che il ricorso sono successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, che ha previsto che il ricorso dell’imputato quindi anche del condannato) deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (art. 613, comma 1, cod. pro pen.);
Rilevato che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.