Ricorso in Cassazione: Quando la Forma Diventa Sostanza
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci ricorda un principio fondamentale della procedura penale: un ricorso in Cassazione, per essere valido, deve rispettare requisiti formali inderogabili. Tra questi, uno dei più importanti riguarda la qualifica del difensore. L’ordinanza in esame dichiara inammissibile un ricorso presentato da un avvocato non abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, dimostrando come un vizio di forma possa precludere l’esame nel merito di una questione, anche se relativa a presunti diritti soggettivi.
I Fatti di Causa: Da un Orologio Negato al Supremo Collegio
La vicenda ha origine all’interno di un istituto penitenziario, dove a un detenuto viene negata l’autorizzazione a ritirare un orologio pervenutogli tramite un pacco postale. L’amministrazione penitenziaria motiva il divieto con ragioni di sicurezza. Il detenuto, ritenendo leso un proprio diritto, presenta un reclamo generico al Magistrato di Sorveglianza.
Quest’ultimo, dopo una breve istruttoria, rigetta l’istanza con un provvedimento de plano (senza udienza). Il magistrato qualifica la questione non come tutela di un diritto soggettivo, ma come una valutazione discrezionale dell’amministrazione, concludendo che il divieto era fondato su “condivisibili ragioni di sicurezza”.
Il Percorso del Reclamo e la sua Qualificazione Giuridica
Contro la decisione del Magistrato di Sorveglianza, il detenuto, tramite il suo avvocato, propone impugnazione. Il Tribunale di Sorveglianza, investito del caso, qualifica correttamente l’atto non come un reclamo di sua competenza, ma come un ricorso in Cassazione, essendo l’unico mezzo previsto dalla legge per contestare la qualificazione giuridica data dal primo giudice. Di conseguenza, trasmette gli atti alla Suprema Corte.
È a questo punto che emerge il vizio procedurale che si rivelerà fatale per le sorti dell’impugnazione.
Le Motivazioni della Cassazione: Inammissibilità per Difetto di Legittimazione del Difensore
La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito della questione (ovvero se il detenuto avesse o meno il diritto di ricevere l’orologio), si concentra su un aspetto puramente procedurale. Gli Ermellini rilevano che l’avvocato che ha redatto e presentato il ricorso in Cassazione non risultava iscritto all’albo speciale dei patrocinanti dinanzi alle giurisdizioni superiori.
Questo dettaglio, tutt’altro che trascurabile, costituisce un vizio insanabile. Ai sensi del combinato disposto degli articoli 591, comma 1, lettera a), e 613 del codice di procedura penale, la mancanza di legittimazione processuale del difensore è una causa di inammissibilità del ricorso. Il diritto di difesa tecnica davanti alla Suprema Corte può essere esercitato solo da avvocati che possiedono una specifica abilitazione, attestata dall’iscrizione in un apposito albo.
La Corte, pertanto, non può fare altro che emettere una declaratoria di inammissibilità. La conseguenza non è solo la mancata discussione del caso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: L’Importanza dei Requisiti Formali nel Processo
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: nel processo, e in particolare nel giudizio di legittimità, la forma è garanzia di sostanza. Il rispetto delle regole procedurali, come quella che impone la nomina di un difensore specificamente abilitato per il ricorso in Cassazione, non è un mero formalismo, ma un presidio fondamentale a garanzia del corretto funzionamento della giustizia. La decisione sottolinea che l’accesso alla Suprema Corte è subordinato al rispetto di requisiti rigorosi, la cui violazione comporta conseguenze severe, vanificando le ragioni del ricorrente a prescindere dalla loro potenziale fondatezza.
Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’avvocato che lo ha presentato non era iscritto all’albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di Cassazione, mancando quindi della necessaria legittimazione processuale.
Qual era l’oggetto originario della contestazione del detenuto?
L’oggetto originario era il divieto imposto dall’amministrazione penitenziaria di ricevere un orologio che gli era stato inviato tramite un pacco postale, divieto motivato da ragioni di sicurezza.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17410 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17410 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MESSINA il 04/10/1984
avverso l’ordinanza del 31/01/2024 del GIUD. SORVEGLIANZA di SPOLETO
4a.-a-1-14a-pacti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il reclamo avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Spoleto in data 31/01/2024 di rigetto di istanza generica, proposto da NOME COGNOME e qualificato come ricorso per cassazione dal Tribunale di sorveglianza che, a seguito di udienza nel contraddittorio delle parti, lo ha trasmesso a questa Corte con provvedimento in data 17/10/2024, dando avviso alle parti medesime;
Rilevato che il detenuto chiedeva l’intervento del Magistrato di sorveglianza contro il divieto oppostogli dall’amministrazione penitenziaria ad autorizzarlo a ritirare un orologio a lui pervenuto con pacco postale;
che il magistrato di sorveglianza, iscritto il procedimento come istanza generica, a seguito di istruttoria lo rigettava con provvedimento de plano; escludendo che si vertesse in materia di tutela di diritti soggettivi, concludeva che il divieto fosse motivato da condivisibili ragioni di sicurezza;
Ritenuto che, a fronte del reclamo proposto dal detenuto, qualificato dal magistrato di sorveglianza come generico ex art. 35 ord. pen., poiché la materia in esso trattata non rientra nelle previsioni di legge in tema di tutela giurisdizionale, il reclamante può dolersi di tale qualificazione con rituale ricorso per cassazione, quale unico mezzo di impugnazione;
che l’impugnazione in esame, che contesta la qualificazione giuridica adducendo la sussistenza della lesione di un diritto, è stata proposta dall’avv. NOME COGNOME che, al momento della presentazione dell’atto di impugnazione, non era abilitato al patrocinio davanti alla Corte di cassazione.
Ritenuto che il ricorso proposto dall’avv. NOME COGNOME risultando presentato da un difensore sprovvisto di legittimazione processuale, relativamente alla proposizione del ricorso per cassazione, impone l’emissione di una declaratoria di inammissibilità, per effetto del combinato disposto degli artt. 591, comma 1, lett. a), e 613 cod. proc. pen.
Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
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