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Ricorso concordato in appello: limiti all’impugnazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di appello che aveva rideterminato la pena sulla base di un accordo. Il motivo centrale della decisione risiede nel fatto che il ricorso concordato in appello, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., implica la rinuncia ai motivi di impugnazione. Di conseguenza, non è possibile contestare in Cassazione la mancata valutazione di cause di non punibilità, come quelle previste dall’art. 129 c.p.p., poiché si tratta di un motivo a cui si è rinunciato.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Concordato in Appello: La Cassazione Fissa i Paletti sull’Inammissibilità

L’istituto del ricorso concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma nasconde insidie per chi non ne comprende appieno i limiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini dell’impugnabilità delle sentenze emesse a seguito di tale accordo, chiarendo perché certi motivi di ricorso sono destinati a essere dichiarati inammissibili.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per un reato in materia di sostanze stupefacenti. In secondo grado, la Corte d’Appello, su accordo delle parti, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, rideterminando la pena. Nonostante l’accordo, l’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione. La doglianza principale verteva sulla presunta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata valutazione di una causa di non punibilità, come previsto dall’art. 129 c.p.p., che impone al giudice di prosciogliere l’imputato in ogni stato e grado del processo se ne ricorrono le condizioni.

Analisi del Ricorso Concordato in Appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per delineare con precisione la fisionomia e i limiti del ricorso concordato in appello. I giudici hanno sottolineato una differenza fondamentale rispetto al patteggiamento in primo grado (art. 444 c.p.p.).

Mentre nel patteggiamento l’accordo abbraccia l’intera accusa, lasciando aperta la possibilità di ricorrere in Cassazione per questioni di qualificazione giuridica, nel concordato in appello l’accordo si fonda su un presupposto diverso: la rinuncia ai motivi di impugnazione. Questo significa che l’imputato, accettando l’accordo, rinuncia a contestare la propria responsabilità e la qualificazione giuridica del fatto così come stabilita nella sentenza di primo grado. L’accordo si concentra unicamente sulla quantificazione della pena.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha stabilito che l’impugnazione di una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo per un novero ristrettissimo di motivi. Questi includono vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, o al caso in cui la pronuncia del giudice sia difforme rispetto ai termini dell’accordo raggiunto. Sono, invece, inammissibili tutte le doglianze relative a motivi rinunciati. Tra questi rientra a pieno titolo la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. Poiché l’accordo implica l’accettazione della responsabilità, non è più possibile, in una fase successiva, chiedere al giudice di valutare se esistessero i presupposti per un proscioglimento. L’unica ipotesi in cui la Corte di Cassazione può intervenire d’ufficio, indipendentemente dai motivi proposti, è quella della pena illegale, ovvero una sanzione non prevista dalla legge o applicata fuori dai limiti edittali.

Le Conclusioni

La decisione in commento ha importanti implicazioni pratiche. Chi sceglie la via del ricorso concordato in appello deve essere pienamente consapevole che sta compiendo una scelta quasi definitiva. Si tratta di un baratto processuale: si ottiene una riduzione certa della pena in cambio della quasi totale preclusione di ulteriori vie di impugnazione. Proporre un ricorso per Cassazione basato su motivi a cui si è implicitamente rinunciato non solo è un’azione destinata al fallimento, ma comporta anche conseguenze economiche. Come nel caso di specie, l’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, a causa dell’evidente colpa nell’aver intrapreso un’azione giudiziaria priva di fondamento.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa con “ricorso concordato in appello” per mancata applicazione di una causa di non punibilità?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale motivo di ricorso è inammissibile. L’accordo in appello si basa sulla rinuncia ai motivi di impugnazione, inclusi quelli relativi alla valutazione delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.

Quali sono gli unici motivi validi per un ricorso contro una sentenza di “ricorso concordato in appello”?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi che riguardano la formazione della volontà di accedere all’accordo, il consenso del pubblico ministero, o se la sentenza del giudice è diversa dall’accordo stesso. L’unica ulteriore ipotesi è l’applicazione di una pena illegale.

Qual è la differenza tra il “ricorso concordato in appello” e il patteggiamento in primo grado?
Nel “ricorso concordato in appello”, l’accordo si basa sulla rinuncia ai motivi di impugnazione, precludendo contestazioni su responsabilità e qualificazione giuridica del fatto. Nel patteggiamento, invece, l’accordo riguarda i termini dell’accusa e permette un ricorso in Cassazione anche sulla qualificazione giuridica, rendendo le ipotesi di annullamento più ampie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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