Ricorso Cassazione Personale: La Cassazione Ribadisce l’Inammissibilità
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha confermato un principio fondamentale della procedura penale post-Riforma Orlando: l’impossibilità per l’imputato o il condannato di presentare un ricorso cassazione personale. Questa decisione sottolinea l’importanza del ruolo del difensore tecnico specializzato nel giudizio di legittimità, escludendo l’iniziativa processuale diretta della parte. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dalla decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma, che aveva respinto il reclamo di un detenuto avverso il decreto ministeriale di proroga del regime detentivo speciale previsto dall’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario. Sentendosi leso nei suoi diritti, il condannato ha deciso di impugnare tale provvedimento, proponendo personalmente, con un atto a sua firma, ricorso presso la Corte di Cassazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso cassazione personale
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile de plano, ovvero senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate dal ricorrente. La decisione si basa su una chiara preclusione normativa: l’atto era stato presentato personalmente dal condannato e non, come richiesto dalla legge, da un avvocato iscritto all’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della motivazione risiede nell’impatto della legge n. 103 del 2017, meglio nota come Riforma Orlando. Questa legge ha modificato in modo sostanziale le regole per l’accesso al giudizio di cassazione. Specificamente, gli articoli 571 e 613 del codice di procedura penale, come novellati dalla riforma, stabiliscono in modo inequivocabile che il ricorso per cassazione debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore abilitato.
La Corte ha ricordato che, con l’entrata in vigore di tale normativa, è stata definitivamente eliminata la facoltà dell’imputato (e, di conseguenza, del condannato) di proporre personalmente l’impugnazione di legittimità. Questo principio era già stato consolidato da una precedente e autorevole pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza Aiello del 2017). L’inammissibilità, in questi casi, è talmente evidente da poter essere dichiarata con una procedura semplificata, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, cod.proc.pen., introdotto dalla stessa Riforma Orlando.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame funge da importante promemoria sulle attuali regole procedurali. Chiunque intenda portare una questione davanti alla Corte di Cassazione in ambito penale deve necessariamente avvalersi di un avvocato cassazionista. Il fai-da-te processuale è escluso per legge. Questa scelta legislativa mira a garantire un filtro tecnico qualificato, assicurando che i ricorsi presentati alla Suprema Corte posseggano un livello adeguato di specificità e tecnicismo giuridico, evitando di ingolfare la Corte con impugnazioni prive dei requisiti minimi di ammissibilità. Per i cittadini, ciò si traduce nella necessità assoluta di affidarsi a professionisti specializzati per la difesa dei propri diritti nel più alto grado di giudizio.
È possibile per un condannato presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No, in seguito alla Riforma Orlando (legge n. 103 del 2017), il ricorso per cassazione in materia penale deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione, pena l’inammissibilità.
Qual è la conseguenza di un ricorso presentato personalmente dal condannato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile ‘de plano’, cioè con una procedura semplificata e senza che la Corte esamini le questioni di merito sollevate, proprio a causa della mancanza di un requisito formale essenziale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, in assenza di elementi che escludano una sua colpa, al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34868 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34868 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
(dato avviso allé -07 i ti, udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 7 marzo 2024 il Tribunale db Sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo introdotto da COGNOME NOME avverso il Decret Ministeriale di proroga del regime differenziato di cui all’art. 41 bis ord.pen.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, con at personale, COGNOME NOME.
Sia il provvedimento impugnato che il ricorso sono posteriori alla dat entrata in vigore della legge n.103 del 2017, con cui si è esclusa la f dell’ imputato (e quindi anche del condannato) di proporre personalmen ricorso per cassazione, prevedendosi che esso deve essere – in ogni cas sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo della Corte di Cassazione (artt. 571 comma 1, e 613 comma 1, cod.proc.pen.; Sez. U. 21.12.2017, Aiello).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell’art. 610 comma 5bis cod.proc.pen., introdotto dalla medesima legge n.103 del 2017.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elemen atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibi al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
Così deciso in data 20 giugno 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente