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Ricorso in Cassazione: firma dell’avvocato obbligatoria

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso in Cassazione proposto personalmente da un imputato, condannandolo al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. La Corte ha ribadito che, a seguito della riforma del 2017, l’atto deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto all’apposito albo speciale, rendendo irrilevante la firma della parte, anche se autenticata.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: la firma personale dell’imputato non basta

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso in Cassazione deve essere sottoscritto da un avvocato cassazionista, pena l’inammissibilità. La firma personale dell’imputato, anche se autenticata da un legale, non è sufficiente a rendere valido l’atto. Analizziamo insieme questa importante decisione e le sue conseguenze pratiche.

I fatti del caso

Un imputato, a seguito di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento), decideva di impugnare la decisione proponendo un ricorso in Cassazione. L’atto di impugnazione, tuttavia, veniva redatto e sottoscritto personalmente dall’interessato. A margine, un avvocato si limitava ad autenticare la firma del ricorrente e ad accettare il mandato per il deposito dell’atto.

La decisione della Corte sul ricorso in Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha sottolineato come la normativa vigente non consenta alla parte di proporre personalmente questo tipo di impugnazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni della decisione

La Corte fonda la sua decisione sulla chiara previsione dell’articolo 613 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (la cosiddetta ‘Riforma Orlando’). Questa norma stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso in Cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.

I giudici hanno precisato che la natura personale dell’atto di impugnazione non cambia questa regola. La sottoscrizione del difensore non è un mero requisito formale, ma attesta la titolarità stessa dell’atto in capo a un professionista qualificato. Per questo motivo, sono state ritenute irrilevanti sia l’autenticazione della firma dell’imputato da parte di un legale, sia la sottoscrizione del difensore ‘per accettazione’ del mandato. Queste formalità, infatti, non attribuiscono al legale la paternità dell’atto di ricorso, che rimane ascrivibile unicamente alla parte che lo ha firmato.

Le conclusioni

Questa pronuncia conferma un orientamento consolidato e serve da monito: la proposizione di un ricorso in Cassazione è un atto tecnico che richiede necessariamente l’assistenza e la sottoscrizione di un avvocato cassazionista. La scelta di agire personalmente, anche se in buona fede, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. È quindi essenziale affidarsi sempre a un difensore specializzato per tutelare efficacemente i propri diritti davanti alla Suprema Corte.

Un imputato può firmare personalmente il proprio ricorso in Cassazione in ambito penale?
No. La legge (art. 613 cod. proc. pen.) richiede, a pena di inammissibilità, che l’atto sia sottoscritto da un avvocato iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione.

Cosa succede se il ricorso in Cassazione è firmato solo dall’imputato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta che la Corte non esamina il merito dell’impugnazione e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

L’autenticazione della firma dell’imputato da parte di un avvocato rende valido il ricorso?
No. La Corte ha chiarito che l’autenticazione della firma, così come la sottoscrizione del difensore ‘per accettazione del mandato’, non è sufficiente a sanare il vizio, poiché non attribuisce al legale la paternità e la titolarità dell’atto di impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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