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Ricorso concordato in appello: limiti e inammissibilità

Un imputato ha presentato ricorso contro una sentenza di patteggiamento in appello, sostenendo un errore nel calcolo della pena per le attenuanti generiche. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che il ricorso concordato in appello è impugnabile solo per vizi specifici e non per contestare la determinazione della pena, a meno che questa non risulti illegale. La Corte ha verificato che il calcolo della pena era conforme alla legge.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Concordato in Appello: Quando e Perché la Cassazione lo Dichiara Inammissibile

Il ricorso concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, permettendo alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, le vie per impugnare tale accordo davanti alla Corte di Cassazione sono molto strette. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce i confini di ammissibilità di tale ricorso, specificando che non ogni presunto errore nel calcolo della pena può giustificare un riesame.

I Fatti di Causa

Il caso in esame ha origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma, emessa a seguito di un concordato tra le parti. L’imputato lamentava un presunto errore di calcolo nella diminuzione della pena operata per la concessione delle attenuanti generiche. Secondo la difesa, la riduzione applicata alla pena base di 7 anni di reclusione non era corretta, configurando così un vizio della sentenza.

I Limiti del Ricorso Concordato in Appello

La Corte di Cassazione, prima di entrare nel merito della doglianza, ha richiamato il consolidato principio giurisprudenziale sui limiti dell’impugnazione di una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. In tema di ricorso concordato in appello, la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere ammissibili solo i ricorsi che deducano motivi specifici, quali:

1. Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Vizi relativi al consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Sono invece considerate inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati con l’accordo, alla mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) o a vizi nella determinazione della pena che non si traducano in una sanzione illegale, ovvero una pena non prevista dalla legge o al di fuori dei limiti edittali.

La Decisione della Corte di Cassazione

Applicando questi principi al caso concreto, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno proceduto a una verifica del calcolo contestato, rilevando che, di fatto, non sussisteva alcun errore. La pena base di 7 anni di reclusione era stata ridotta a 6 anni e 5 mesi per effetto delle attenuanti generiche. Questa riduzione rientra pienamente nello schema legale previsto dagli articoli 62-bis e 65 del codice penale, che consentono una diminuzione della pena fino a un terzo. Poiché la riduzione applicata era ben al di sotto di tale limite massimo, la pena concordata e ratificata dal giudice d’appello non presentava alcun profilo di illegalità.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla natura stessa del concordato in appello, che è un accordo processuale con cui le parti rinunciano a specifici motivi di gravame in cambio di una pena certa e ridotta. Consentire un ricorso per cassazione per contestare aspetti della determinazione della pena che le parti stesse hanno accettato, a meno che non si tratti di una palese illegalità, snaturerebbe l’istituto. L’errore lamentato dal ricorrente non era un ‘errore di diritto’ che rendeva la pena illegale, ma, al più, una diversa valutazione quantitativa che, peraltro, nel caso specifico si è rivelata infondata. La Cassazione ha quindi ribadito che il suo sindacato sul concordato è limitato alla legalità della pena e alla corretta formazione del consenso, non potendo estendersi a una rivalutazione nel merito del trattamento sanzionatorio concordato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma la linea rigorosa della giurisprudenza sui limiti di impugnabilità delle sentenze di patteggiamento in appello. Per gli operatori del diritto, emerge la chiara indicazione che l’adesione a un concordato deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché le possibilità di rimettere in discussione l’accordo in sede di legittimità sono molto ristrette. L’unico spiraglio per un ricorso efficace risiede nella dimostrazione di un vizio genetico dell’accordo o di una palese illegalità della pena finale, escludendo contestazioni sulla mera entità della riduzione concordata, se questa rientra nei limiti di legge.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.)?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà delle parti, nel consenso del pubblico ministero, se la sentenza del giudice si discosta dall’accordo o se la pena applicata è illegale.

Un presunto errore nel calcolo della riduzione della pena può essere motivo di ricorso?
No, a meno che l’errore non renda la sanzione inflitta ‘illegale’, cioè diversa da quella prevista dalla legge o al di fuori dei limiti edittali. Se la pena finale, pur diversamente calcolata, rimane entro i limiti legali, il ricorso è inammissibile.

Perché il ricorso nel caso specifico è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte ha verificato che non sussisteva alcun errore di calcolo. La riduzione della pena per le attenuanti generiche era conforme alla legge, che permette una diminuzione fino a un terzo, rendendo la doglianza del ricorrente infondata e la pena del tutto legale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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