Ricorso per cassazione: i limiti per le sentenze del Giudice di Pace
L’ordinanza in commento della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del ricorso per cassazione nei procedimenti penali che hanno origine davanti al Giudice di Pace. Con la pronuncia n. 7771/2024, la Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale: non tutte le doglianze possono essere portate all’attenzione del giudice di legittimità, specialmente quando si tratta di contestare la valutazione delle prove effettuata in appello.
I fatti del caso
La vicenda processuale nasce da una querela per il reato di minacce. In primo grado, il Giudice di Pace aveva riconosciuto la colpevolezza dell’imputato, condannandolo. Successivamente, in sede di appello, il Tribunale monocratico ha ribaltato completamente la decisione, assolvendo l’imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Insoddisfatta di questa conclusione, la parte civile, ovvero la persona che si riteneva danneggiata dal reato, ha deciso di presentare un ricorso per cassazione, sperando di ottenere l’annullamento della sentenza di assoluzione.
I motivi del ricorso e i limiti posti dalla legge
Il ricorrente basava le proprie argomentazioni principalmente sulla presunta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza del Tribunale. In sostanza, si contestava il modo in cui il giudice d’appello aveva valutato le prove, in particolare le dichiarazioni testimoniali, ritenendole inattendibili e giungendo così all’assoluzione.
Questo tipo di censura rientra nei cosiddetti “vizi di motivazione”, previsti dall’articolo 606, lettera e), del codice di procedura penale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha immediatamente evidenziato un ostacolo insormontabile.
La decisione della Corte e le motivazioni
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza nemmeno entrare nel merito delle argomentazioni. La motivazione di tale decisione è prettamente giuridica e si fonda su una specifica norma processuale: l’articolo 606, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Questa disposizione stabilisce che, per i reati di competenza del Giudice di Pace, il ricorso per cassazione contro le sentenze d’appello è consentito soltanto per “violazione di legge” (cioè per i motivi indicati alle lettere a, b e c del primo comma dell’art. 606 c.p.p.) e non per i vizi di motivazione.
In parole semplici, la legge pone un filtro molto stretto: in questi casi, non ci si può lamentare in Cassazione se si ritiene che il giudice d’appello abbia ragionato male o abbia valutato in modo illogico le prove. Si può ricorrere solo se si dimostra che il giudice ha applicato una norma sbagliata o ha interpretato una legge in modo errato.
La Corte ha inoltre sottolineato che, anche il secondo motivo di ricorso, che mirava a una riconsiderazione delle dichiarazioni testimoniali, era inammissibile. Chiedere alla Cassazione di valutare diversamente le prove, scegliendo una ricostruzione dei fatti più “plausibile” rispetto a quella del giudice di merito, equivale a sollecitare un nuovo giudizio sui fatti, compito che è precluso alla Corte, la quale è unicamente giudice di legittimità.
Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le conclusioni
Questa ordinanza è un chiaro monito sull’importanza di conoscere i limiti specifici delle impugnazioni. In particolare, nei procedimenti che traggono origine dal Giudice di Pace, la possibilità di accedere al giudizio di Cassazione è significativamente ristretta. L’insegnamento pratico è che, prima di intraprendere la via del ricorso per cassazione in queste materie, è essenziale verificare che le proprie doglianze riguardino una chiara e diretta violazione di una norma di legge, poiché contestare la sola logicità della motivazione del giudice d’appello si tradurrà, come in questo caso, in una declaratoria di inammissibilità.
È sempre possibile contestare la motivazione di una sentenza in Cassazione?
No. Nel caso specifico, trattandosi di una sentenza d’appello per un reato di competenza del Giudice di pace, la legge non consente di presentare ricorso per vizi di motivazione (come illogicità o contraddittorietà), ma solo per violazione di legge.
Perché il ricorso della parte civile è stato dichiarato inammissibile?
Perché i motivi del ricorso denunciavano vizi di motivazione, un tipo di censura che, per le sentenze di appello emesse in procedimenti originati dal Giudice di pace, non è ammesso dalla legge come valido motivo per ricorrere in Cassazione.
Cosa significa che la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità?
Significa che il suo compito non è rivalutare i fatti del processo o l’attendibilità di un testimone, ma solo verificare che i giudici dei gradi di giudizio precedenti abbiano applicato e interpretato correttamente le norme di legge, senza commettere errori di diritto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7771 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7771 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto dalla parte civile COGNOME NOME
nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a SASSARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza dei 29/06/2023 del TRIBUNALE di NUORO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che la parte civile COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza del Tribunale monocratico di Nuoro, che, in riforma della sentenza di primo grado del Giudice di pace, con la quale COGNOME NOME era stato ritenuto responsabile del delitto di minacce, ha assolto quest’ultimo perché il fatto non sussiste;
rilevato che il primo motivo, che denuncia i vizi di cui all’art. 606 lett. e) c.p.p mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione – non è consentito in sede di legittimità ai sensi dell’art. 606 comma 2 bis cod. proc. pen., dal momento che il ricorso per cassazione, avverso le sentenze in grado in appello per i reati di competenza del giudice di pace, è ammesso soltanto per violazione di legge e, più esattamente, per le ragioni di cui all’art. 606 comma 1 lett. a), b) e c) cod. proc. pen.;
considerato che il secondo motivo esposto – quand’anche fondato – sia privo di portata disarticolante rispetto alla valutazione di inattendibilità delle dichiarazion della parte civile e dello zio COGNOME NOME, esposta in modo articolato, dal tribunale dell’appello e solleciti una rivalutazione complessiva dei materiale probatorio, non consentita in questa sede, ove sono precluse – a meno che non si rivelino fattori di manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, la cui esaltazione, come detto, non può essere fatta valere in questa sede – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., tra le più recenti, S 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 febbraio 2024
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