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Ricorso in Cassazione: inammissibile se personale

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso in Cassazione presentato personalmente da un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti. La decisione si fonda sulla violazione delle norme procedurali che impongono l’assistenza di un difensore abilitato per questo tipo di impugnazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione Personale: La Via Sicura Verso l’Inammissibilità

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su un requisito fondamentale della procedura penale: la necessità dell’assistenza di un difensore qualificato per presentare un ricorso in Cassazione. La decisione sottolinea come la presentazione personale dell’atto da parte dell’imputato conduca inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguenze economiche a carico del ricorrente.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Caltanissetta per un reato previsto dall’articolo 73 del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. n. 309/1990). A seguito di questa pronuncia, l’imputato ha deciso di impugnare la decisione presentando personalmente un ricorso presso la Suprema Corte di Cassazione.

La Decisione della Suprema Corte e il Ricorso in Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione non è entrata nel merito delle doglianze sollevate dall’imputato, ma si è fermata a un esame preliminare di natura puramente procedurale. La Corte ha rilevato un vizio insanabile nella presentazione dell’atto, che ne ha precluso ogni ulteriore valutazione.

Le Motivazioni della Declaratoria di Inammissibilità

La motivazione della Corte è tanto sintetica quanto inequivocabile: il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile perché “proposto personalmente dall’imputato”. La legge processuale penale italiana, infatti, stabilisce che per l’impugnazione dinanzi alla Corte di Cassazione è obbligatorio il patrocinio di un difensore iscritto nell’apposito albo speciale, comunemente detto “cassazionista”.

Questa regola risponde a una duplice esigenza: da un lato, garantire la massima qualità tecnica nella redazione di un atto destinato al supremo organo di legittimità, che giudica sulla corretta applicazione della legge e non sui fatti; dall’altro, assicurare il pieno rispetto del diritto di difesa, che si esplica al meglio attraverso l’assistenza di un professionista qualificato.

La presentazione personale dell’atto da parte dell’imputato, privo delle necessarie qualifiche legali, costituisce una violazione di queste norme procedurali. Di conseguenza, il ricorso non può essere esaminato nel merito, indipendentemente dalla fondatezza o meno delle ragioni addotte.

Le Conclusioni: Conseguenze e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza si conclude con una statuizione che deriva direttamente dalla declaratoria di inammissibilità. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali, a cui si è aggiunta una sanzione pecuniaria di tremila euro da versare in favore della Cassa delle ammende.

Questa decisione ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il “fai da te” non è ammesso. È indispensabile affidarsi a un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. Ignorare questa regola non solo impedisce di ottenere una revisione della propria condanna, ma comporta anche ulteriori oneri economici. Un monito chiaro sull’importanza del rispetto delle forme e delle procedure nel sistema giudiziario.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato proposto personalmente dall’imputato e non tramite un difensore abilitato al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione, come richiesto dalla legge.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della decisione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Per quale reato era stato condannato l’imputato nei gradi di merito?
L’imputato era stato condannato per il reato previsto dall’articolo 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, concernente la disciplina degli stupefacenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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