Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31819 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31819 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Torino nel procedimento a carico di NOME COGNOME, nato a Castellamonte (To)DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 20/3/2024 del Tribunale del riesame di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20/3/2024, il Tribunale del riesame di Torino annullava il decreto di sequestro-preventivo emesso il 26/2/2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunaiq di Ivrea nei confronti di NOME COGNOME, indagato per i reati di cui agli artt. 734 cod. pen., 181, d. Igs. 22 gennaio 2004, n. 42, 6, commi 2 e 3, d. Igs. 30 ottobre 2014, n. 178.
Propone ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Torino, deducendo i seguenti motivi:
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. Il Tribunale avrebbe ritenuto eccessivamente formalistica l’impostazione del Pubblico Ministero procedente, assumendo non essere implausibile che l’errata indicazione dei mappali fosse dovuta ad un errore del tecnico incaricato dall’indagato. Questa considerazione sarebbe, tuttavia, sbagliata, in quanto la comunicazione semplice presentata per conto del NOME (in luogo della richiesta di autorizzazione) non riguarderebbe tutti i mappali poi coinvolti dal taglio del bosco. La questione, pertanto, non si tradurrebbe in un mero formalismo, attenendo ad una disciplina che, nel prevedere una forma amministrativa semplificata, ne richiede comunque il rispetto;
la stessa censura è poi mossa all’ordinanza nella parte in cui sostiene che la mancata disponibilità dei terreni oggetto di taglio non sarebbe in grado di inficiare sostanzialmente la procedura semplificata. Contro questa impostazione, il ricorrente evidenzia che l’indagato non sarebbe mai stato titolare di alcunché, né vanterebbe alcun titolo con riguardo ai terreni interessati dal taglio, così che non avrebbe mai potuto ottenere nessuna autorizzazione. Quanto, poi, al rapporto di fratellanza di cui parla il Tribunale, questo non avrebbe trovato alcun riscontro; con la precisazione, peraltro, che neppure il fratello risulterebbe proprietario degli stessi terreni, a lui concessi in affitto senza possibilità di subaffittare o cedere ad alcun titolo.
Il difensore dell’indagato ha depositato memoria, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione risulta manifestamente infondata.
Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in ludicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (per tutte, Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Mannolo, Rv. 285608).
Tanto premesso, l’ordinanza impugnata non appare viziata in questi termini, né, peraltro, il ricorrente deduce una carenza assoluta di motivazione o la mera apparenza di questa, contestando, piuttosto, il merito degli argomenti spesi dal Tribunale del riesame, evidentemente non condivisi. In particolare, quanto al primo motivo, il riferimento al contenuto non corretto della comunicazione fornita;
la necessità che la relativa procedura sia seguita quanto a completezza e veridicità; il carattere non meramente formale di tali indicazioni; ebbene, tutti questi argomenti – al dE là della loro eventuale fondatezza – esprimono una censura al merito del provvedimento impugnato, ne contestano i passaggi logici, così, tuttavia, ponendosi al di fuori dei rigorosi ambiti dell’art. 325 cod. proc. pen. appena richiamati. Analogamente, quanto al secondo motivo di ricorso, si contesta la motivazione dell’ordinanza con riguardo a specifirci profili della procedura autorizzativa, sul presupposto che l’indagato non sarebbe mai stato titolare dei terreni in questione, non avrebbe mai avuto alcun titolo sugli stessi, né disponibilità, così da non poter ottenere alcun provvedimento amministrativo; quanto evidenziato, tuttavia, si traduce ancora in un argomento di puro merito inammissibile in questa sede cautelare reale, così come il richiamo critico al rapporto di fratellanza citato dal Tribunale, del quale si afferma l’assenza di riscontri. Ancora di solo fatto, e dunque non consentita, è infine l’affermazione del ricorrente secondo cui neppure il fratello dell’indagato avrebbe la proprietà dei terreni, disponendo soltanto di una concessione in affitto, peraltro senza possibilità di subaffittare.
6. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2024
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