Ricorso in Cassazione: Perché il ‘Fai da Te’ è Inammissibile e Costoso
Nel complesso mondo della giustizia, le regole procedurali non sono meri formalismi, ma pilastri che garantiscono il corretto svolgimento del processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda una di queste regole fondamentali: il ricorso per cassazione in materia penale deve essere presentato da un avvocato abilitato. Presentarlo personalmente conduce a una sola, inevitabile, conseguenza: un ricorso in Cassazione inammissibile, con significative conseguenze economiche.
Il Caso in Esame: Un Appello Diretto al Giudice Supremo
La vicenda analizzata riguarda un individuo condannato che ha deciso di impugnare un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma presentando personalmente ricorso alla Corte di Cassazione. Sia il provvedimento impugnato sia il ricorso erano successivi al 3 agosto 2017, una data cruciale che segna l’entrata in vigore della Legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta ‘Riforma Orlando’). Questa legge ha introdotto modifiche sostanziali alle norme che regolano l’accesso alla Suprema Corte, con l’obiettivo di filtrare i ricorsi e garantire un più elevato standard di tecnicismo giuridico.
La Decisione e le Motivazioni sul ricorso in Cassazione inammissibile
La Corte di Cassazione, senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate, ha dichiarato il ricorso inammissibile de plano, ovvero senza la necessità di un’udienza formale, basandosi sulla semplice lettura degli atti.
Le motivazioni sono chiare e si fondano sull’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dalla citata riforma. La norma stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso, sia dell’imputato che del condannato, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.
La Corte ha sottolineato che la presentazione personale dell’atto da parte del condannato viola direttamente questa disposizione imperativa. Di conseguenza, il ricorso non possedeva i requisiti minimi per poter essere esaminato.
Le Conseguenze Economiche: Spese e Sanzione
La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato il ricorrente a pagare non solo le spese processuali, ma anche una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. I giudici hanno specificato che non vi erano elementi per escludere la colpa nella presentazione del ricorso, applicando un principio consolidato secondo cui chi attiva inutilmente la macchina della giustizia suprema deve farsene carico economicamente.
Conclusioni: L’Indispensabilità della Difesa Tecnica Qualificata
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale della procedura penale di legittimità: l’accesso alla Corte di Cassazione richiede una competenza tecnica specializzata che solo un avvocato cassazionista può garantire. La scelta del legislatore di imporre tale requisito mira a deflazionare il carico di lavoro della Corte e ad assicurare che le questioni sottoposte al suo esame siano giuridicamente fondate e correttamente formulate. Per i cittadini, la lezione è chiara: tentare di agire personalmente davanti alla Suprema Corte non è solo inefficace, ma può anche rivelarsi una mossa economicamente svantaggiosa. L’assistenza di un difensore qualificato non è un’opzione, ma una condizione essenziale per la validità stessa del ricorso.
È possibile presentare personalmente un ricorso per cassazione in materia penale?
No, a seguito della riforma introdotta con la Legge n. 103 del 2017, il ricorso in Cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, che in questo caso è stata fissata a 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.
La regola che impone l’assistenza di un avvocato specializzato si applica a tutti i ricorsi?
Sì, l’ordinanza chiarisce che la regola si applica a tutti i ricorsi proposti dopo il 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge di riforma, e riguarda sia l’imputato che il condannato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2303 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2303 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TROIA il 10/04/1967
avverso l’ordinanza del 30/05/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso ed il provvedimento impugnato.
Considerato che il ricorso avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma emessa il giorno 30 maggio 2024 è stato proposto personalmente da NOME COGNOME e che sia il provvedimento che il ricorso sono successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, che ha previsto che il ricorso dell’imputa (e quindi anche del condannato) deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (art. 613, comma 1, cod. pro pen.);
Rilevato che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.