Ricorso in Cassazione: La Firma dell’Avvocato è un Requisito Inderogabile
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, una fase delicata che richiede il rispetto di regole procedurali ferree. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci ricorda una di queste regole fondamentali: il ricorso deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un avvocato cassazionista. Vediamo insieme perché questo requisito è così importante e quali sono le conseguenze di un errore.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato, decideva di impugnare un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza. Convinto delle proprie ragioni, redigeva e firmava personalmente l’atto di ricorso, delegando un avvocato unicamente per il deposito materiale dell’atto presso la cancelleria della Corte di Cassazione. Sia il provvedimento impugnato che il ricorso erano successivi all’entrata in vigore di un’importante riforma processuale del 2017.
La Decisione sul ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione, senza nemmeno entrare nel merito della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione, presa de plano, ovvero sulla base dei soli atti e senza udienza, ha sancito un principio netto: la sottoscrizione personale della parte rende l’atto nullo ai fini del giudizio di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Corte sul ricorso in Cassazione
La motivazione della Corte si fonda su una norma precisa: l’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale. A seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta ‘Riforma Orlando’), la norma stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso presentato dall’imputato o dal condannato deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
La Suprema Corte ha chiarito che delegare un avvocato per il solo deposito non è sufficiente a sanare il vizio. La firma del legale specializzato non è una mera formalità, ma una garanzia della tecnicità e della serietà dell’impugnazione, essendo il giudizio di Cassazione un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e non un terzo grado di merito.
La condanna al pagamento della sanzione pecuniaria, prevista dall’articolo 616 del codice di procedura penale, è la diretta conseguenza dell’inammissibilità quando non sussistono elementi che escludano la colpa del ricorrente nella presentazione dell’impugnazione. In questo caso, l’errore procedurale è stato considerato imputabile alla parte, che non ha seguito le chiare disposizioni di legge.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un concetto cruciale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il ‘fai da te’ è precluso e potenzialmente costoso. La complessità del giudizio di legittimità impone l’assistenza obbligatoria di un professionista qualificato, l’unico in grado di redigere un atto che rispetti i rigorosi requisiti formali e sostanziali richiesti. Ignorare questa regola non solo impedisce l’esame del merito del proprio caso, ma comporta anche conseguenze economiche significative. Prima di intraprendere la strada del ricorso in Cassazione, è quindi indispensabile affidarsi a un avvocato cassazionista.
È possibile presentare personalmente un ricorso in Cassazione in materia penale?
No. La legge (art. 613 c.p.p., come modificato dalla L. 103/2017) stabilisce che il ricorso, se proposto dall’imputato o dal condannato, deve essere obbligatoriamente sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene firmato dalla parte e non dal suo avvocato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esaminerà le ragioni e i motivi del ricorso, ma lo respingerà per un vizio di forma insanabile. La decisione può essere presa de plano, cioè senza fissare un’udienza.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., la parte che ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, tale somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2307 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2307 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GROTTAGLIE il 17/09/1974
avverso l’ordinanza del 29/07/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di TARANTO
-jc i to avviso alle parfiL udita la la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso ed il provvedimento impugnato.
Considerato che il ricorso avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Taranto emessa il giorno 29 luglio 2024 è stato proposto personalmente da NOME COGNOMEil quale ha delegato l’avv. NOME COGNOME unicamente al deposito della impugnazione) e che sia il provvedimento che il ricorso sono successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, che ha previsto che il ricor dell’imputato (e quindi anche del condannato) deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (art. comma 1, cod. proc. pen.);
Rilevato che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.