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Ricorso in Cassazione: inammissibile se personale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 36242/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso in Cassazione presentato personalmente da un imputato. La decisione si fonda sulla modifica dell’art. 613 c.p.p. ad opera della L. 103/2017, che non consente più all’imputato di proporre personalmente l’impugnazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Perché Non Puoi Farlo da Solo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso in Cassazione non può essere presentato personalmente dall’imputato, ma deve essere sottoscritto da un avvocato abilitato. Questa decisione sottolinea l’importanza delle formalità procedurali e le conseguenze della loro inosservanza, come l’inammissibilità dell’atto e la condanna a sanzioni pecuniarie.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato riguarda un imputato che, a seguito di una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Napoli, ha deciso di presentare personalmente il ricorso presso la Suprema Corte di Cassazione. L’atto di impugnazione, quindi, non recava la firma di un difensore iscritto all’albo speciale, come invece richiesto dalla normativa vigente.

La Decisione della Corte e il Ricorso in Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si basa su un’applicazione diretta e rigorosa delle norme procedurali che regolano l’accesso al giudizio di legittimità. La Corte ha agito con una procedura semplificata, nota come trattazione camerale non partecipata, prevista per i casi di manifesta inammissibilità.

Le Motivazioni Giuridiche

La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nella modifica introdotta all’articolo 613 del codice di procedura penale dalla legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”). Questa normativa ha stabilito in modo inequivocabile che il ricorso davanti alla Suprema Corte deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. La legge ha eliminato la precedente facoltà per l’imputato di presentare personalmente l’atto.
La Corte ha specificato che questa regola è un requisito formale inderogabile, la cui mancanza impedisce al giudice di esaminare le ragioni dell’impugnazione. L’inammissibilità, pertanto, è stata dichiarata d’ufficio, conformemente a un orientamento giurisprudenziale consolidato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Le conseguenze della declaratoria di inammissibilità sono state severe. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha imposto il pagamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria che viene comminata quando l’impugnazione è considerata temeraria o manifestamente infondata. Questa decisione serve da monito: il ricorso in Cassazione è un atto tecnico che richiede necessariamente l’assistenza di un legale specializzato, e il fai-da-te processuale, oltre a essere inefficace, comporta costi significativi.

Un imputato può presentare personalmente ricorso in Cassazione?
No. A seguito della modifica dell’art. 613 c.p.p. da parte della L. n. 103/2017, l’imputato non può più proporre personalmente il ricorso in Cassazione, che deve essere sottoscritto da un difensore abilitato.

Cosa accade se un ricorso in Cassazione è presentato personalmente dall’imputato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina il merito della questione, ma si ferma alla verifica del requisito formale mancante.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La persona che ha presentato il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso fissata in 3.000 euro, a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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