Ricorso Concordato: Quando è Possibile Impugnare la Sentenza in Cassazione?
L’istituto del ricorso concordato, noto anche come patteggiamento in appello, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma quali sono i limiti per un’eventuale impugnazione successiva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 2892 del 2024, chiarisce in modo netto i confini entro cui è possibile contestare una sentenza frutto di tale accordo, dichiarando inammissibile un ricorso che sollevava questioni non consentite.
I Fatti del Caso
Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello sulla rideterminazione della pena, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza che ratificava tale accordo. Nello specifico, il ricorrente lamentava vizi motivazionali relativi alla quantificazione della sanzione e alla presunta mancata valutazione di motivi di proscioglimento, questioni che, di fatto, erano state superate proprio dall’accordo processuale liberamente sottoscritto.
Il Principio del Ricorso Concordato e i Suoi Limiti
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la sentenza emessa a seguito di ricorso concordato (ex art. 599 bis c.p.p.) è impugnabile solo per motivi molto specifici. L’accordo tra le parti sulla pena e sui motivi d’appello crea un ‘negozio processuale’ che, una volta recepito dal giudice, non può essere rimesso in discussione unilateralmente.
L’impugnazione è ammessa esclusivamente se si contestano:
1. Vizi nella formazione della volontà: ad esempio, se il consenso dell’imputato all’accordo è stato viziato da errore, violenza o dolo.
2. Mancanza del consenso del Pubblico Ministero: se l’accordo non è stato genuinamente condiviso dalla pubblica accusa.
3. Contenuto difforme della pronuncia: se la sentenza del giudice si discosta dall’accordo raggiunto tra le parti.
4. Illegalità della pena: se la sanzione concordata e inflitta è illegale, ovvero esce dai limiti edittali previsti dalla legge per quel reato o è di una specie diversa da quella prevista.
Al di fuori di queste ipotesi, non è possibile sollevare doglianze su aspetti che si considerano implicitamente rinunciati con la stipula dell’accordo, come la valutazione delle prove, la sussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. o la congruità della pena concordata.
Le Motivazioni della Decisione
I giudici di legittimità hanno sottolineato che il controllo della Corte d’Appello sulla pena concordata è limitato alla sua legalità, non alla sua congruità. Il giudice, infatti, può solo accogliere o rigettare la richiesta di accordo, ma non può modificarla. Una volta che l’accordo viene accolto, esso diventa vincolante e cristallizzato nella sentenza.
Nel caso di specie, il ricorrente contestava proprio la quantificazione della pena e la mancata valutazione di cause di non punibilità, motivi che non rientrano tra quelli ammessi per l’impugnazione. La Cassazione ha quindi ribadito che il negozio processuale, liberamente stipulato, non può essere modificato unilateralmente, salvo l’ipotesi di una pena palesemente illegale, che qui non ricorreva. L’inammissibilità del ricorso ha comportato anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: chi sceglie la via del ricorso concordato in appello accetta di definire il processo sulla base di un accordo, rinunciando a far valere ulteriori doglianze nel merito. La possibilità di un successivo ricorso in Cassazione è un’eventualità eccezionale, circoscritta a vizi genetici dell’accordo o a palesi illegalità della pena. Questa decisione serve da monito sull’importanza di ponderare attentamente la scelta del patteggiamento in appello, essendo una via che limita fortemente le successive possibilità di impugnazione.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di accordo sulla pena in appello?
No, il ricorso è consentito solo per motivi specifici: vizi nella formazione della volontà delle parti, mancanza di consenso del PM, sentenza difforme dall’accordo o illegalità della pena applicata.
Posso contestare la quantificazione della pena se ho firmato un ricorso concordato?
No, non è possibile contestare la misura o la congruità della pena concordata, a meno che essa non sia ‘illegale’, cioè non rientri nei limiti previsti dalla legge per quel reato o sia di una specie diversa da quella prescritta.
Se accetto un concordato in appello, il giudice valuterà comunque se potevo essere assolto?
No, aderendo al ricorso concordato si rinuncia implicitamente a sollevare doglianze relative a motivi rinunciati, inclusa la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2892 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 2892 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME ( CODICE_FISCALE ) nato il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE di APPELLO di GENOVA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Ricorso trattato de plano
FATTO E DIRITTO
Con ricorso per cassazione avverso la sentenza pronunciata ex art.599 bis cod. proc. pen. nei suoi confronti, NOME COGNOME lamenta vizi e carenze motivazionali in relazione alla quantificazione della pena ed alla insussistenza di motivi di proscioglimento.
Il ricorso è inammissibile: il ricorso per cassazione contro la sentenza emessa ex art 599bis cod. proc. pen. è infatti consentito soltanto qualora vengano dedotti motivi relati alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice; non è invec consentito proporre doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione del condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, infine, a vizi attinent determinazione della pena oggetto dell’accodo processuale intercorso tra le parti purché esso non abbia dato luogo ad un vizio di illegalità della sanzione inflitta, in quanto rientrante nei limiti edittali ovvero diversa dalla quella prevista dalla legge (cfr., Sez 22022 del 10.4.2019, COGNOME; Sez. 2, n. 30990 dell’1.6.2018, Gueli). Con specific riferimento al tema della sanzione e della sua commisurazione, si è affermato altresì che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto in relazione alla misura della pena concordata, atteso che il negozio processuale liberamente stipulato dalle parti, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato, salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata. (Sez. 3, n. 19983 del 09/06/2020, COGNOME, R 279504-01; Sez. 5, n. 7333 del 13/11/2018, COGNOME, Rv. 275234- 01). In tal senso, il
v
contro
llo che la Corte di appello deve effettuare in relazione alla pena concordata è sol quello relativo alla legalità della pena perché il negozio processuale liberamente stipula dalle parti non può essere modificato dal giudice, il quale può solo accogliere o rigettare richiesta e ove l’accolga verificare la legalità della pena. Il giudice di appello non neanche valutare la congruità della pena (Sez. U, ordinanza n. 5466 del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226715-01).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3000,00 in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in R ma, il 3 novembre 2023
Il coVvsigliere rel tore GLYPH Il Presidente