Patteggiamento e Ricorso in Cassazione: Quando l’Impugnazione è Inammissibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione delle sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente note come ‘patteggiamento’. L’analisi di questa decisione è fondamentale per comprendere quando un ricorso in Cassazione rischia di essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Vediamo nel dettaglio i contorni di questa pronuncia.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di un tribunale italiano. L’imputato, tramite il suo difensore, aveva proposto ricorso in Cassazione lamentando unicamente un presunto errore nella qualificazione giuridica del fatto. In altre parole, si sosteneva che il reato contestato e poi definito con il patteggiamento fosse stato inquadrato in una fattispecie giuridica errata.
La Decisione della Corte: Limiti al Ricorso in Cassazione
La Suprema Corte, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione è stata presa de plano, ovvero senza la celebrazione di un’udienza pubblica, sulla base della manifesta infondatezza del motivo di ricorso. Secondo i giudici, non è possibile contestare in sede di legittimità un errore nella qualificazione del fatto se tale errore non emerge in modo palese e immediato dal testo dell’imputazione o dalla sentenza stessa. La Corte ha sottolineato che un’analisi di questo tipo richiederebbe una verifica dei fatti, attività preclusa nel giudizio di Cassazione.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte può valutare solo la corretta applicazione delle norme di diritto e di procedura, ma non può riesaminare i fatti del processo. Nel caso di specie, l’appellante chiedeva alla Corte di riconsiderare la qualificazione giuridica, ma per farlo sarebbe stato necessario addentrarsi in una ‘verifica in fatto non consentita’.
La Corte ha specificato che un errore di qualificazione può essere dedotto con il ricorso in Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento solo quando è un error in iudicando evidente, che non richiede alcuna indagine fattuale. Se, al contrario, la contestazione implica una rilettura degli elementi di prova o delle circostanze di fatto, il ricorso è destinato all’inammissibilità. In conseguenza di tale declaratoria, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un orientamento consolidato e offre un importante monito a chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento. La scelta di accedere a questo rito alternativo comporta una sostanziale accettazione dell’imputazione e della sua qualificazione giuridica. Il ricorso in Cassazione rimane un rimedio esperibile, ma solo per vizi di legittimità evidenti e non per contestazioni che mascherano una richiesta di rivalutazione del merito della vicenda. La decisione sottolinea l’importanza di una ponderata valutazione strategica prima di accedere al patteggiamento, essendo le vie di impugnazione successive estremamente limitate.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento per un errore nella qualificazione giuridica del fatto?
No, non è possibile se tale contestazione richiede una verifica dei fatti. L’errore deve essere immediatamente evidente dal testo dell’imputazione o della sentenza, senza necessità di ulteriori indagini fattuali, che sono precluse nel giudizio di legittimità.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle Ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Perché la Corte ha deciso ‘de plano’ senza un’udienza formale?
La Corte ha adottato la procedura ‘de plano’ (prevista dall’art. 610, comma 5-bis c.p.p.) perché ha ritenuto il ricorso manifestamente inammissibile fin da un primo esame degli atti, senza la necessità di una discussione orale in udienza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4083 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4083 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 27/01/1954
avverso la sentenza del 01/07/2024 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI
da&Q – a 1 ~ 110- PaFtit
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letti il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigraf esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca, come nel caso di specie, esclusivamente dal punto di vista nominale, un asserito errore nella qualificazione del fatto, non emergente, con la necessaria immediatezza, dal portato letterale della imputazione o dal tenore della decisione gravata perché, di contro, legato ad una verifica in fatto non consentita;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso, dichiarata de plano ai sensi dell’art. 610, com 5bis cod.proc.pen. fanno seguito le pronunce di cui all’art. 616 dello stesso codice;
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso il 28 ottobre 2024.