Ricorso Cassazione Personale: La Necessità dell’Avvocato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso Cassazione personale non è più ammissibile. Dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 103 del 2017, per impugnare un provvedimento davanti alla Suprema Corte è indispensabile l’assistenza di un difensore abilitato. Analizziamo il caso che ha portato a questa chiara presa di posizione.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Permesso Premio
La vicenda trae origine dalla richiesta di un permesso premio avanzata da un detenuto. Il Tribunale di Sorveglianza di Reggio Calabria respingeva la sua istanza. Non condividendo la decisione, il detenuto decideva di agire in autonomia, proponendo personalmente ricorso per Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. Egli chiedeva l’annullamento del provvedimento e il rilascio del permesso, riservandosi di far depositare motivi aggiuntivi dai suoi difensori, motivi che, tuttavia, non sono mai stati presentati.
La Decisione della Cassazione: Un Ricorso Personale Inammissibile
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha risolto il caso con una procedura accelerata, detta ‘de plano’, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito della richiesta di permesso premio, ma si ferma a una questione preliminare e insuperabile: il ricorrente non aveva la legittimazione per presentare l’atto personalmente. Questa pronuncia conferma la rigidità delle regole procedurali per l’accesso al giudizio di legittimità.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione dell’ordinanza è netta e si fonda su un’interpretazione rigorosa delle norme procedurali, in particolare dell’articolo 613 del codice di procedura penale.
Il Difetto di Legittimazione del Ricorrente
Il cuore della decisione risiede nella violazione dell’art. 613, comma 1, del codice di procedura penale. Questa norma, come modificata dalla legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta ‘Riforma Orlando’), stabilisce che il ricorso in Cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori. Il ricorrente, avendo presentato l’impugnazione personalmente, ha agito senza la necessaria rappresentanza tecnica. La Corte ha sottolineato che questa regola si applica a tutti i ricorsi proposti dopo l’entrata in vigore della novella legislativa, come nel caso di specie.
Le Conseguenze dell’Inammissibilità
L’inammissibilità del ricorso non è priva di conseguenze per il ricorrente. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte lo ha condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, non ravvisando elementi che potessero escludere una sua colpa nella presentazione di un ricorso inammissibile, lo ha condannato anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi privi dei requisiti di legge, che congestionano inutilmente il lavoro della Suprema Corte.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame è un monito importante: nel processo penale, e in particolare nel giudizio di legittimità, il ‘fai da te’ non è consentito. La complessità delle questioni trattate dalla Corte di Cassazione e la specificità delle sue funzioni richiedono obbligatoriamente il filtro e la competenza di un avvocato specializzato. Per chiunque intenda contestare una decisione e portarla all’attenzione della Suprema Corte, è quindi imprescindibile affidarsi a un difensore abilitato, al fine di evitare una declaratoria di inammissibilità e le conseguenti sanzioni economiche.
Un detenuto può presentare personalmente un ricorso in Cassazione?
No. Secondo l’ordinanza, in base all’art. 613, comma 1, cod. proc. pen. come modificato nel 2017, il ricorso in Cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. Un ricorso presentato personalmente è inammissibile.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito dall’art. 616 cod. proc. pen., la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi che escludano la sua colpa, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
La regola della difesa tecnica obbligatoria in Cassazione si applica anche a materie come i permessi premio?
Sì. L’ordinanza non fa distinzioni basate sulla materia del contendere. La regola procedurale che impone l’assistenza di un difensore specializzato si applica a tutti i ricorsi per Cassazione in materia penale, inclusi quelli contro le decisioni del Tribunale di Sorveglianza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23311 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23311 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di REGGIO CALABRIA
dato avv o alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il provvedimento impugNOME il Tribunale di Sorveglianza di Reggio Calabria ha respinto il reclamo in materia di permesso premio avanzato da NOME COGNOME.
Ricorre personalmente NOME COGNOME, chiedendo il rilascio del permesso premio richiesto, e riservando motivi aggiunti da parte dei difensori; motivi che non risultano essere stati depositati.
Il ricorso può essere trattato nelle forme «de plano», ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. – come modificato dalla legge n. 103 del 2017 -, trattandosi di impugnazione che deve essere dichiarata inammissibile per difetto di legittimazione del ricorrente, il quale ha proposto il ricorso personalmente, dopo l’entrata in vigore della novella e nei confronti di un provvedimento emesso sotto il vigore di essa, in violazione dell’art. 613, comma 1, cod. proc. pen.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 23/05/2024