Ricorso per Cassazione Patteggiamento: Quando è Ammesso?
Il ricorso per cassazione patteggiamento rappresenta una delle questioni più delicate della procedura penale, poiché bilancia l’esigenza di deflazione del carico giudiziario con il diritto di difesa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 18757 del 2024, offre un chiaro promemoria sui limiti stringenti imposti dal legislatore a questo tipo di impugnazione, confermando un orientamento ormai consolidato.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta (comunemente nota come patteggiamento) emessa dal GIP del Tribunale di Velletri. L’imputato lamentava, in sostanza, che il giudice di merito non avesse adeguatamente motivato in merito all’insussistenza di cause che avrebbero potuto portare a un suo proscioglimento immediato, come previsto dalla legge.
I Limiti Normativi del Ricorso per Cassazione Patteggiamento
Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta per limitare le impugnazioni meramente dilatorie, elenca in modo tassativo i motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Questi motivi sono:
* Vizi nella formazione della volontà: Problemi legati all’espressione del consenso dell’imputato all’accordo.
* Difetto di correlazione: Mancanza di corrispondenza tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
* Errata qualificazione giuridica: Errore del giudice nel qualificare il fatto come un determinato reato anziché un altro.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza: Applicazione di una sanzione non conforme alla legge o in misura illegale.
Qualsiasi motivo di ricorso che non rientri in questo elenco chiuso è, per definizione, inammissibile.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile. I giudici hanno sottolineato come il motivo addotto dal ricorrente – la presunta mancanza di motivazione sull’assenza di cause di proscioglimento – non sia compreso tra quelli previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La Corte ha evidenziato che le doglianze del ricorrente non rientravano in nessuna delle categorie ammesse, nemmeno in quella dell’illegalità della pena. Di conseguenza, il ricorso è stato proposto per motivi non consentiti dalla legge.
La decisione riafferma la natura del patteggiamento come un accordo tra le parti processuali, la cui stabilità è garantita da un sistema di impugnazioni limitato. Una volta che l’imputato accetta la pena concordata, la sua possibilità di contestare la decisione è circoscritta a vizi specifici e gravi, escludendo una rivalutazione del merito della vicenda.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ha importanti implicazioni pratiche. Anzitutto, ribadisce che la scelta di accedere al rito del patteggiamento deve essere ponderata attentamente, poiché comporta una significativa rinuncia al diritto di impugnare la sentenza nel merito. In secondo luogo, chiarisce che tentare di aggirare i limiti imposti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. con motivi di ricorso non previsti, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Tale esito comporta non solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, non è possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita i motivi di ricorso a specifiche violazioni, come problemi nell’espressione della volontà dell’imputato, un’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena.
La mancata motivazione sulla non sussistenza di cause di proscioglimento è un motivo valido per ricorrere contro un patteggiamento?
No. Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione in questa ordinanza, tale motivo non rientra nell’elenco tassativo dei motivi consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta.
Cosa succede se il ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di declaratoria di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18757 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18757 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COLLEFERRO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/10/2023 del GIP TRIBUNALE di VELLETRI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto da NOME COGNOME nei confronti della sentenza di applicazione della pena su richiesta pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Velletri il 17/10/2023 è manifestamente infondato, in quanto con esso si deduce la mancanza di motivazione circa l’insussistenza di cause di proscioglimento, mentre attualmente, secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen., il pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erron qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicur evenienze neppure prospettate dal ricorrente, con la conseguente manifesta infondatezza del suo ricorso, proposto per motivi non consentiti avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta.
Rilevato che alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 marzo 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente