Ricorso in Cassazione: Inammissibile se Proposto Personalmente dall’Imputato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso in Cassazione non può essere presentato personalmente dall’imputato, ma deve essere sottoscritto da un avvocato abilitato. La decisione sottolinea il rigore formale richiesto per adire il massimo organo della giurisdizione, dichiarando inammissibile un’impugnazione priva di tale requisito e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di ricettazione emessa dal Tribunale di Napoli. La sentenza veniva successivamente confermata dalla Corte d’appello di Napoli. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, decideva di presentare un ultimo gravame, proponendo personalmente un ricorso in Cassazione. Nel suo atto, egli deduceva l’inosservanza dell’articolo 129 del codice di procedura penale, che riguarda l’obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità.
La Questione Procedurale: Validità del Ricorso in Cassazione Personale
Il fulcro della questione non riguarda il merito delle accuse, ma un aspetto puramente procedurale. La Corte di Cassazione è stata chiamata a valutare se un ricorso presentato direttamente dall’imputato, senza l’assistenza e la sottoscrizione di un difensore abilitato, potesse essere considerato valido. La legge, infatti, stabilisce regole precise per l’accesso al giudizio di legittimità, pensate per garantire la tecnicità e la specificità dei motivi di impugnazione.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su una chiara violazione di legge. In particolare, è stato richiamato l’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale, il quale stabilisce che gli atti di impugnazione davanti alla Corte di Cassazione devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale.
L’imputato, avendo presentato l’atto personalmente, è stato considerato un “soggetto non legittimato”, ovvero una persona priva del potere conferito dalla legge per compiere quel specifico atto processuale. La mancanza di questo requisito formale ha impedito alla Corte di esaminare le censure sollevate nel merito.
Inoltre, la Corte ha specificato che, data la natura manifesta della causa di inammissibilità, il ricorso è stato trattato con la procedura semplificata “de plano”, come previsto dall’articolo 610, comma 5 bis, del codice di procedura penale. Questa procedura consente una decisione rapida basata sugli atti, senza la necessità di un’udienza pubblica, proprio per i casi in cui l’esito è legalmente predeterminato.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ha delle conseguenze pratiche significative. In primo luogo, ha confermato la condanna dell’imputato, rendendola definitiva. In secondo luogo, a causa dell’inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa decisione serve da monito sull’importanza del rispetto delle regole procedurali, specialmente nei gradi più alti di giudizio. Il ricorso in Cassazione è uno strumento complesso che richiede una competenza tecnica specifica; la legge, pertanto, ne riserva la proposizione ai soli avvocati specializzati, al fine di garantire un’adeguata difesa tecnica e di prevenire ricorsi infondati o formalmente scorretti che appesantirebbero inutilmente il lavoro della Suprema Corte.
Un imputato può presentare personalmente un ricorso alla Corte di Cassazione?
No, l’ordinanza chiarisce che il ricorso alla Corte di Cassazione è inammissibile se proposto personalmente dall’imputato. Ai sensi dell’art. 613, comma 1, c.p.p., l’atto deve essere sottoscritto da un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori.
Cosa accade se un ricorso viene presentato da un soggetto non legittimato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina il merito della questione. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso pari a tremila euro, a favore della Cassa delle ammende.
Quale procedura viene seguita per decidere su un ricorso palesemente inammissibile?
In casi come questo, dove l’inammissibilità deriva da una violazione di una norma procedurale chiara (impugnazione da soggetto non legittimato), la Corte di Cassazione adotta la procedura semplificata “de plano”, decidendo sulla base degli atti scritti senza la necessità di un’udienza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5913 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 5913 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PARZANIK (BULGARIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/05/2023 della Corte d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza impugnata in questa sede, ha confermato la condanna alle pene ritenute di giustizia pronunciata nei confronti di COGNOME NOME dal Tribunale di Napoli dell’ 8 aprile 2016 per il reato di ricettazione;
rilevato che il ricorso, che deduce l’inosservanza del disposto dell’art. 129 cod. proc. perì., risulta presentato personalmente dall’ imputato;
considerato, che, ai sensi dell’art. 610, comma 5 bis, cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 103 del 2017, il ricorso deve essere trattato con
procedura «de plano», trattandosi di impugnazione proposta da soggetto non legittimato, in violazione dell’art. 613, comma 1, cod. proc. pen.;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/1/2024