Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34919 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34919 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ALESSANDRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/11/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale la difesa deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità, oltre ad essere privo dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 co proc. pen., è formulato in termini non Consentiti in questa sede in quanto, di fatto, finiscono per sollecitare valutazioni estranee al sindacato di legittimità, dove è preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. U, n. 12 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217);
ribadito che, infatti, in sede di legittimità, non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, qualora risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata ed in assenza di deduzioni sulla decisività di quei rilievi, ove siano logicamente incompatibili con la decisione adottata;
considerato che il secondo motivo, in punto di trattamento sanzionatorio e circostanziale, oltre ad essere privo di concreta specificità, non è consentito in quanto, trattandosi di esercizio della discrezionalità attribuita al giudice del merito, le relative statuizioni sfuggono al sindacato di legittimità laddove siano sorrette da sufficiente argomentazione; è peraltro assolutamente consolidato il principio secondo il quale nel caso in cui venga irrogata una pena, come nel caso di specie, di gran lunga più vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai “criteri di cui all’art. 133 cod. pen.” realizza una motivazione sufficiente per dar conto dell’adeguatezza della pena all’entità del fatto; invero, l’obbligo della motivazione, in ordihe alla congruità della pena inflitta, tanto più si attenua quanto più la pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, Brachet, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464);
che, inoltre, in relazione al bilanciamento tra opposte circostanze, la soluzione dell’equivalenza può ritenersi congruamente motivata laddove il giudice del merito si sia limitato a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto ovvero abbia fatto riferimento anche ad uno solo dei parametri previsti
dall’art. 133 cod. pen.; è d’altra parte peraltro consolidato l’orientamento secondo cui in tema di concorso di circostanze, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra aggravanti ed attenuanti sono censurabili in sede di legittimità soltanto nell’ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico e non anche qualora risulti sufficientemente motivata la soluzione dell’equivalenza (cfr., Sez. 5, n. 5589 del 26.9.2013, Sub; Sez. 6, n. 6966 del 25.11.2009, COGNOME; Sez. 1, n. 3223 del 13.1.1994, Palmisano);
che, nella specie, i giudici del merito hanno correttamente esercitato la discrezionalità attribuita, ampiamente esplicitando le ragioni del loro convincimento (cfr., in particolare, pag. 6);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 9 luglio 2024.