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Ricorso cassazione personale: l’avvocato è obbligatorio

Un cittadino presenta un ricorso cassazione personale contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. La Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile, poiché la legge, dopo la riforma del 2017 (L. 103/2017), impone l’obbligatoria assistenza di un avvocato iscritto all’albo speciale, eliminando la possibilità per la parte di agire personalmente. La Corte condanna il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Cassazione Personale: Perché è Necessario un Avvocato

Presentare un ricorso cassazione personale, ovvero agire direttamente davanti alla Suprema Corte senza l’assistenza di un legale, è una pratica non più consentita nel nostro ordinamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza questo principio, chiarendo le conseguenze per chi tenta di agire in autonomia. L’intervento normativo del 2017 ha infatti reso obbligatoria la difesa tecnica, una regola che ha importanti implicazioni per chiunque voglia adire il massimo organo di giustizia.

I Fatti del Caso: Un Ricorso Presentato Senza Difensore

Il caso analizzato trae origine dalla decisione di un individuo di impugnare personalmente un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza. Senza avvalersi di un avvocato, il soggetto ha presentato direttamente il proprio ricorso alla Corte di Cassazione, confidando nella possibilità di far valere le proprie ragioni in autonomia. Questo atto, tuttavia, si è scontrato con una precisa e invalicabile norma procedurale.

La Riforma e l’Inammissibilità del Ricorso Cassazione Personale

Il punto cruciale della vicenda risiede nella modifica legislativa introdotta dalla Legge n. 103 del 23 giugno 2017. Nello specifico, l’articolo 1, comma 63, di tale legge ha emendato l’articolo 613 del codice di procedura penale. È stata soppressa la frase «salvo che la parte non vi provveda personalmente», che in precedenza consentiva, in via eccezionale, la presentazione diretta del ricorso.

Con questa modifica, il legislatore ha stabilito un requisito non derogabile: il ricorso in Cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti davanti alle giurisdizioni superiori. Di conseguenza, il ricorso presentato personalmente dal cittadino, essendo successivo all’entrata in vigore della riforma, è stato immediatamente ritenuto inammissibile dalla Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte Suprema, senza necessità di particolari formalità procedurali, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso. Ma le conseguenze per il ricorrente non si sono fermate qui. Oltre alla mancata disamina nel merito delle sue istanze, è stato condannato al pagamento delle spese processuali. In aggiunta, è stata disposta una sanzione pecuniaria di tremila euro da versare alla Cassa delle ammende, a causa della “colpa connessa all’irritualità dell’impugnazione”, ovvero per aver avviato un procedimento giudiziario senza rispettare le regole procedurali fondamentali.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione sulla chiara lettera della legge, ma ha anche colto l’occasione per ribadire la legittimità costituzionale di tale norma. Richiamando una precedente e autorevole pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza n. 8914 del 2018), i giudici hanno spiegato che l’obbligo di difesa tecnica non lede i diritti del cittadino, né viola la Costituzione o la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

La motivazione risiede nell’elevato livello di specializzazione tecnica richiesto per il giudizio in Cassazione. Questo non è un terzo grado di merito dove si riesaminano i fatti, ma un giudizio di legittimità, focalizzato sulla corretta applicazione delle norme di diritto. Pertanto, la scelta del legislatore di richiedere l’assistenza di un professionista qualificato è considerata una scelta ragionevole e discrezionale, finalizzata a garantire l’efficienza e la correttezza del processo davanti alla Suprema Corte.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame lancia un messaggio inequivocabile: chiunque intenda presentare un ricorso alla Corte di Cassazione deve obbligatoriamente rivolgersi a un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. Il tentativo di agire personalmente non solo è destinato al fallimento, con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, ma comporta anche significative conseguenze economiche, tra spese processuali e sanzioni pecuniarie. Questa regola serve a tutelare la funzione stessa della Corte di Cassazione, garantendo che le questioni portate al suo esame siano formulate con il necessario rigore tecnico-giuridico.

È possibile presentare un ricorso per cassazione personalmente, senza un avvocato?
No. A seguito della modifica dell’art. 613 cod. proc. pen. introdotta dalla legge n. 103 del 2017, il ricorso per cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale, a pena di inammissibilità.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene presentato personalmente?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina il merito della questione. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a titolo di sanzione a favore della Cassa delle ammende.

La norma che obbliga ad avere un avvocato per il ricorso in cassazione è costituzionale?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando una propria precedente decisione a Sezioni Unite, ha affermato che tale obbligo è legittimo e non viola la Costituzione o la CEDU, in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore richiedere una rappresentanza tecnica qualificata per un giudizio di alta specializzazione come quello di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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