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Ricorso in Cassazione: analisi di un’ordinanza penale

Analisi di un’ordinanza della Corte di Cassazione in materia penale. Il caso riguarda un ricorso in Cassazione proposto contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma. L’ordinanza, emessa dalla Settima Sezione, si conclude con un riferimento alle ‘ammende’, suggerendo una declaratoria di inammissibilità del ricorso e le relative conseguenze economiche per il ricorrente.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Ricorso in Cassazione: Guida a un’Ordinanza della Settima Sezione Penale

Il ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, un momento cruciale in cui non si riesaminano i fatti, ma si valuta la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti. Recentemente, un’ordinanza della Settima Sezione Penale ci offre lo spunto per analizzare uno degli esiti più comuni di questo procedimento: la declaratoria di inammissibilità.

I Fatti Processuali

Il caso in esame origina dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Roma nel giugno 2024. L’imputato, cercando di ribaltare la decisione a lui sfavorevole, ha adito la Suprema Corte di Cassazione, affidando a quest’ultima la valutazione sulla legittimità della sentenza di secondo grado. Il procedimento è stato assegnato alla Settima Sezione Penale, un organo con una funzione specifica di ‘filtro’ per i ricorsi palesemente infondati o inammissibili.

La Decisione della Corte e il Ruolo del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, dopo aver ricevuto il ricorso e dato avviso alle parti, ha tenuto udienza nel marzo 2025. All’esito della camera di consiglio, ha emesso un’ordinanza. Sebbene il documento sia estremamente sintetico, un elemento è fondamentale per comprenderne l’esito: il riferimento finale alle ‘ammende’.

Questa singola parola è indicativa di una decisione di inammissibilità del ricorso in Cassazione. Quando un ricorso viene giudicato inammissibile, la legge prevede, oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, anche il versamento di una somma di denaro alla cosiddetta ‘cassa delle ammende’, una sorta di sanzione per aver adito la Corte con un mezzo di impugnazione privo dei requisiti di legge.

Le Motivazioni

L’ordinanza in esame non esplicita le motivazioni, come spesso accade in questi provvedimenti standardizzati della Settima Sezione. Tuttavia, possiamo delineare le ragioni tipiche che conducono a una declaratoria di inammissibilità. Un ricorso può essere inammissibile perché:

1. I motivi sono generici: Il ricorrente non specifica in modo chiaro e puntuale quali norme di legge sarebbero state violate o applicate erroneamente.
2. Si richiedere un riesame dei fatti: Il ricorso tenta di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione del merito della vicenda (ad esempio, una riconsiderazione delle prove testimoniali), compito che è precluso alla Suprema Corte, la quale è giudice di legittimità e non di merito.
3. Mancano i requisiti formali: L’atto presenta vizi di forma, come la mancata sottoscrizione da parte di un avvocato abilitato al patrocinio in Cassazione o il mancato rispetto dei termini per la presentazione.
4. I motivi non sono consentiti dalla legge: Il ricorrente solleva questioni che non rientrano tra quelle per cui è ammesso il ricorso in Cassazione, elencate tassativamente dal codice di procedura penale.

La funzione della Settima Sezione è proprio quella di vagliare rapidamente i ricorsi per identificare queste problematiche, evitando che procedimenti palesemente destinati al rigetto appesantiscano il lavoro delle altre sezioni.

Le Conclusioni

La pronuncia di un’ordinanza di inammissibilità ha conseguenze pratiche molto importanti. In primo luogo, la sentenza impugnata diventa definitiva e irrevocabile. Ciò significa che la condanna (o l’assoluzione) decisa dalla Corte d’Appello non può più essere messa in discussione. In secondo luogo, come accennato, scattano le sanzioni economiche a carico del ricorrente. Questo provvedimento, pur nella sua brevità, esemplifica la funzione di filtro della Corte di Cassazione e sottolinea l’importanza di redigere un ricorso in modo tecnicamente ineccepibile, concentrandosi esclusivamente sulle questioni di diritto, per avere una reale possibilità di accoglimento.

Che tipo di provvedimento ha emesso la Corte di Cassazione?
La Corte ha emesso un’ordinanza, un atto che tipicamente decide su questioni procedurali. In questo caso, data la menzione delle ‘ammende’, si tratta verosimilmente di un’ordinanza di inammissibilità del ricorso.

Quale decisione era stata impugnata?
Era stata impugnata una sentenza della Corte d’Appello di Roma, emessa il 24 giugno 2024.

Cosa comporta la menzione del termine ‘ammende’ nella decisione?
Suggerisce che il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato probabilmente condannato a pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria da versare alla ‘cassa delle ammende’, e la sentenza impugnata è divenuta definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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