Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20743 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20743 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CERCOLA il 19/08/1984
avverso la sentenza del 12/12/2024 della Corte d’appello di Napoli
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Fissato il procedimento de plano
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte d’appello di Napoli, aderendo all’accordo intercorso tra le parti ex art. 599-bis cod. proc. pen., confermava la sentenza del GUP del Tribunale di Napoli del 4 giugno 2024, rideterminando la pena inflitta a NOME COGNOME in relazione ai reati degli artt. 23 legge 18 aprile 1975, n. 110 e 648 cod. pen.
Ricorre NOME COGNOME a mezzo del difensore, che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, deducendo la violazione di legge perché non vi è stata alcuna rinuncia ai motivi di appello, sicché ai fatti avrebbe potuto essere data una diversa e più favorevole lettura.
3. Il ricorso deve essere trattato nelle forme «de plano», ai sensi dell’art. 610, comma
5-bis, cod. proc. pen. – come modificato dalla legge n. 103 del 2017 -, trattandosi di
impugnazione che deve essere dichiarata inammissibile perché proposta avverso una sentenza pronunciata ex art. 599-bis cod. proc. pen.
Tenuto presente che l’imputato ha rinunciato ai motivi di appello diversi da quelli sul trattamento sanzionatorio e che la sentenza è frutto dell’accordo tra le parti sul
trattamento sanzionatorio, i motivi di ricorso sono inammissibili.
Infatti, come emerge dal verbale di udienza, alla quale erano presenti sia il difensore che l’imputato, la Corte ha dato atto: «Preliminarmente il difensore e l’imputato
rinunciano ai motivi di appello, tranne quelli sulla pena; hanno concordato con il PG la seguente pena ».
Non sussiste, dunque, la denunciata violazione degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen., né appare consentita la doglianza che invoca una diversa valutazione dei fatti, preclusa
dalla intervenuta rinuncia.
3.1. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 8 maggio 2025.