Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 32836 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 32836 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME NOME (CUI: CODICE_FISCALE), nato in Senegal il DATA_NASCITA NOME COGNOME (CUI: CODICE_FISCALE), nato in Senegal il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/06/2025 della Corte d’appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 18/06/2025, la Corte d’appello di Torino confermava la sentenza del 22/02/2024 del Tribunale di Torino con la quale NOME e NOME COGNOME erano stati condannati alla pena, rispettivamente, di dieci mesi dì reclusione ed C 180,00 di multa e di sei mesi e quattordici giorni di reclusione ed C 100,00 di multa per il reato di tentata rapina impropria aggravata in concorso.
Avverso l’indicata sentenza della Corte d’appello di Torino, hanno proposto personalmente ricorsi per cassazione, con distinti atti, NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME, affidati a due motivi, i quali hanno, peraltro, contenuto identico.
2.1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la nullità della sentenza impugnata per «carenza» e manifesta illogicità della motivazione, con particolare riguardo alla determinazione della pena.
2.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti sollevano questione di legittimità costituzionale dell’art. 613, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui dispone
che «l’atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte d cassazione», per asserito contrasto con gli artt. 111, settimo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo parametro costituzionale in relazione all’art. 6, par. 3, lett. c), CEDU, e all’art. 48, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Si deve preliminarmente rilevare che i ricorsi sono stati proposti personalmente dagli imputati, in violazione dell’art. 613, comma 1, cod. proc. pen., a norma del quale l’atto di ricorso deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, essendo irrilevante, per la natura personale dell’atto di impugnazione, sia l’autenticazione, a opera di un legale, della sottoscrizione del ricorso, sia la sottoscrizione del difensore “per accettazione” del mandato difensivo e della delega al deposito dell’atto, la quale non attribuisce al difensore la titolarità dell’atto stesso (Sez. 3, n. 11126 del 25/01/2021, COGNOME, Rv. 281475-01; Sez. 6, n. 54681 del 03/12/2018, COGNOME, Rv. 274636-01).
Si deve altresì rammentare che la Sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza Aiello (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272011-01), hanno dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 613 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 1, comma 63, della legge 23 giugno 2017, n. 103, per asserita violazione degli artt. 24, 111, settimo comma, Cost., e 6 CEDU, nella parte in cui non consente più la proposizione del ricorso in cassazione all’imputato personalmente, in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore richiedere la rappresentanza tecnica per l’esercizio delle impugnazioni in cassazione, senza che ciò determini alcuna limitazione delle facoltà difensive (in motivazione, la Corte ha precisato che l’elevato livello di qualificazione professionale richiesto dall’esercizio del diritto di difesa in cassazione rende ragionevole l’esclusione della difesa personale, tanto più in un sistema che ammette il patrocinio a spese dello Stato).
Trattandosi di impugnazioni proposte in difetto di legittimazione dopo l’entrata in vigore della novella di cui alla legge n. 103 del 2017, il cui art. 1 comma 62, ha aggiunto all’art. 610 cod. proc. pen. il comma 5-bis, i ricorsi devono essere trattati nelle forme de plano, ai sensi di quest’ultimo comma.
Per la ragione sopra indicata, i ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del ammende.
Così deciso il 26/09/2025.