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Ricorso generico: inammissibilità e condanna spese

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso generico contro una sentenza della Corte d’Appello di Salerno. I motivi sono stati ritenuti generici poiché tentavano di rimettere in discussione la valutazione dei fatti e delle prove, compito esclusivo dei giudici di merito. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3000 euro.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Generico: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile

Presentare un ricorso in Cassazione richiede un’attenzione meticolosa ai motivi di impugnazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione precedente; è necessario individuare vizi di legittimità specifici. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce ancora una volta le conseguenze di un ricorso generico, sottolineando come questo porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità e a una condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Il caso in esame: un tentativo di riesaminare il merito

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Salerno. Il ricorrente, attraverso i suoi motivi, contestava diversi aspetti della decisione di secondo grado, tra cui la ricostruzione dei fatti, la valutazione del materiale probatorio, il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto (ex art. 131-bis c.p.), la quantificazione del risarcimento del danno e il trattamento sanzionatorio applicato.

L’impostazione del ricorso, tuttavia, non si concentrava su presunti errori di diritto o vizi logici della motivazione, ma mirava a ottenere dalla Corte di Cassazione una nuova e diversa valutazione degli elementi già ampiamente esaminati dai giudici di merito nei precedenti gradi di giudizio.

La decisione della Cassazione sul ricorso generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo tutti i motivi addotti dal ricorrente affetti da genericità. Gli Ermellini hanno evidenziato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione puntuale, congrua e priva di vizi logici per giustificare la propria decisione. I motivi del ricorso, al contrario, si risolvevano in una mera riproposizione di questioni già affrontate e decise, senza un reale confronto critico con la ratio decidendi della sentenza impugnata.

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La ricostruzione del fatto e l’apprezzamento delle prove sono attività rimesse alla competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado. Alla Cassazione spetta solo il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la propria decisione di inammissibilità sulla base di diversi punti chiave:

1. Genericità dei motivi: Le doglianze del ricorrente non individuavano specifici errori di diritto, ma si limitavano a contestare l’esito della valutazione fattuale, proponendo una lettura alternativa delle prove. Questo approccio è inammissibile in sede di legittimità.
2. Adeguatezza della motivazione d’appello: La sentenza impugnata era stata giudicata completa, logica e basata su un ragionamento fondato su massime di esperienza condivisibili e convergenti con la decisione di primo grado. Pertanto, non sussistevano i vizi di motivazione che avrebbero potuto giustificare un annullamento.
3. Conseguenze dell’inammissibilità: Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., l’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha disposto il pagamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende, ritenuta equa in ragione delle questioni dedotte.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma l’importanza di redigere ricorsi per Cassazione che siano tecnicamente rigorosi e focalizzati su vizi di legittimità. Un ricorso generico, che si limita a riproporre le stesse argomentazioni respinte in appello o a contestare la valutazione dei fatti, non ha alcuna possibilità di successo. Le conseguenze non sono solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta di ulteriori oneri economici per il ricorrente, quali le spese del procedimento e la sanzione a favore della cassa delle ammende. Per i professionisti legali, ciò rappresenta un monito a strutturare l’impugnazione in modo specifico, criticando puntualmente i passaggi logico-giuridici della sentenza d’appello, piuttosto che tentare un’impossibile rivalutazione del merito in sede di legittimità.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato generico?
Un ricorso è considerato generico quando non critica specificamente la logica giuridica della decisione impugnata, ma si limita a riproporre questioni già decise o a contestare la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, che sono di competenza esclusiva dei giudici di merito.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Come stabilito dall’art. 616 c.p.p. e confermato in questa ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti del processo?
No. L’ordinanza ribadisce che la ricostruzione e la valutazione del fatto, così come l’apprezzamento del materiale probatorio, sono attività rimesse alla esclusiva competenza dei Giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione verifica solo la correttezza giuridica e la logicità della motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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