Ricorso generico in Cassazione: le conseguenze di un’impugnazione non specifica
Presentare un ricorso in Cassazione richiede un’attenzione meticolosa ai requisiti di forma e di sostanza previsti dalla legge. Un’impugnazione che si limiti a lamentele vaghe, senza un confronto puntuale con le motivazioni della sentenza impugnata, rischia di essere qualificata come ricorso generico e, di conseguenza, dichiarata inammissibile. Una recente ordinanza della Suprema Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio pratico di questa evenienza, sottolineando l’importanza della specificità dei motivi di ricorso, specialmente quando si contesta la congruità della pena.
I fatti del caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’appellante lamentava l’eccessività della pena inflittagli, sostenendo una violazione dell’articolo 133 del codice penale, che elenca i criteri per la determinazione della sanzione, e un vizio di motivazione da parte dei giudici di secondo grado. La difesa, tuttavia, si era limitata a formulare una critica generica, senza articolare una confutazione valida e dettagliata delle argomentazioni espresse nella sentenza d’appello.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, l’atto di impugnazione mancava dei requisiti di specificità prescritti dall’articolo 581 del codice di procedura penale. Invece di contestare punto per punto il ragionamento della Corte territoriale, che aveva giustificato l’entità della pena sulla base dell’oggettiva gravità della condotta, la difesa si era limitata a sostenere una generica “eccessività ed incongruità” della sanzione. Questo approccio è stato ritenuto insufficiente per superare il vaglio di ammissibilità.
Analisi del ricorso generico e motivazioni della Corte
La Corte ha evidenziato come il ricorso non contenesse una vera e propria critica alla motivazione della sentenza impugnata, ma si risolvesse in una mera riproposizione di doglianze astratte. La Corte d’Appello aveva adempiuto al suo obbligo di motivazione, ancorando la quantificazione della pena a un elemento concreto: la gravità oggettiva del fatto. Il ricorrente, omettendo di confrontarsi con questa specifica argomentazione, ha presentato un ricorso privo della necessaria specificità, rendendolo di fatto un atto inidoneo a innescare una rivalutazione nel merito da parte della Suprema Corte.
Le motivazioni e le conclusioni
Le motivazioni della Corte si fondano sul principio fondamentale per cui il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Per questo motivo, chi impugna una sentenza ha l’onere di indicare con precisione le parti del provvedimento che contesta e di esporre le ragioni giuridiche a sostegno della propria tesi. Un ricorso generico, che non adempie a questo onere, viene sanzionato con l’inammissibilità.
In conclusione, questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: non basta lamentare un’ingiustizia, ma è necessario dimostrare, attraverso un’argomentazione specifica e puntuale, dove e come il giudice precedente abbia errato. La conseguenza dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a conferma che un ricorso superficiale non solo è inefficace, ma comporta anche un onere economico.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico, in quanto privo dei requisiti di specificità previsti dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.
Quale errore ha commesso la difesa del ricorrente?
La difesa si è limitata a sostenere una generica eccessività e incongruità della pena, senza confutare validamente le argomentazioni della Corte d’Appello, la quale aveva motivato la sanzione sulla base dell’oggettiva gravità della condotta.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46845 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46845 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 25/01/1999
avverso la sentenza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME
rilevato che l’unico motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione dell’art. 133 cod. pen. nonché vizio di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio è generico perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.; la difesa, infatti, limitata a sostenere una generica eccessività ed incongruità del trattamento sanzionatorio, rassegnando poi le conclusioni favorevoli al proprio assistito senza alcuna valida confutazione delle argomentazioni espresse dai giudici di merito;
rilevato che la Corte territoriale ha adeguatamente motivato in ordine alla congruità della pena stante l’oggettiva gravità della condotta (vedi pag. 4 della sentenza impugnata), argomentazione con cui il ricorso ha omesso di confrontarsi con conseguente difetto di specificità.
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 12 novembre 2024.