Ricorso Archiviazione: la Cassazione Ribadisce l’Inammissibilità
Quando un procedimento penale si conclude con un decreto di archiviazione, la persona offesa che si ritiene lesa può sentirsi frustrata. Tuttavia, è fondamentale conoscere le corrette vie procedurali per contestare tale decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: il ricorso archiviazione diretto in Cassazione non è più la strada percorribile. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso: un Errore Procedurale Costato Caro
Nel caso in esame, la persona offesa in un procedimento per il reato di calunnia (art. 368 c.p.) ha proposto ricorso diretto alla Corte di Cassazione contro il decreto di archiviazione emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Patti. L’obiettivo era quello di ottenere l’annullamento del provvedimento e la prosecuzione delle indagini. Tuttavia, questa scelta si è rivelata un errore procedurale che ha determinato l’immediata chiusura del caso in sede di legittimità.
Il Percorso Corretto: L’Importanza del Reclamo
La normativa processuale penale ha subito importanti modifiche negli ultimi anni. La Corte di Cassazione, nell’ordinanza, ha sottolineato che, a seguito delle riforme, l’unico strumento a disposizione della parte offesa per impugnare un decreto di archiviazione è il reclamo al Tribunale, come disciplinato dall’articolo 410-bis del codice di procedura penale. Questo rimedio è previsto per specifici casi di nullità e consente una revisione del provvedimento da parte di un organo collegiale, prima di poter eventualmente adire la Suprema Corte.
Scegliere di saltare questo passaggio e presentare direttamente ricorso in Cassazione costituisce un’impugnazione non consentita dalla legge.
Le Motivazioni della Cassazione sul Ricorso Archiviazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso archiviazione inammissibile con una motivazione netta e fondata su una consolidata giurisprudenza. I giudici hanno spiegato che, trattandosi di un’impugnazione non consentita, il ricorso deve essere trattato con una procedura semplificata e accelerata (de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis c.p.p.), senza la necessità di un’udienza pubblica.
La Corte ha ribadito che il sistema attuale prevede una sorta di “doppio grado di giudizio” anche per l’archiviazione: prima il reclamo al Tribunale e solo successivamente, avverso la decisione sul reclamo, si può valutare un eventuale ricorso in Cassazione.
L’errore procedurale del ricorrente ha quindi portato non solo alla declaratoria di inammissibilità, ma anche alla sua condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
Questa ordinanza conferma un orientamento ormai granitico: la strada per contestare un’archiviazione passa obbligatoriamente per il reclamo al Tribunale. Ignorare questo passaggio significa non solo vedere il proprio ricorso respinto in via preliminare, ma anche esporsi a conseguenze economiche significative. Per la persona offesa che intende far valere le proprie ragioni, è quindi imprescindibile affidarsi a una difesa tecnica che conosca approfonditamente le più recenti evoluzioni della procedura penale, per evitare di incorrere in errori che possono compromettere irrimediabilmente l’esito della vicenda giudiziaria.
È possibile ricorrere direttamente in Cassazione contro un decreto di archiviazione?
No, l’ordinanza stabilisce che il ricorso diretto per cassazione avverso un decreto di archiviazione è inammissibile.
Qual è il rimedio corretto per contestare un decreto di archiviazione?
Il rimedio corretto previsto dalla legge è il reclamo al Tribunale in composizione collegiale, come disciplinato dall’articolo 410-bis del codice di procedura penale, per i specifici casi di nullità previsti dalla norma.
Cosa comporta la presentazione di un ricorso inammissibile?
La presentazione di un ricorso inammissibile comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11365 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11365 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
NOME nato a NOVARA DI SICILIA il DATA_NASCITA parte offesa nel sul ricorso proposto da: procedimento c/
COGNOME NOME nato a SANT’NOME DI BROLO il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 21/07/2023 del GIP TRIBUNALE di PATTI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. NUMERO_DOCUMENTO COGNOME (P.O.)
OSSERVA
Ritenuto che NOME COGNOME – persona offesa nel procedimento per il reato di cui all’art. 368 cod. pen. – ricorre per cassazione avverso il decreto di archiviazione in epi indicato;
considerato che, trattandosi di impugnazione non consentita ai sensi dell’art. 410-bis co proc. pen., il ricorso deve essere trattato con la procedura de plano ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.;
ritenuto, infatti, che avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminar dispone l’archiviazione è prevista la possibilità di proporre reclamo al Tribunale per i part casi di nullità previsti dall’art. 410-bis, commi 1 e 2, cod. proc. pen. e non più il ric cassazione (Sez. 3, n. 2616 del 10.11.2023 e n. 41612 del 29/05/2019, Rv. 277051 – 01);
che segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma equitativamente determinata in euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 16/02/2024.