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Ricorso contro archiviazione inammissibile: la Cassazione

Un soggetto, condannato per furto aggravato, aveva sporto denuncia contro gli agenti che lo avevano arrestato, lamentando falsità nel verbale. A seguito della richiesta di archiviazione da parte del PM, l’interessato si era opposto, ma il GIP aveva rigettato l’opposizione. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il successivo ricorso dell’uomo, chiarendo che il provvedimento che decide sul reclamo avverso l’archiviazione non è impugnabile. Questo tipo di ricorso contro archiviazione è previsto solo in casi eccezionali, non riscontrati nella fattispecie.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso contro archiviazione inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20128 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso contro archiviazione non è sempre ammesso. In particolare, l’ordinanza che decide sul reclamo della persona offesa contro un provvedimento di archiviazione non è, per legge, impugnabile in Cassazione. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dall’arresto di un uomo, avvenuto il 6 ottobre 2021, per reati contro il patrimonio (artt. 110, 624-bis e 625 c.p.). Per questi fatti, l’uomo era stato condannato a una pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione.

Successivamente, lo stesso condannato presentava una denuncia-querela nei confronti degli agenti che avevano redatto il verbale di arresto, sostenendo che conteneva circostanze false. Il Pubblico Ministero, tuttavia, richiedeva l’archiviazione del procedimento scaturito da tale denuncia. Nonostante l’opposizione del denunciante, il Giudice per le indagini preliminari (GIP) del Tribunale di Bari, con ordinanza del 4 luglio 2023, rigettava l’opposizione, confermando di fatto l’archiviazione.

Contro questa decisione, l’uomo proponeva ricorso per cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazione di legge, sostenendo che la sua condanna originaria si basasse su un verbale viziato da falsità.

La Decisione della Corte: il ricorso contro archiviazione è inammissibile

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha chiarito che la decisione del legislatore è netta e non lascia spazio a interpretazioni estensive. Il sistema processuale delinea un percorso specifico per contestare un provvedimento di archiviazione, e il ricorso diretto alla Suprema Corte non rientra tra gli strumenti previsti in questa fase.

La decisione sottolinea come la scelta di limitare le impugnazioni risponda a esigenze di efficienza e razionalità del sistema giudiziario, evitando che ogni fase procedimentale possa essere oggetto di un numero indefinito di gravami.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’articolo 410-bis del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che il provvedimento emesso dal giudice a seguito del reclamo della persona offesa contro l’archiviazione è, per espressa indicazione legislativa, non impugnabile.

La Corte ha specificato che l’unico rimedio concesso alla parte che non sia stata messa in condizione di partecipare al procedimento di controllo è la richiesta di revoca del provvedimento, da presentare allo stesso giudice che lo ha emesso. Il ricorso per cassazione è proponibile solo in casi eccezionali per lamentare l'”abnormità” dell’atto, ovvero quando il provvedimento è talmente anomalo da essere estraneo al sistema, ma non per far valere i vizi di violazione di legge o di motivazione (elencati nell’art. 606 c.p.p.), come tentato dal ricorrente.

Di conseguenza, avendo il ricorrente utilizzato uno strumento processuale non previsto dalla legge per quel tipo di provvedimento, il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio consolidato: le vie di impugnazione sono tassative e non possono essere utilizzate al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge. La declaratoria di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende, poiché non sono stati ravvisati elementi per ritenere che il ricorso fosse stato proposto senza colpa. Questa decisione serve da monito sull’importanza di scegliere lo strumento processuale corretto per tutelare i propri diritti.

È possibile presentare un ricorso per cassazione contro un’ordinanza che rigetta un reclamo avverso un provvedimento di archiviazione?
No, la legge (art. 410-bis c.p.p.) stabilisce espressamente che tale provvedimento non è impugnabile. Il ricorso per cassazione è ammesso solo in casi eccezionali per denunciare l'”abnormità” dell’atto, non per vizi di legge o di motivazione.

Quale rimedio è previsto dalla legge se si ritiene ingiusta un’ordinanza di archiviazione dopo un reclamo?
L’unico rimedio previsto è la richiesta di revoca del provvedimento, da presentare allo stesso giudice che lo ha emesso, ma solo a condizione che la parte non sia stata posta in condizione di partecipare al procedimento di controllo sulla decisione.

Per quali motivi la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento di una somma di denaro oltre alle spese processuali?
A norma dell’art. 616 c.p.p., la declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una somma pecuniaria. Ciò avviene perché si presume una colpa nella proposizione di un’impugnazione non consentita dalla legge, e nel caso di specie non sono emersi elementi per escludere tale colpa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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