Ricorso in Cassazione Inammissibile: Quando la Ripetizione Costa Cara
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede tecnica, precisione e, soprattutto, motivi di diritto validi. Un recente provvedimento della Suprema Corte, l’ordinanza n. 22469/2024, offre una chiara lezione su cosa non fare: limitarsi a ripetere argomenti già bocciati nei gradi precedenti. L’analisi di questa decisione evidenzia i confini invalicabili del giudizio di legittimità e le conseguenze di un ricorso in Cassazione inammissibile, un esito che comporta non solo una sconfitta legale ma anche sanzioni economiche.
I Fatti del Caso: Un Appello che non Convince
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Torino. L’imputato, non soddisfatto della decisione di secondo grado, ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, l’ultimo baluardo del sistema giudiziario. Tuttavia, invece di sollevare questioni relative a vizi di legge o a difetti logici nella motivazione della sentenza impugnata, il ricorso si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte territoriale.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile e Condanna alle Spese
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le pretese del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione non è entrata nel merito delle accuse, poiché i motivi presentati non superavano il vaglio preliminare di ammissibilità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per scoraggiare ricorsi palesemente infondati o dilatori.
Le Motivazioni del Ricorso in Cassazione Inammissibile
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali della procedura penale che regolano l’accesso al giudizio di legittimità.
1. La Mera Ripetizione dei Motivi di Appello
Il primo motivo di inammissibilità risiede nella natura del ricorso. I giudici hanno sottolineato che i motivi presentati erano una “pedissequa reiterazione” di quelli già dedotti in appello. Un ricorso in Cassazione, per essere specifico, deve criticare in modo argomentato la sentenza impugnata, evidenziandone gli errori di diritto o i vizi logici. Riproporre le stesse difese, senza confrontarsi con le ragioni per cui la Corte d’Appello le ha respinte, rende il ricorso generico e, di fatto, apparente. Si tratta di un dialogo tra sordi, in cui il ricorrente ignora la risposta del giudice precedente, rendendo impossibile un costruttivo esame di legittimità.
2. Il Divieto di Rivalutazione dei Fatti
Il secondo, e forse più importante, principio ribadito dalla Corte è la natura del giudizio di Cassazione. Non è un “terzo grado di giudizio” dove si possono rimettere in discussione i fatti e la credibilità delle prove. Il ricorrente, infatti, chiedeva una “inammissibile ricostruzione dei fatti” attraverso criteri di valutazione diversi da quelli, logicamente motivati, del giudice di merito. La Cassazione non può effettuare una “rilettura” degli elementi di prova, come la valutazione della credibilità della persona offesa. Il suo compito è esclusivamente quello di verificare se il giudice di merito abbia seguito un percorso logico-giuridico corretto e privo di vizi nel formare il proprio convincimento. Chiedere alla Suprema Corte di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di primo e secondo grado è un’istanza che esula completamente dai suoi poteri.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza è un monito per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Un ricorso efficace non può essere una semplice espressione di dissenso verso la sentenza di condanna. Deve essere un’analisi tecnica e puntuale, capace di individuare specifiche violazioni di legge o palesi illogicità nella motivazione. Insistere nel riproporre argomenti già disattesi o chiedere una nuova valutazione delle prove è una strategia destinata al fallimento, che si traduce in un ricorso in Cassazione inammissibile e in una condanna a sanzioni pecuniarie. La difesa tecnica in sede di legittimità richiede specializzazione e la capacità di distinguere nettamente tra questioni di fatto, ormai cristallizzate, e questioni di puro diritto, le uniche che possono aprire le porte della Suprema Corte.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile principalmente per due ragioni: quando si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di giudizio precedenti (diventando generico e non specifico), oppure quando chiede alla Corte una nuova valutazione dei fatti e delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito e non alla Cassazione, che è un giudice di legittimità.
Cosa significa che il ricorso è una ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi di appello?
Significa che il ricorrente ha semplicemente copiato e riproposto gli stessi argomenti difensivi già presentati alla Corte d’Appello, senza criticare in modo specifico le ragioni per cui quella Corte li aveva respinti. Questo comportamento rende il ricorso privo della necessaria specificità richiesta dalla legge.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) da versare alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22469 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22469 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/09/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che l’unico motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568-01; Sez. 4, n.18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849-01; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Rv. 236945-01);
che, peraltro, il motivo di ricorso non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, i quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, le pagg. 2-3 della sentenza impugnata);
che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
che i giudici di merito con motivazione congrua e priva di illogicità hanno valutato in modo rigoroso la credibilità della persona offesa e gli ulteriori elementi a sostegno della ricostruzione degli eventi;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2024