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Ricorso detenzione inumana: limiti e motivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per detenzione inumana presentato da un detenuto che lamentava condizioni di sovraffollamento. La Corte ha stabilito che il ricorso era una mera ripetizione di argomenti già valutati e mirava a un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità. Il ricorso in questa materia è ammesso solo per violazione di legge. Il ricorrente è stato condannato alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Detenzione Inumana: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile

L’ordinanza n. 12112/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del ricorso per detenzione inumana. La Suprema Corte ha chiarito che l’appello basato sulla riproposizione di argomenti già esaminati e volto a ottenere una nuova valutazione dei fatti è destinato all’inammissibilità. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Un detenuto presentava un reclamo al Tribunale di Sorveglianza avverso una decisione del Magistrato di Sorveglianza. Quest’ultimo aveva parzialmente accolto la sua istanza per le condizioni di detenzione subite, ma l’aveva respinta per i periodi trascorsi in due specifici istituti penitenziari. In particolare, il detenuto lamentava le condizioni patite in una delle strutture, dove lo spazio personale a sua disposizione era di soli 3,04 metri quadrati, una superficie inferiore alla soglia minima stabilita dalla giurisprudenza europea.

Contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza, che aveva rigettato il suo reclamo, il detenuto proponeva ricorso alla Corte di Cassazione, denunciando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Sosteneva che il Tribunale non avesse adeguatamente considerato le sue argomentazioni sulle precarie condizioni detentive.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge.

I limiti del ricorso per detenzione inumana in Cassazione

Il punto centrale della pronuncia risiede nell’interpretazione dell’art. 35-bis, comma 4-bis, dell’ordinamento penitenziario. Questa norma stabilisce che contro le decisioni del Tribunale di Sorveglianza in materia di reclami per condizioni detentive è ammesso ricorso in Cassazione solo per violazione di legge.

Questo significa che il ricorrente non può chiedere alla Suprema Corte di riesaminare le prove o di sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice di merito. Può solo lamentare che sia stata applicata una norma sbagliata o interpretata una norma in modo scorretto.

La mera reiterazione dei motivi non integra una violazione di legge

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che le lamentele del detenuto (le doglianze) erano una semplice ripetizione di quanto già esposto e discusso davanti al Tribunale di Sorveglianza. Il ricorso, di fatto, non indicava una specifica violazione di legge, ma sollecitava una “diversa e alternativa lettura degli elementi acquisiti”. Il Tribunale, secondo la Cassazione, aveva già correttamente e adeguatamente valutato tutti gli elementi, inclusi i potenziali “fattori compensativi” che possono mitigare gli effetti del sovraffollamento, giungendo a una conclusione motivata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione di inammissibilità sulla base di due pilastri fondamentali. In primo luogo, ha evidenziato che le argomentazioni presentate nel ricorso costituivano una “mera reiterazione” di quelle già avanzate e respinte dal Tribunale di Sorveglianza. Un ricorso in Cassazione deve presentare nuove questioni di diritto o specificare in che modo il giudice di merito abbia violato la legge, non può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni fattuali. In secondo luogo, e in stretta connessione con il primo punto, la Corte ha ribadito che il ricorso ex art. 35-bis, comma 4-bis, ord. pen. è un rimedio a critica vincolata, ammesso unicamente per “violazione di legge”. La richiesta del ricorrente di rivalutare le condizioni detentive, come lo spazio disponibile in cella, e di riconsiderare i fattori compensativi, si traduce in una richiesta di riesame del merito, preclusa in sede di legittimità. Il Tribunale di Sorveglianza aveva già esercitato il suo potere di valutazione dei fatti, e la sua conclusione, adeguatamente motivata, non era sindacabile dalla Cassazione sotto il profilo del vizio di motivazione.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame conferma un orientamento consolidato: chi intende presentare un ricorso per detenzione inumana in Cassazione deve concentrarsi esclusivamente su questioni di pura legalità. È inutile e controproducente riproporre le stesse argomentazioni fattuali già vagliate dal Tribunale di Sorveglianza. La conseguenza dell’inammissibilità non è solo il rigetto della domanda, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) a favore della cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: il ricorso alla Suprema Corte deve essere ponderato e fondato su solidi e specifici motivi di diritto, evitando di trasformarlo in un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda.

È possibile presentare un ricorso per detenzione inumana alla Corte di Cassazione lamentando una valutazione errata dei fatti da parte del Tribunale di Sorveglianza?
No, l’ordinanza chiarisce che il ricorso in Cassazione avverso i provvedimenti del Tribunale di Sorveglianza in questa materia è ammesso solo per violazione di legge, non per una diversa valutazione degli elementi di fatto già esaminati dal giudice di merito.

Cosa succede se i motivi del ricorso in Cassazione sono una semplice ripetizione di quelli già presentati al giudice precedente?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte ha specificato che la mera reiterazione di doglianze già valutate non costituisce un valido motivo di ricorso, in quanto non configura una violazione di legge ma una richiesta di riesame del merito.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile in questo contesto?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della cassa delle ammende, a causa della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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