Ricorso in Cassazione: Analisi di un’Ordinanza della Suprema Corte
Il ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento e costituisce uno strumento fondamentale per garantire la corretta applicazione del diritto. Tuttavia, l’accesso a questo giudizio è tutt’altro che scontato e richiede il rispetto di rigorosi requisiti formali. Un’ordinanza emessa dalla settima sezione penale della Suprema Corte ci offre lo spunto per analizzare proprio questi aspetti, partendo da un caso di appello avverso una sentenza della Corte d’Appello di Palermo.
I Fatti Processuali
La vicenda processuale trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Palermo. L’imputato, ritenendo la decisione ingiusta e viziata da errori di diritto, decideva di presentare ricorso in Cassazione per chiederne l’annullamento. L’appello veniva quindi sottoposto al vaglio della Suprema Corte, chiamata a verificare, prima di ogni altra cosa, la sua ammissibilità.
La Decisione della Corte e l’esame del ricorso in Cassazione
L’atto in esame è un’ordinanza, una tipologia di provvedimento che, nel giudizio di Cassazione, viene spesso utilizzata per decidere su questioni procedurali, come appunto l’ammissibilità del ricorso. La Corte, prima di entrare nel merito delle censure sollevate dal ricorrente, deve compiere un esame preliminare per accertare che l’atto di impugnazione rispetti tutti i requisiti previsti dalla legge.
Questo controllo preliminare è cruciale. La Cassazione non è un terzo grado di merito dove si possono riesaminare i fatti e le prove, ma un giudice di legittimità. Il suo compito è assicurare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e abbiano seguito una procedura regolare. Pertanto, il ricorso deve denunciare esclusivamente violazioni di legge o vizi di motivazione, senza mai tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove.
Le Motivazioni
Sebbene il documento non entri nel dettaglio delle motivazioni specifiche del caso, possiamo delineare i principi generali che guidano la Corte in questa fase. Un ricorso in Cassazione è spesso dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, ossia non indicano in modo specifico le norme che si assumono violate o le parti della sentenza che si contestano. Allo stesso modo, viene respinto un ricorso che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e rigettate nei gradi di merito, senza evidenziare un vero e proprio errore di diritto commesso dal giudice d’appello.
Un altro motivo frequente di inammissibilità è la richiesta, più o meno velata, di una nuova valutazione dei fatti. Ad esempio, se il ricorrente contesta l’attendibilità di un testimone o chiede di dare un peso diverso a una prova, sta invadendo un campo – quello del merito – che è precluso al giudizio di legittimità. La motivazione della Suprema Corte in questi casi si concentra sulla natura dei motivi proposti, verificando se essi si mantengano entro i confini del controllo di legalità o se, al contrario, sconfinino in un inammissibile tentativo di ottenere un terzo giudizio sui fatti.
Le Conclusioni
L’analisi di un’ordinanza come questa, pur nella sua sinteticità, ribadisce un concetto fondamentale per chiunque operi nel diritto penale: la redazione di un ricorso in Cassazione è un’attività altamente specialistica che non ammette improvvisazione. La differenza tra un ricorso ammissibile e uno destinato a essere respinto risiede nella capacità di trasformare le doglianze del cliente in censure tecniche precise, focalizzate esclusivamente su violazioni di legge o vizi logici della motivazione. La decisione della Corte serve da monito: la forma e la sostanza dei motivi di ricorso sono il passaporto indispensabile per accedere al giudizio della Suprema Corte e per tutelare efficacemente i diritti dell’imputato.
Cos’è un ricorso in Cassazione?
È l’atto con cui si impugna una sentenza di secondo grado davanti alla Corte di Cassazione, il più alto organo giurisdizionale. Tale ricorso può essere proposto solo per motivi di legittimità, cioè per denunciare errori nell’applicazione della legge, e non per riesaminare i fatti del processo.
Cosa significa che l’atto analizzato è un’Ordinanza e non una Sentenza?
Un’ordinanza è un provvedimento con cui il giudice decide su questioni procedurali senza entrare nel merito della controversia. In Cassazione, spesso si utilizza per dichiarare un ricorso inammissibile, chiudendo il processo senza una valutazione approfondita delle questioni giuridiche sollevate.
Qual è il ruolo del Relatore in un giudizio di Cassazione?
Il Consigliere Relatore è il giudice a cui viene assegnato lo studio preliminare del ricorso. Egli prepara una relazione per il collegio giudicante, riassumendo i fatti, i motivi del ricorso e formulando una proposta di decisione, che sarà poi discussa e votata dall’intero collegio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22127 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22127 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MARSALA il 08/03/1978
avverso la sentenza del 15/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
R.G. n. 34633/2024
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di evasione );
Esaminati i motivi di ricorso, relativi al giudizio di responsabilità;
Ritenuti i motivi inammissibili perché obiettivamente generici rispetto alla motivazione de sentenza impugnata con la quale non si confrontano;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della
Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21 febbraio 2025.