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Ricorso in Cassazione: i limiti del patteggiamento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20946/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso in Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento in appello. Il motivo del ricorso, relativo all’errata applicazione della recidiva, non rientra tra i casi tassativamente previsti dalla legge, che limitano l’impugnazione a vizi del consenso o a difformità della pronuncia rispetto all’accordo.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione e Patteggiamento in Appello: Quando è Ammissibile?

L’ordinanza n. 20946 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso in Cassazione a seguito di un “patteggiamento in appello”, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale. La Suprema Corte ha ribadito che, una volta raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado, le possibilità di impugnare la decisione diventano estremamente circoscritte, escludendo contestazioni sul merito della vicenda, come quelle relative alla recidiva.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, emessa a seguito di un accordo tra le parti. L’imputato, tramite il suo difensore, lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel valutare e applicare la circostanza aggravante della recidiva qualificata.

Nonostante l’accordo raggiunto in appello, la difesa ha tentato di portare la questione all’attenzione della Suprema Corte, chiedendo una revisione su un aspetto sostanziale della determinazione della pena.

I Limiti al Ricorso in Cassazione Post-Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su un principio consolidato, rafforzato dalla reintroduzione del patteggiamento in appello con la legge n. 103 del 2017. La norma ha reintrodotto una procedura che incentiva la deflazione del contenzioso, ma al contempo pone dei paletti precisi all’accesso al terzo grado di giudizio.

Secondo la Corte, quando una sentenza d’appello è il risultato di un accordo tra le parti, il ricorso in Cassazione è consentito solo per motivi specifici che attengono alla regolarità dell’accordo stesso, e non al merito della decisione. I motivi ammessi sono:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Problemi relativi al consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo pattuito.

Qualsiasi altro motivo, specialmente se attinente a una diversa valutazione dei fatti o delle circostanze del reato, è escluso.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Nelle sue motivazioni, la Suprema Corte ha evidenziato come la doglianza del ricorrente, relativa alla corretta applicazione della recidiva, non rientrasse in nessuna delle tre categorie ammissibili. Si tratta, infatti, di una questione di merito, che si sarebbe dovuta discutere e definire prima e durante la stipula dell’accordo in appello. Una volta che l’imputato accetta di “patteggiare” la pena, accetta implicitamente anche il calcolo e le valutazioni che hanno portato a quella determinata sanzione, inclusa la valutazione sulla recidiva.

Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile de plano, ovvero con una procedura semplificata senza udienza, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa norma consente alla Corte di decidere rapidamente sui ricorsi palesemente infondati o inammissibili.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione riafferma con forza un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento in appello è una scelta strategica che comporta la rinuncia a far valere in Cassazione questioni di merito. Gli avvocati e i loro assistiti devono essere pienamente consapevoli che l’accordo sulla pena cristallizza la valutazione dei fatti e delle circostanze. Il ricorso in Cassazione non può diventare uno strumento per rimettere in discussione, a posteriori, elementi che sono stati oggetto della negoziazione tra le parti. La sentenza ha quindi un’importante valenza pratica: chiude la porta a impugnazioni dilatorie o pretestuose, rafforzando l’efficacia deflattiva dell’istituto del concordato in appello e garantendo la stabilità delle decisioni basate sull’accordo delle parti.

Dopo un patteggiamento in appello, è possibile presentare un ricorso in Cassazione per qualsiasi motivo?
No. L’ordinanza chiarisce che il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici che riguardano la regolarità dell’accordo: vizi nella formazione della volontà, nel consenso del pubblico ministero o se la decisione del giudice è diversa dall’accordo stesso.

Perché il motivo relativo all’errata applicazione della recidiva è stato giudicato inammissibile?
Perché la valutazione della recidiva è una questione di merito e non un vizio procedurale relativo alla formazione dell’accordo. Accettando il patteggiamento, l’imputato accetta anche il calcolo della pena, che include la valutazione di tale circostanza.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente la cui impugnazione è stata dichiarata inammissibile?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto in caso di inammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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