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Ricorso concordato in appello: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di un ‘concordato in appello’. Il ricorrente lamentava la mancata concessione della sospensione condizionale della pena, che a suo dire era parte dell’accordo. La Corte ha stabilito che i motivi di ricorso sono tassativi e non includono censure sulla determinazione della pena, a meno che questa non sia illegale. Poiché la doglianza non rientrava nei casi previsti, il ricorso è stato respinto, confermando che il ricorso concordato in appello ha limiti di impugnazione ben definiti.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Concordato in Appello: I Limiti dell’Impugnazione in Cassazione

Il ricorso concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da infliggere in secondo grado. Tuttavia, una volta che il giudice accoglie tale accordo, quali sono i limiti per un’eventuale impugnazione davanti alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente ha ribadito i confini precisi entro cui tale ricorso può essere considerato ammissibile.

I Fatti del Caso

Nel caso in esame, un imputato, tramite il proprio difensore, aveva raggiunto un accordo con il Procuratore Generale presso la Corte di Appello. L’accordo prevedeva la rideterminazione della pena in due anni di reclusione, a fronte della rinuncia agli altri motivi di impugnazione. La Corte di Appello, recependo l’accordo, emetteva una sentenza conforme a quanto pattuito.

Successivamente, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena violasse l’accordo, poiché tale beneficio era da considerarsi parte integrante della proposta di concordato.

I Limiti del Ricorso Concordato in Appello

La questione centrale affrontata dalla Corte di Cassazione riguarda l’ammissibilità del ricorso avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. La Corte ha chiarito che tale tipo di sentenza non è liberamente impugnabile. Richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale (in particolare, la sentenza n. 22002 del 2019), ha specificato che il ricorso è consentito solo in casi tassativi.

I motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di concordato in appello sono:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Mancato consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo raggiunto.
4. Illegalità della sanzione inflitta, perché non rientrante nei limiti di legge o diversa da quella prevista.

Sono invece inammissibili le doglianze relative a motivi a cui si è rinunciato, alla mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) e, soprattutto, a vizi relativi alla determinazione della pena che non si traducano in una vera e propria illegalità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione si fonda sul fatto che la censura sollevata dall’imputato, relativa alla mancata concessione della sospensione condizionale, non rientra in nessuna delle categorie di motivi ammissibili. La condanna a due anni di reclusione era pienamente conforme a quanto concordato tra le parti e verbalizzato durante l’udienza d’appello.

Secondo la Corte, la doglianza non denunciava un’illegalità della pena, ma contestava la sua determinazione concreta, aspetto che, in seguito all’accordo, non è più sindacabile in sede di legittimità. L’accordo cristallizza il trattamento sanzionatorio e l’impugnazione è possibile solo se il risultato finale è contra legem o se il processo decisionale che ha portato all’accordo è viziato.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma un principio cruciale: chi sceglie la via del ricorso concordato in appello accetta una limitazione delle successive facoltà di impugnazione. La sentenza che ne deriva è ricorribile per cassazione solo per vizi genetici dell’accordo o per palesi illegalità della pena, non per rimettere in discussione valutazioni discrezionali come la concessione di benefici, a meno che non fossero esplicitamente e inequivocabilmente parte dell’accordo formalizzato. La Corte, dichiarando l’inammissibilità, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa dopo un ‘concordato in appello’?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici e tassativi, come vizi nella formazione della volontà di accedere al concordato, un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, o l’illegalità della pena inflitta (ad esempio, se è fuori dai limiti previsti dalla legge).

La mancata concessione della sospensione condizionale della pena può essere un motivo valido per impugnare una sentenza di concordato in appello?
Secondo questa ordinanza, no. La Corte ha ritenuto che tale doglianza non rientri tra i motivi ammissibili di impugnazione, in quanto attiene alla determinazione della pena e non si traduce in una ‘illegalità’ della sanzione, a meno che non fosse stata esplicitamente inclusa nell’accordo formalizzato tra le parti.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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