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Ricorso concordato: limiti all’impugnazione in Cass.

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso presentato contro una sentenza emessa a seguito di un ricorso concordato in appello. La Corte ribadisce che, in caso di accordo sulla pena, l’impugnazione è consentita solo per vizi specifici legati alla formazione della volontà, al consenso del PM o a un’illegalità della sanzione, escludendo doglianze su motivi rinunciati come la quantificazione della pena.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Concordato: Quando è Possibile Impugnare la Sentenza in Cassazione?

L’istituto del ricorso concordato, noto anche come patteggiamento in appello, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma quali sono i limiti per un’eventuale impugnazione successiva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 2892 del 2024, chiarisce in modo netto i confini entro cui è possibile contestare una sentenza frutto di tale accordo, dichiarando inammissibile un ricorso che sollevava questioni non consentite.

I Fatti del Caso

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello sulla rideterminazione della pena, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza che ratificava tale accordo. Nello specifico, il ricorrente lamentava vizi motivazionali relativi alla quantificazione della sanzione e alla presunta mancata valutazione di motivi di proscioglimento, questioni che, di fatto, erano state superate proprio dall’accordo processuale liberamente sottoscritto.

Il Principio del Ricorso Concordato e i Suoi Limiti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la sentenza emessa a seguito di ricorso concordato (ex art. 599 bis c.p.p.) è impugnabile solo per motivi molto specifici. L’accordo tra le parti sulla pena e sui motivi d’appello crea un ‘negozio processuale’ che, una volta recepito dal giudice, non può essere rimesso in discussione unilateralmente.

L’impugnazione è ammessa esclusivamente se si contestano:

1. Vizi nella formazione della volontà: ad esempio, se il consenso dell’imputato all’accordo è stato viziato da errore, violenza o dolo.
2. Mancanza del consenso del Pubblico Ministero: se l’accordo non è stato genuinamente condiviso dalla pubblica accusa.
3. Contenuto difforme della pronuncia: se la sentenza del giudice si discosta dall’accordo raggiunto tra le parti.
4. Illegalità della pena: se la sanzione concordata e inflitta è illegale, ovvero esce dai limiti edittali previsti dalla legge per quel reato o è di una specie diversa da quella prevista.

Al di fuori di queste ipotesi, non è possibile sollevare doglianze su aspetti che si considerano implicitamente rinunciati con la stipula dell’accordo, come la valutazione delle prove, la sussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. o la congruità della pena concordata.

Le Motivazioni della Decisione

I giudici di legittimità hanno sottolineato che il controllo della Corte d’Appello sulla pena concordata è limitato alla sua legalità, non alla sua congruità. Il giudice, infatti, può solo accogliere o rigettare la richiesta di accordo, ma non può modificarla. Una volta che l’accordo viene accolto, esso diventa vincolante e cristallizzato nella sentenza.

Nel caso di specie, il ricorrente contestava proprio la quantificazione della pena e la mancata valutazione di cause di non punibilità, motivi che non rientrano tra quelli ammessi per l’impugnazione. La Cassazione ha quindi ribadito che il negozio processuale, liberamente stipulato, non può essere modificato unilateralmente, salvo l’ipotesi di una pena palesemente illegale, che qui non ricorreva. L’inammissibilità del ricorso ha comportato anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: chi sceglie la via del ricorso concordato in appello accetta di definire il processo sulla base di un accordo, rinunciando a far valere ulteriori doglianze nel merito. La possibilità di un successivo ricorso in Cassazione è un’eventualità eccezionale, circoscritta a vizi genetici dell’accordo o a palesi illegalità della pena. Questa decisione serve da monito sull’importanza di ponderare attentamente la scelta del patteggiamento in appello, essendo una via che limita fortemente le successive possibilità di impugnazione.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di accordo sulla pena in appello?
No, il ricorso è consentito solo per motivi specifici: vizi nella formazione della volontà delle parti, mancanza di consenso del PM, sentenza difforme dall’accordo o illegalità della pena applicata.

Posso contestare la quantificazione della pena se ho firmato un ricorso concordato?
No, non è possibile contestare la misura o la congruità della pena concordata, a meno che essa non sia ‘illegale’, cioè non rientri nei limiti previsti dalla legge per quel reato o sia di una specie diversa da quella prescritta.

Se accetto un concordato in appello, il giudice valuterà comunque se potevo essere assolto?
No, aderendo al ricorso concordato si rinuncia implicitamente a sollevare doglianze relative a motivi rinunciati, inclusa la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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