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Ricorso in Cassazione: l’obbligo di avvocato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in Cassazione presentato personalmente da un condannato. La decisione si fonda sulla legge n. 103/2017, che impone, a pena di inammissibilità, che l’atto sia sottoscritto da un difensore iscritto all’albo speciale della Cassazione. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Perché è Obbligatorio l’Avvocato Patrocinante

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: l’inammissibilità del ricorso in Cassazione presentato personalmente dal condannato. Questa decisione, sebbene di natura puramente procedurale, offre spunti essenziali sull’importanza della difesa tecnica specializzata nel grado più alto della giustizia italiana.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli in data 4 luglio 2024. Un soggetto, destinatario di tale provvedimento, decideva di impugnarlo proponendo un ricorso direttamente alla Corte di Cassazione. Tuttavia, l’atto di impugnazione veniva redatto e presentato personalmente dall’interessato, senza l’assistenza e la sottoscrizione di un difensore.

La Questione Giuridica: Il Ricorso in Cassazione e la Difesa Tecnica

Il nodo della questione risiede nelle modifiche legislative introdotte dalla legge n. 103 del 2017. Questa riforma ha inciso in modo significativo sull’articolo 613 del codice di procedura penale, stabilendo una regola precisa per la presentazione del ricorso in Cassazione. La norma prevede espressamente che l’atto di ricorso, sia dell’imputato che del condannato, debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.

Questa disposizione non è un mero formalismo, ma risponde all’esigenza di garantire un elevato livello tecnico-giuridico agli atti destinati alla Suprema Corte, la quale è chiamata a decidere su questioni di legittimità (cioè sulla corretta applicazione della legge) e non sul merito dei fatti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, esaminati gli atti, ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura snella, definita de plano. Le motivazioni sono lineari e si basano su una constatazione oggettiva: sia il provvedimento impugnato che il ricorso erano successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n. 103/2017. Di conseguenza, la nuova disciplina era pienamente applicabile al caso di specie.

I giudici hanno rilevato che la presentazione personale dell’atto, in violazione dell’art. 613 c.p.p., costituiva una causa di inammissibilità manifesta. Per tale ragione, hanno applicato l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che consente alla Corte di decidere senza formalità di udienza quando un ricorso è palesemente inammissibile.

Oltre a dichiarare l’inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. I giudici hanno specificato che tale condanna pecuniaria è dovuta in quanto non emergevano profili che potessero escludere la colpa nella presentazione di un ricorso privo dei requisiti essenziali, richiamando a tal proposito un consolidato principio affermato dalla Corte Costituzionale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame conferma in modo inequivocabile che l’accesso alla Corte di Cassazione in materia penale è strettamente vincolato all’assistenza di un legale qualificato. L’approccio ‘fai-da-te’ non solo è precluso, ma comporta conseguenze negative concrete: la perdita del diritto a far esaminare la propria impugnazione e una condanna al pagamento di spese e sanzioni.

Questa regola rafforza il ruolo dell’avvocato cassazionista come filtro di professionalità, assicurando che le questioni sottoposte alla Suprema Corte siano formulate con la perizia tecnica necessaria per un giudizio di pura legittimità, evitando di gravare l’organo giurisdizionale con impugnazioni destinate a un esito scontato.

È possibile per un condannato presentare personalmente un ricorso alla Corte di Cassazione?
No. A seguito della riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, il ricorso in Cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene presentato senza la firma di un avvocato abilitato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La Corte deve tenere un’udienza per dichiarare inammissibile un ricorso presentato personalmente?
No, la Corte può dichiarare l’inammissibilità de plano, cioè con una procedura semplificata e senza udienza, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, quando l’inammissibilità è evidente dagli atti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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