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Ricorso estradizione: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero contro l’ordinanza che negava la sostituzione della custodia in carcere. La Suprema Corte ha chiarito che nel contesto di un procedimento di estradizione, il ricorso contro le misure cautelari è consentito solo per violazione di legge e non per vizio di motivazione. Nel caso specifico, le censure del ricorrente, pur formalmente qualificate come violazione di legge, criticavano nel merito la valutazione del pericolo di fuga, una questione di fatto non sindacabile in quella sede.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Estradizione e Custodia Cautelare: I Limiti Fissati dalla Cassazione

La procedura di estradizione rappresenta un delicato punto di incontro tra la sovranità nazionale e la cooperazione giudiziaria internazionale. In questo contesto, le misure cautelari, come la custodia in carcere, assumono un ruolo cruciale per garantire che la persona richiesta non si sottragga alla giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 36188/2024) offre importanti chiarimenti sui limiti di impugnazione di tali misure, delineando una netta distinzione tra violazione di legge e vizio di motivazione. L’analisi di questo caso permette di comprendere meglio le ragioni per cui un ricorso estradizione può essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Sostituzione della Misura Cautelare

Il caso ha origine dalla richiesta di un cittadino straniero, sottoposto a custodia cautelare in carcere in attesa di estradizione, di ottenere una misura meno afflittiva. La Corte di Appello di Roma, con ordinanza del 26 marzo 2024, aveva respinto tale istanza, ritenendo necessario mantenere la detenzione per fronteggiare un concreto pericolo di fuga.

Il Ricorso Estradizione in Cassazione e le Doglianze della Difesa

Contro la decisione della Corte di Appello, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione. Il motivo principale si fondava sulla presunta violazione dell’obbligo di motivazione. Secondo il ricorrente, l’ordinanza impugnata era viziata da una motivazione assente o meramente apparente, in quanto non spiegava adeguatamente perché non fosse possibile applicare una misura meno grave. La difesa sosteneva che i giudici avessero operato un automatismo, collegando direttamente l’assenza di un lavoro stabile alla necessità della custodia in carcere, senza una valutazione approfondita del caso specifico.

La Decisione della Suprema Corte: L’Inammissibilità del Ricorso

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte territoriale e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La Distinzione tra Violazione di Legge e Vizio di Motivazione

Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 719 del codice di procedura penale. Questa norma disciplina specificamente i ricorsi contro i provvedimenti cautelari emessi nell’ambito delle procedure di estradizione. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il ricorso per cassazione in questa materia è ammesso esclusivamente per violazione di legge.

Ciò significa che non è possibile contestare davanti alla Suprema Corte il merito della valutazione compiuta dal giudice di grado inferiore, come ad esempio la logicità o la completezza della motivazione (il cosiddetto ‘vizio di motivazione’). Nel caso in esame, sebbene la difesa avesse formalmente denunciato una violazione di legge, le sue argomentazioni erano in realtà dirette a criticare la valutazione delle prove e dei fatti operata dalla Corte di Appello, invadendo un campo precluso al giudizio di legittimità.

La Valutazione del Pericolo di Fuga

La Cassazione ha comunque osservato che, ad ogni modo, l’ordinanza della Corte di Appello era congruamente motivata. I giudici avevano giustificato l’attualità e la concretezza del pericolo di fuga sulla base di elementi oggettivi: l’imputato era un cittadino straniero, privo di un radicamento effettivo sul territorio italiano e senza un’attività lavorativa stabile e documentata. Questi fattori, secondo la Corte, rendevano la custodia in carcere l’unica misura adeguata a prevenire la fuga. Inoltre, è stato chiarito che il successivo consenso all’estradizione manifestato dal ricorrente non assumeva alcuna rilevanza ai fini della valutazione del pericolo di fuga.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su una rigorosa applicazione dell’art. 719 c.p.p., che limita i motivi di ricorso per cassazione in materia di misure cautelari strumentali all’estradizione alla sola violazione di legge. La Corte ha inteso preservare la specificità di questo procedimento, evitando che il giudizio di legittimità si trasformi in una terza istanza di merito. La censura del ricorrente, pur mascherata da violazione di legge, mirava a una rivalutazione del fatto (l’esistenza del pericolo di fuga e l’adeguatezza della misura), attività che non rientra nelle competenze della Cassazione in questo specifico ambito. La Corte ha quindi ritenuto che il ricorso fosse stato proposto per motivi non consentiti e, pertanto, manifestamente infondato.

Le Conclusioni

La sentenza in commento rafforza un importante principio procedurale: nel contesto di un ricorso estradizione avverso misure cautelari, le possibilità di impugnazione in Cassazione sono strettamente circoscritte. La distinzione tra ‘violazione di legge’ e ‘vizio di motivazione’ è netta e invalicabile. Per gli operatori del diritto, ciò significa che eventuali ricorsi devono essere fondati su errori di diritto puri, come l’errata interpretazione di una norma, e non su critiche all’apparato argomentativo con cui il giudice di merito ha giustificato la sua decisione su questioni fattuali come il pericolo di fuga. Questa pronuncia conferma l’orientamento secondo cui la valutazione del radicamento territoriale e della situazione lavorativa di un cittadino straniero sono elementi centrali e legittimi per determinare l’adeguatezza della misura della custodia in carcere.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro un’ordinanza sulla custodia cautelare in un procedimento di estradizione per un difetto di motivazione?
No, la sentenza chiarisce che l’art. 719 del codice di procedura penale ammette il ricorso per cassazione avverso tali provvedimenti solo per ‘violazione di legge’. Un vizio di motivazione, che attiene alla valutazione dei fatti, non rientra tra i motivi consentiti.

Quali elementi ha considerato la Corte per confermare il pericolo di fuga?
La Corte ha ritenuto adeguatamente motivata la decisione basata su elementi oggettivi quali la cittadinanza straniera dell’imputato, l’assenza di un radicamento sul territorio italiano e la mancanza di un’attività lavorativa stabile e documentata.

Il consenso all’estradizione da parte dell’imputato influisce sulla valutazione della misura cautelare?
No, la Suprema Corte ha specificato che l’atteggiamento assunto dall’imputato in relazione alla richiesta di estradizione, incluso il suo consenso, non ha rilevanza ai fini della valutazione del pericolo di fuga e della conseguente necessità della misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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