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Ricorso cassazione patteggiamento: i motivi ammessi

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso proposto contro una sentenza di patteggiamento (applicazione della pena su richiesta). La Corte ha stabilito che i motivi dell’appello, relativi alla motivazione sul trattamento sanzionatorio, non rientrano tra quelli tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Di conseguenza, il ricorso cassazione patteggiamento è stato respinto con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Cassazione Patteggiamento: Quando l’Appello è Inammissibile

Il ricorso cassazione patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale con confini ben definiti. L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un rito premiale che consente di definire rapidamente il processo, ma che limita fortemente le possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con chiarezza quali sono i motivi per cui è possibile ricorrere e quali sono le conseguenze di un’impugnazione che non rispetta tali limiti.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla decisione di due imputati di impugnare, tramite un unico atto, la sentenza di patteggiamento emessa nei loro confronti dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Reggio Calabria. Gli imputati avevano concordato la pena con il Pubblico Ministero per i reati loro ascritti, ma successivamente hanno deciso di presentare ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, contestando aspetti della decisione del giudice.

I Motivi del Ricorso e i Limiti Imposti dalla Legge

I ricorrenti hanno basato la loro impugnazione su censure relative alla mancata motivazione del giudice in merito al trattamento sanzionatorio applicato e all’esclusione di una circostanza aggravante (la recidiva). Tuttavia, la legge pone paletti molto rigidi per questo tipo di ricorso.

L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, stabilisce che il ricorso cassazione patteggiamento è consentito soltanto per motivi specifici:

1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Mancata correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza emessa dal giudice.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

Le critiche sollevate dai ricorrenti, riguardanti la valutazione del giudice sulla pena, non rientrano in nessuna di queste categorie. Si tratta di censure sul merito della decisione, che il patteggiamento mira proprio a escludere dalla discussione processuale successiva.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso Cassazione Patteggiamento

La Corte di Cassazione, analizzando il ricorso, ha prontamente rilevato che i motivi addotti non erano tra quelli ammessi dalla legge. Di conseguenza, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso con un’ordinanza de plano, ovvero senza necessità di un’udienza pubblica, come previsto dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale per i casi di manifesta inammissibilità.

La decisione ha comportato due importanti conseguenze per i ricorrenti, in applicazione dell’art. 616 c.p.p.:

– La condanna al pagamento delle spese processuali.
– La condanna al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa evidente nel proporre un’impugnazione priva dei presupposti di legge.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla natura stessa del patteggiamento. Questo rito si basa su un accordo tra accusa e difesa che, una volta ratificato dal giudice, acquisisce una stabilità quasi definitiva. Permettere impugnazioni basate su motivi di merito, come la valutazione della congruità della pena, snaturerebbe l’istituto, trasformandolo in una semplice tappa processuale anziché in una sua definizione. La legge, pertanto, limita il controllo della Cassazione alla sola legalità dell’accordo e della sentenza, non all’opportunità delle scelte sanzionatorie che sono state oggetto dell’accordo stesso. La Corte ha sottolineato che le censure dei ricorrenti erano “non deducibili”, rafforzando il principio della tassatività dei motivi di ricorso.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato e funge da monito: il patteggiamento è una scelta processuale che comporta benefici ma anche rinunce, prima fra tutte quella a una piena contestazione della decisione nel merito. Il ricorso cassazione patteggiamento è uno strumento eccezionale, utilizzabile solo per vizi formali e sostanziali di particolare gravità, espressamente elencati dal legislatore. Proporre un ricorso al di fuori di questi stretti binari non solo è inutile, ma espone a conseguenze economiche significative, come la condanna al pagamento di spese e sanzioni pecuniarie.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso è ammesso solo per un numero limitato di motivi tassativamente indicati dalla legge, come problemi nel consenso dell’imputato, errata qualificazione giuridica del fatto o illegalità della pena, come previsto dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

Per quali motivi è stato dichiarato inammissibile il ricorso in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte dai ricorrenti riguardavano la mancata motivazione sul trattamento sanzionatorio e sull’esclusione della recidiva. Questi motivi attengono al merito della decisione e non rientrano nell’elenco di quelli consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
Chi presenta un ricorso manifestamente inammissibile viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata determinata in quattromila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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