Ricorso in Cassazione: Quando è Inammissibile?
Presentare un ricorso in Cassazione rappresenta l’ultima via per contestare una sentenza penale, ma è un percorso disseminato di regole precise. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso mal impostato possa essere dichiarato inammissibile, chiudendo definitivamente le porte a un nuovo esame del caso. La decisione sottolinea un principio fondamentale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione della legge.
La Vicenda Processuale
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente, condannato per truffa, ha tentato di contestare la decisione basando il suo ricorso in Cassazione su tre motivi principali. Tuttavia, come vedremo, la sua strategia si è rivelata inefficace, portando a una dichiarazione di inammissibilità e a una condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
I Limiti del Ricorso in Cassazione secondo la Suprema Corte
La Corte ha esaminato attentamente i motivi del ricorso, trovandoli tutti gravemente carenti sotto il profilo giuridico. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale che delimitano rigorosamente l’ambito del giudizio di legittimità. I giudici hanno chiarito che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un pretesto per chiedere una nuova e diversa valutazione delle prove e dei fatti, un’attività riservata esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.
Analisi dei Motivi di Inammissibilità
I primi due motivi sono stati giudicati ripetitivi e finalizzati a una non consentita rivalutazione del fatto. Il ricorrente, invece di denunciare vizi logici o giuridici della sentenza impugnata, si è limitato a riproporre la propria versione difensiva. La Corte ha evidenziato due errori paradigmatici:
1. Errato richiamo normativo: L’appello citava la violazione dell’art. 192 del codice di procedura penale (norma sulla valutazione della prova) per lamentare un’errata valutazione degli elementi acquisiti. La Corte ha ricordato che le censure sulla motivazione devono essere veicolate attraverso la specifica previsione dell’art. 606, comma 1, lettera e), che pone limiti stringenti e non può essere aggirata invocando un vizio processuale.
2. Genericità e Inconferenza: Il secondo motivo è stato ritenuto assolutamente generico e persino ‘eccentrico’, poiché evocava la consapevolezza dell’origine delittuosa di un bene, un concetto legato al reato di ricettazione, mentre l’imputazione era per truffa.
Anche il terzo motivo, relativo alla revoca di una precedente sospensione condizionale della pena, è stato bocciato per genericità. Il ricorrente ha allegato un errore di calcolo temporale da parte della Corte d’Appello senza fornire alcuna prova a sostegno della sua tesi. La Cassazione ha ribadito che tale verifica costituisce un accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si basa sulla netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo se denuncia specifici vizi della sentenza, come la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, oppure la violazione di norme processuali a pena di nullità. Non è consentito presentare motivi che, pur apparendo come critiche legali, mirano in realtà a ottenere una nuova lettura delle prove. La Corte, citando una pronuncia delle Sezioni Unite, ha rafforzato il principio secondo cui i limiti all’ammissibilità delle censure sulla motivazione non possono essere elusi. Di conseguenza, un ricorso generico, ripetitivo o che richiede accertamenti di fatto viene dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni
La decisione in esame è un monito importante: il ricorso in Cassazione richiede un’elevata perizia tecnica. Non basta essere in disaccordo con la sentenza di appello; è necessario articolare critiche precise, pertinenti e fondate su vizi di legittimità. In caso contrario, il ricorso non solo verrà respinto, ma comporterà anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie, dove al ricorrente è stata inflitta una sanzione di tremila euro.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile senza essere esaminato nel merito?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, ripetitivi e non denunciavano vizi di legittimità della sentenza, ma miravano a una nuova valutazione dei fatti, attività che non è consentita alla Corte di Cassazione.
Posso utilizzare il ricorso in Cassazione per chiedere ai giudici di riesaminare le prove a mio favore?
No. La Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio sui fatti. Il suo compito è solo quello di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza non sia assente, contraddittoria o manifestamente illogica. Non può procedere a una nuova valutazione delle prove.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la fine del processo, rendendo definitiva la sentenza impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata di 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35052 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35052 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CROTONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/03/2025 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti il ricorso e la memoria di NOME COGNOME;
rilevato che il primo ed il secondo motivo sono ripetitivi e tesi alla rivalutazione del fatto anziché alla formulazione di critiche di legittimità, cioè diretti a riproposizione della versione difensiva perché incapaci di elaborare, sul piano concettuale, alcuna deduzione che ‘sposti’ l’oggetto dello scrutinio dal fatto alla sentenza, enucleando uno dei profili motivazionali che, soli, possono essere in questa sede considerati (mancanza, contraddittorietà o manifesta – e non ‘mera’ o ‘semplice’ o ‘sola’ – illogicità); paradigmatici, in tal senso, sono:
l’errato richiamo, nell’intestazione del primo motivo, della violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. -norma di natura processuale- per censurare l’erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limi all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020 Filardo Rv. 280027 – 04);
l’assoluta genericità del secondo motivo, nonché la sua erroneità ed eccentricità – si evoca ‘la consapevolezza della … origine delittuosa” del bene posto in vendita, allusiva ad una ricettazione mai contestata (l’imputazione è per truffa);
considerato che il terzo motivo (sulla revoca della sospensione condizionale precedentemente concessa in relazione ad altro titolo), è generico, e condanna il ricorso, in parte qua, all’inammissibilità, perché si allega – ma non si prova né si tenta di provare – l’erroneità dell’assunto su cui è basata la decisione impugnata, relativamente alla finestra temporale tra data di commissione del fatto e data dell’irrevocabilità della sentenza, operazione e calcolo preclusi, trattandosi di accertamento di fatto, a questa Corte;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 12 settembre 2025.