Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 28357 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 3 Num. 28357 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, terza estranea nel procedimento a carico di COGNOME NOME, nato a Parma il 16-11-1962, avverso l ‘ordinanza del 23-01-2025 della Corte di appello di Bologna; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La società RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME tramite il suo difensore di fiducia e procuratore speciale, ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento del 23 gennaio 2025, con il quale la Corte di appello di Bologna, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza della predetta società, finalizzata a ottenere l’annullamento del provvedimento del 17 settembre 2024, con il quale la Procura generale presso la Corte di appello di Bologna, in esecuzione della sentenza di condanna resa nei confronti di NOME COGNOME dal Tribunale di Bologna il 14 aprile 2023, irrevocabile il 20 giugno 2024, ha disposto la confisca delle somme rinvenute su due conti correnti intestati a NOME COGNOME, padre di NOME COGNOME, deceduto nel febbraio 2017, e di un immobile di 98 mq. ubicato in Parma.
2. Il ricorso è affidato a due motivi esposti congiuntamente, con i quali la difesa deduce la violazione dell’art. 12 bis del d. lgs. n. 74 del 2000 e 322 bis cod. pen. e il vizio di motivazione del provvedimento gravato; si premette al riguardo che la sentenza di primo grado aveva disposto la confisca nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e non dell’imputato persona fisica NOME COGNOME e si osserva che i giudici di appello non hanno chiarito la nozione di profitto dei reati per i quali vi è stata condanna. A ciò si aggiunge che sarebbe stato necessario verificare la disponibilità, in capo alla RAGIONE_SOCIALE, di quanto confiscato in via diretta alla stessa; peraltro, precisa la difesa, ammesso e non concesso che la confisca eseguita nei confronti dell’imputato (e per esso della Valserena, persona giuridica attraverso cui si assume che l’imputato abbia la disponibilità dei beni su cui la confisca è stata eseguita) sia da considerare diretta, non è stato affrontato il tema dell’assenza di vincolo di derivazione dai reati per cui è intervenuta condanna, né è stata fornita alcuna motivazione rispetto alla mancata preventiva escussione della RAGIONE_SOCIALE.lRAGIONE_SOCIALE Rispetto poi ai beni attinti dalla misura ablatoria, si evidenzi a, quanto all’immobile, che la mera detenzione di fatto dello stesso non può essere classificata come disponibilità uti dominus , occorrendo a tal fine l’intestazione formale e pubblica del bene, mentre, quanto al testamento del de cuius NOME COGNOME si obietta che la pubblicazione tardiva dell’atto testamentario è irrilevante, trattandosi della formalizzazione di un atto dovuto, che priva definitivamente della disponibilità dei beni fino a quel momento oggetto di fruizione da parte di NOME COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve in primo luogo rilevarsi che l’istanza di trattazione orale proposta dalla difesa della società ricorrente è stata doverosamente disattesa, procedendosi con rito camerale non partecipato ex art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
Ciò posto, il ricorso di legittimità deve essere riqualificato come opposizione, ai sensi dell ‘ art. 667, comma 4, cod. proc. pen., con conseguente trasmissione degli atti al giudice dell’esecuzione per il prosieguo della procedura. Deve innanzitutto premettersi al riguardo che la Corte di appello di Bologna in funzione di giudice dell ‘ esecuzione, ai sensi del combinato disposto degli art. 676, comma 1, secondo periodo, e 667, comma 4, cod. proc. pen. (il primo dei quali richiama il secondo), avrebbe dovuto provvedere senza formalità, mentre nel caso di specie ha trasformato il procedimento de plano in procedimento camerale partecipato. La mancata adozione della fase preliminare de plano , prevista dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., prima dell ‘ eventuale svolgimento dell ‘ ordinaria procedura camerale in sede esecutiva, non costituisce tuttavia causa di nullità, non essendo ciò previsto dalla legge e dovendo, perciò, ritenersi operante il principio di tassatività della nullità enunciato dall ‘ art. 177 cod. proc. pen. Non sono infatti configurabili le nullità di ordine generale ex art. 178 dello stesso codice, poiché le garanzie di contraddittorio e difesa sono estranee nella fase preliminare de plano e trovano attuazione solo nel procedimento in camera di consiglio di cui all’ art. 666 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 3, n. 49317 del 27/10/2015, Rv. 265539). Posto tale principio, la giurisprudenza di legittimità si è però divisa in ordine al rimedio applicabile nel caso di decisione assunta non de plano , nei casi previsti, ma in contraddittorio. Secondo un primo indirizzo, è immediatamente proponibile ricorso per cassazione avverso il provvedimento con il quale il giudice dell ‘ esecuzione abbia irritualmente provveduto a norma dell ‘ art. 666, comma 3, cod. proc. pen. anziché de plano come previsto, giacché la procedura immediatamente adottata, pur non rispettosa dell ‘ art. 676 cod. proc. pen., pone in essere un ‘ anticipata garanzia del contraddittorio, introducibile a rigore solo a seguito dell ‘ opposizione dell ‘ interessato avverso il provvedimento adottato de plano (cfr. Sez. 6, n. 45326 del 25/10/2007, Rv. 238157). L ‘ immediato ricorso al giudice di legittimità, inoltre, non sarebbe impedito dalla previsione di una doppia valutazione del merito esecutivo, atteso che il valore giuridico tutelato dall ‘ art. 667, comma 4, cod. proc. pen., è il contraddittorio, e non il doppio grado di merito. Tuttavia, in base a un secondo più recente e prevalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che il Collegio condivide, avverso il provvedimento del giudice dell ‘ esecuzione – sia che questi abbia deciso de plano ai sensi dell ‘ art. 667, comma 4, cod. proc. pen., sia che abbia provveduto irritualmente nelle forme dell ‘ udienza camerale ex art. 666 cod. proc. pen. – è prevista solo la facoltà di proporre opposizione, sicché come tale deve essere riqualificato l ‘ eventuale ricorso
per cassazione proposto avverso il suddetto provvedimento, nel rispetto del principio generale della conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis , con conseguente trasmissione degli atti al giudice competente (Sez. 3, n. 49317 del 27/10/2015, Rv. 265538-01, Sez. 6, n. 13445 del 12/02/2014, Rv. 259454). Ciò in base al rilievo che, in caso contrario, l ‘ interessato si vedrebbe comunque privato della fase del ‘ riesame ‘ del provvedimento da parte del giudice dell ‘ esecuzione, il quale, al contrario del giudice di legittimità, ha cognizione piena delle doglianze ed è il giudice deputato a prendere in esame tutte le questioni e le istanze (anche istruttorie) – queste ultime precluse nel giudizio di legittimità – che il ricorrente non sia stato in grado di sottoporre a un giudice di merito, in quanto sostanzialmente privato di un grado di giudizio in una materia per la quale il legislatore ha previsto la fase dell ‘ opposizione proprio in ragione della sua peculiarità (cfr. Sez. 2, n. 12899 del 31/03/2022, Rv. 283061, in cui vi è ampiezza di richiami delle coordinate interpretative di riferimento della materia).
Tanto chiarito, deve dunque ribadirsi che, come ricordato nell’ultima pronuncia citata (Rv. 283061, e come rilevato anche da Sez. 1, n. 3063 del 15/09/2023, dep. 2024, Rv. 285720), il ricorso per cassazione, rimedio diverso da quello previsto dalla legge ( l’opposizione), non deve essere dichiarato inammissibile, ma deve essere convertito in opposizione, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., e trasmesso al giudice dell’esecuzione, ciò nel rispetto del principio generale della conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis , non potendo l’erroneo nomen iuris attribuito dalla parte al mezzo di gravame pregiudicare la possibilità di avere una seconda pronuncia di merito sulle dedotte doglianze.
In applicazione di tali premesse ermeneutiche, l ‘odierno ricorso per cassazione deve essere pertanto riqualificato, a norma dell ‘ art. 568, comma 5, cod. proc. pen., in opposizione ai sensi dell ‘ art. 667, comma 4, cod. proc. pen., con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna affinché proceda alla necessaria fase dell ‘ opposizione ex art. 667, comma quarto, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Qualificata l’impugnazione come opposizione, dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna.
Così deciso il 29.05.2025