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Ricorso concordato in appello: i limiti del riesame

Due imputati, dopo aver ottenuto una riduzione di pena tramite un “ricorso concordato in appello” per associazione di tipo mafioso, hanno presentato ricorso in Cassazione contestando la motivazione sulla quantificazione della sanzione. La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ribadendo che l’impugnazione contro una sentenza di questo tipo è permessa solo per vizi specifici legati alla formazione dell’accordo, e non per rimettere in discussione la determinazione della pena.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Concordato in Appello: Quando l’Impugnazione è Inammissibile

L’istituto del ricorso concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, rappresenta uno strumento fondamentale per la deflazione del carico giudiziario, ma quali sono i limiti per impugnare la sentenza che ne deriva? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili di tale impugnazione, dichiarando inammissibili i ricorsi volti a contestare la motivazione sulla determinazione della pena.

I Fatti del Caso: Dall’Accordo in Appello al Ricorso in Cassazione

Due imputati si erano visti riformare parzialmente in appello la sentenza di primo grado. Grazie a un accordo con la pubblica accusa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., erano stati assolti dall’accusa di estorsione e avevano ottenuto una rideterminazione più favorevole (in mitius) della pena per il reato di associazione di tipo mafioso.
Nonostante l’accordo raggiunto, i due decidevano di presentare ricorso per Cassazione, lamentando vizi nella motivazione della sentenza d’appello proprio in merito alla quantificazione della sanzione penale.

La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorsi Inammissibili

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza: la sentenza emessa a seguito di un ricorso concordato in appello gode di una stabilità particolare, e le possibilità di impugnarla sono estremamente limitate. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di 4.000 euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: I Limiti del Ricorso Concordato in Appello

Il cuore della pronuncia risiede nella rigorosa interpretazione dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Corte ha chiarito che il ricorso in Cassazione avverso una sentenza di ‘patteggiamento in appello’ è consentito solo per motivi specifici e tassativi. In particolare, è possibile contestare:

1. Vizi nella formazione della volontà: Se la parte dimostra che il suo consenso all’accordo era viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Vizi nel consenso del Pubblico Ministero: Qualora emergano irregolarità nell’adesione della pubblica accusa all’accordo.
3. Contenuto difforme della pronuncia: Se la sentenza del giudice si discosta da quanto pattuito tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, l’impugnazione è preclusa. Sono inammissibili, come nel caso di specie, le censure relative a motivi a cui si è implicitamente rinunciato con l’accordo, come la valutazione delle condizioni per un proscioglimento più ampio (ex art. 129 c.p.p.) o, appunto, i vizi di motivazione sulla determinazione della pena, a meno che non si traducano in una sanzione palesemente illegale.

I giudici hanno sottolineato che i ricorsi presentati muovevano proprio da censure non consentite, ovvero la critica alla motivazione sulla quantificazione della pena, rendendoli manifestamente infondati e, quindi, inammissibili.

Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione

Questa ordinanza rafforza il principio di auto-responsabilità delle parti processuali che scelgono la via del concordato. Chi accede a tale istituto accetta implicitamente la pena concordata, rinunciando alla possibilità di contestarne successivamente la congruità in sede di legittimità. La decisione serve da monito: un ricorso basato su motivi non ammessi dalla legge non solo non verrà esaminato nel merito, ma comporterà anche sanzioni economiche per il ricorrente. L’evidente inammissibilità dell’impugnazione, infatti, viene interpretata come un profilo di colpa, giustificando la condanna al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.

È sempre possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di “concordato in appello”?
No, non è sempre possibile. L’ordinanza chiarisce che il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà di accordo, nel consenso del pubblico ministero, o se la sentenza si discosta dall’accordo. Non è ammesso per contestare la motivazione sulla determinazione della pena.

Per quale motivo i ricorsi presentati in questo caso sono stati dichiarati inammissibili?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché contestavano la motivazione relativa alla determinazione della pena, un motivo che la legge non consente per impugnare una sentenza frutto di concordato in appello.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile in Cassazione?
La parte che presenta un ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 4.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver intrapreso un’impugnazione palesemente infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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