Ricorso Cassazione difensore: l’obbligo di firma è inderogabile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: l’assistenza tecnica di un legale specializzato è un requisito imprescindibile per adire la Suprema Corte. Analizziamo come la mancanza della firma di un avvocato cassazionista abbia portato alla declaratoria di inammissibilità di un’impugnazione, confermando la rigidità delle norme sul ricorso Cassazione difensore introdotte con la riforma del 2017.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato in via definitiva, proponeva personalmente ricorso per Cassazione avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila nel luglio 2024. L’atto di impugnazione, quindi, non recava la sottoscrizione di un difensore abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, ma era stato presentato direttamente dall’interessato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con una procedura snella e senza discussione nel merito, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su una constatazione puramente procedurale: sia il provvedimento impugnato che il ricorso stesso erano successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017 (nota come Riforma Orlando). Tale normativa ha modificato in modo sostanziale le regole per la presentazione dei ricorsi in Cassazione in materia penale.
Le Motivazioni: la centralità del Ricorso Cassazione difensore qualificato
Il cuore della motivazione risiede nell’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dalla citata riforma. Questa norma stabilisce in modo inequivocabile che l’atto di ricorso deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.
La Corte ha rilevato che il ricorso presentato personalmente dal condannato violava palesemente questa disposizione. Di conseguenza, ha applicato l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che consente di dichiarare l’inammissibilità de plano, ovvero con una procedura semplificata senza udienza pubblica, quando il vizio è di tale evidenza.
Inoltre, in applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La motivazione di tale condanna economica si fonda sul principio, consolidato anche da una sentenza della Corte Costituzionale (n. 186 del 2000), secondo cui la presentazione di un ricorso inammissibile per un errore procedurale così evidente non è scusabile e denota una colpa da parte del proponente.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza serve come un monito chiaro: nel processo penale, l’accesso alla Corte di Cassazione è strettamente filtrato da requisiti formali inderogabili. L’obbligo di avvalersi di un ricorso Cassazione difensore qualificato non è un mero formalismo, ma una garanzia di professionalità e tecnicismo, data la natura del giudizio di legittimità, che non riesamina i fatti ma valuta la corretta applicazione della legge.
L’esito del caso dimostra che il fai-da-te processuale dinanzi alla Suprema Corte è non solo inefficace, ma anche economicamente controproducente. La condanna al pagamento di una somma cospicua alla Cassa delle ammende ha una funzione sanzionatoria e dissuasiva, volta a prevenire impugnazioni presentate senza il rispetto delle regole procedurali basilari, che finirebbero per appesantire inutilmente il lavoro della Corte.
Un condannato può presentare personalmente ricorso alla Corte di Cassazione in materia penale?
No. La legge n. 103 del 2017 ha stabilito che, a pena di inammissibilità, il ricorso deve essere sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
Cosa succede se un ricorso viene depositato senza la firma di un avvocato cassazionista?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile ‘de plano’, ovvero con una procedura semplificata e senza che la Corte esamini le ragioni di merito dell’impugnazione.
Ci sono conseguenze economiche in caso di ricorso inammissibile per questo motivo?
Sì. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, ritenuta congrua, in favore della Cassa delle ammende, poiché la presentazione di un ricorso con un vizio così palese è considerata una condotta colposa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2344 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2344 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 12/07/1962
avverso l’ordinanza del 23/07/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
r d- ato avviso alle partiA
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso ed il provvedimento impugnato.
Considerato che il ricorso avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di L’Aquila emessa il giorno 23 luglio 2024 è stato proposto personalmente da NOME COGNOME e che sia il provvedimento che il ricorso sono successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, che ha previsto che il ricor dell’imputato (e quindi anche del condannato) deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (art. comma 1, cod. proc. pen.);
Rilevato che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.