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Ricorso in Cassazione: la firma dell’avvocato è essenziale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 552/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso in Cassazione proposto personalmente da un condannato avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. La decisione si fonda sulla violazione dell’art. 613 c.p.p., che impone, a pena di inammissibilità, la sottoscrizione del ricorso da parte di un difensore abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. Il ricorrente è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Senza Firma dell’Avvocato è Tutto Inutile

Presentare un ricorso in Cassazione è una fase estremamente tecnica e delicata del processo penale, governata da regole procedurali rigorose. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda una di queste regole fondamentali: la necessità che l’atto sia sottoscritto da un difensore abilitato. Vediamo nel dettaglio perché un ricorso presentato personalmente dal condannato è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese.

Il caso in esame: un ricorso fai-da-te

I fatti alla base della decisione sono semplici ma emblematici. Un soggetto, condannato, decide di impugnare personalmente un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Genova. L’impugnazione, datata 17 maggio 2023, viene quindi proposta direttamente dall’interessato, senza l’assistenza e, soprattutto, senza la sottoscrizione di un avvocato.

Il caso arriva così all’esame della Corte di Cassazione, la quale, tuttavia, non entra nemmeno nel merito delle questioni sollevate. La sua attenzione si concentra su un aspetto puramente procedurale, ma decisivo per le sorti del ricorso.

Il Ricorso in Cassazione e le norme procedurali

La Corte ha basato la sua decisione su un principio cardine della procedura penale, rafforzato dalla legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”). L’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale stabilisce chiaramente che, a pena di inammissibilità, il ricorso presentato dall’imputato o dal condannato deve essere sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.

Questa norma non è un mero formalismo. Essa garantisce che l’atto di impugnazione sia redatto con la competenza tecnica necessaria per essere esaminato dalla Suprema Corte, che non è un giudice di terzo grado sul merito dei fatti, ma un organo di legittimità che valuta la corretta applicazione della legge.

La decisione della Corte: inammissibilità ‘de plano’

La Corte, rilevata la mancanza della firma del difensore abilitato, ha dichiarato il ricorso inammissibile de plano, ovvero con una procedura semplificata e senza necessità di udienza, come previsto dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa procedura accelerata è prevista proprio per i casi in cui l’inammissibilità è palese e non richiede approfondimenti.

Le motivazioni della decisione

La motivazione della Corte è lineare e ineccepibile. Il provvedimento impugnato e il ricorso erano entrambi successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della riforma che ha introdotto l’obbligo di sottoscrizione da parte di un avvocato cassazionista. La norma non lascia spazio a interpretazioni: la sanzione per la sua violazione è l’inammissibilità dell’atto. Di conseguenza, il ricorso presentato personalmente dal condannato non poteva che essere respinto. Oltre alla declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha ritenuto che la presentazione del ricorso in violazione di una norma così chiara non fosse esente da profili di colpa, richiamando anche un precedente della Corte Costituzionale (sentenza n. 186 del 2000).

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non ammette improvvisazione. La legge impone requisiti formali stringenti a garanzia della serietà e della tecnicità del giudizio di legittimità. Affidarsi a un difensore iscritto all’albo speciale non è una facoltà, ma un obbligo imprescindibile la cui violazione comporta conseguenze severe: l’immediata inammissibilità del ricorso e la condanna a sanzioni pecuniarie. È un monito per chiunque intenda adire la Suprema Corte, sottolineando l’importanza di affidarsi sempre a professionisti qualificati per tutelare i propri diritti.

Un condannato può presentare personalmente un ricorso in Cassazione?
No, la legge (art. 613 c.p.p.) stabilisce che il ricorso deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione non è firmato da un avvocato abilitato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questo significa che la Corte non esamina le ragioni del ricorso e l’impugnazione non produce alcun effetto.

Oltre a dichiarare il ricorso inammissibile, la Corte ha previsto altre sanzioni?
Sì, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, poiché la presentazione di un ricorso privo di un requisito essenziale è considerata una condotta colposa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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