Ricorso in Cassazione e Patteggiamento in Appello: Quando è Ammissibile?
L’ordinanza n. 20946 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso in Cassazione a seguito di un “patteggiamento in appello”, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale. La Suprema Corte ha ribadito che, una volta raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado, le possibilità di impugnare la decisione diventano estremamente circoscritte, escludendo contestazioni sul merito della vicenda, come quelle relative alla recidiva.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, emessa a seguito di un accordo tra le parti. L’imputato, tramite il suo difensore, lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel valutare e applicare la circostanza aggravante della recidiva qualificata.
Nonostante l’accordo raggiunto in appello, la difesa ha tentato di portare la questione all’attenzione della Suprema Corte, chiedendo una revisione su un aspetto sostanziale della determinazione della pena.
I Limiti al Ricorso in Cassazione Post-Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su un principio consolidato, rafforzato dalla reintroduzione del patteggiamento in appello con la legge n. 103 del 2017. La norma ha reintrodotto una procedura che incentiva la deflazione del contenzioso, ma al contempo pone dei paletti precisi all’accesso al terzo grado di giudizio.
Secondo la Corte, quando una sentenza d’appello è il risultato di un accordo tra le parti, il ricorso in Cassazione è consentito solo per motivi specifici che attengono alla regolarità dell’accordo stesso, e non al merito della decisione. I motivi ammessi sono:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Problemi relativi al consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo pattuito.
Qualsiasi altro motivo, specialmente se attinente a una diversa valutazione dei fatti o delle circostanze del reato, è escluso.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
Nelle sue motivazioni, la Suprema Corte ha evidenziato come la doglianza del ricorrente, relativa alla corretta applicazione della recidiva, non rientrasse in nessuna delle tre categorie ammissibili. Si tratta, infatti, di una questione di merito, che si sarebbe dovuta discutere e definire prima e durante la stipula dell’accordo in appello. Una volta che l’imputato accetta di “patteggiare” la pena, accetta implicitamente anche il calcolo e le valutazioni che hanno portato a quella determinata sanzione, inclusa la valutazione sulla recidiva.
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile de plano, ovvero con una procedura semplificata senza udienza, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa norma consente alla Corte di decidere rapidamente sui ricorsi palesemente infondati o inammissibili.
Le conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione riafferma con forza un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento in appello è una scelta strategica che comporta la rinuncia a far valere in Cassazione questioni di merito. Gli avvocati e i loro assistiti devono essere pienamente consapevoli che l’accordo sulla pena cristallizza la valutazione dei fatti e delle circostanze. Il ricorso in Cassazione non può diventare uno strumento per rimettere in discussione, a posteriori, elementi che sono stati oggetto della negoziazione tra le parti. La sentenza ha quindi un’importante valenza pratica: chiude la porta a impugnazioni dilatorie o pretestuose, rafforzando l’efficacia deflattiva dell’istituto del concordato in appello e garantendo la stabilità delle decisioni basate sull’accordo delle parti.
Dopo un patteggiamento in appello, è possibile presentare un ricorso in Cassazione per qualsiasi motivo?
No. L’ordinanza chiarisce che il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici che riguardano la regolarità dell’accordo: vizi nella formazione della volontà, nel consenso del pubblico ministero o se la decisione del giudice è diversa dall’accordo stesso.
Perché il motivo relativo all’errata applicazione della recidiva è stato giudicato inammissibile?
Perché la valutazione della recidiva è una questione di merito e non un vizio procedurale relativo alla formazione dell’accordo. Accettando il patteggiamento, l’imputato accetta anche il calcolo della pena, che include la valutazione di tale circostanza.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente la cui impugnazione è stata dichiarata inammissibile?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto in caso di inammissibilità del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20946 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20946 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SARNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/12/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
pzIato avviso alle parti . /
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza pronunciata, ai sensi dell’art. 599-bis cod. pen. pen., dalla Corte di appello di Napoli, lamentando violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento all’omessa valutazione in ordine alla corretta applicazione della recidiva qualificata.
Rilevato che, a seguito della reintroduzione del c.d. patteggiamento in appello di cui all’art. 599-bis cod. proc. pen., ad opera della legge n. 103 del 2017, rivive il principio, già elaborato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione solo per motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice.
Osservato che il motivo di ricorso dedotto dal ricorrente non rientra fra i casi appena elencati.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. (introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017), con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/05/2024