Ricorso concordato appello: i limiti dell’impugnazione in Cassazione
Il ricorso concordato appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo con cui imputato e pubblico ministero possono accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, una volta raggiunto tale accordo e ottenuta la sentenza, le possibilità di impugnarla ulteriormente sono estremamente limitate. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto i confini di questa impugnazione, dichiarando inammissibile un ricorso basato su motivi di merito.
I Fatti del Caso
Nel caso in esame, un individuo era stato condannato per un reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990 (reati in materia di stupefacenti di lieve entità) a otto mesi di reclusione e 1333,00 euro di multa. Questa condanna era il risultato di un ‘patteggiamento in appello’.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, sollevando due questioni:
1. La manifesta illogicità della motivazione della sentenza riguardo alla certezza della prova, che a suo dire avrebbe dovuto portare a un’assoluzione.
2. La mancata applicazione dell’assoluzione per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso concordato appello
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neanche entrare nel merito delle questioni sollevate. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su una regola procedurale molto precisa che governa l’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di un ricorso concordato appello.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Respinto
La Corte ha spiegato che le uniche doglianze ammissibili contro una sentenza frutto di un concordato in appello sono tassativamente elencate e non includono critiche sulla valutazione delle prove o sul merito della colpevolezza. I soli motivi validi per impugnare sono:
* Vizi della volontà: Se il consenso dell’imputato all’accordo non è stato espresso liberamente e consapevolmente.
* Mancato consenso del pubblico ministero: Se l’accordo è stato ratificato senza il necessario assenso della pubblica accusa.
* Contenuto difforme: Se la sentenza finale si discosta da quanto pattuito nell’accordo.
* Applicazione di una pena illegale: Se la pena concordata e applicata è contraria alla legge.
I motivi presentati dal ricorrente – illogicità della motivazione e mancata assoluzione – sono critiche di merito che mettono in discussione la colpevolezza stessa. Tali questioni, tuttavia, vengono superate proprio dall’accordo tra le parti. Accettando il concordato, l’imputato di fatto rinuncia a contestare il merito dell’accusa in cambio di una pena certa e ridotta. Pertanto, il suo ricorso è stato ritenuto privo dei requisiti di legge per essere esaminato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: il patteggiamento in appello è un accordo che cristallizza la situazione processuale sul merito. Chi sceglie questa strada deve essere consapevole che le possibilità di un’ulteriore impugnazione sono quasi nulle, salvo la presenza di gravi vizi procedurali. Presentare un ricorso basato su motivi non consentiti si traduce non solo in un’inevitabile dichiarazione di inammissibilità, ma anche in una condanna economica significativa. La decisione serve da monito: prima di accettare un concordato, è essenziale una valutazione approfondita con il proprio difensore dei pro e dei contro, poiché la strada per rimettere in discussione la colpevolezza sarà, di fatto, preclusa.
È possibile impugnare una sentenza di ‘patteggiamento in appello’ per motivi che riguardano la valutazione delle prove o la colpevolezza?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso è inammissibile se si basa su tali motivi, poiché l’accordo sul rito preclude il riesame del merito.
Quali sono gli unici motivi validi per ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
I soli motivi ammessi riguardano eventuali vizi della volontà della parte nell’accedere all’accordo, il mancato consenso del pubblico ministero, un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo o l’applicazione di una pena illegale.
Cosa comporta la presentazione di un ricorso inammissibile contro una sentenza di concordato in appello?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, equitativamente fissata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende (nel caso specifico, 3.000,00 euro).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11126 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11126 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 22/01/2001
avverso la sentenza del 10/07/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME – condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, a mesi otto di reclusione e 1333,00 euro di multa – ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen. lamentando: 1) la manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla certezza della prova e la conseguente mancata assoluzione ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen.; 2) l’inosservanza dell’art. 131-bis cod. pen., con riguardo alla mancata assoluzione per particolare tenuità del fatto.
Considerato che il ricorso è inammissibile, in quanto le uniche doglianze proponibili contro una sentenza emanata all’esito del concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen. sono quelle relative ad eventuali vizi della sentenza rispetto alla volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta, al contenuto difforme della pronuncia e all’applicazione della pena illegale;
che, dunque, lo stesso deve essere dichiarato inammissibile senza formalità di procedura ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.;
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen:, l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2024.