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Ricorso 599-bis: quando è inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9645/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso avverso una sentenza di patteggiamento in appello. La Corte ha ribadito che il ricorso 599-bis è ammissibile solo per vizi relativi alla formazione della volontà delle parti o per illegalità della pena, non per contestare la sua quantificazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso 599-bis: i Limiti all’Impugnazione del Concordato in Appello

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, consentendo alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, quali sono i limiti per contestare tale accordo davanti alla Corte di Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte, la n. 9645 del 2024, chiarisce i confini dell’impugnazione, specificando quando un ricorso 599-bis debba essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Napoli aveva riformato una precedente sentenza, rideterminando la sanzione penale sulla base di un accordo raggiunto tra le parti ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.. L’imputato, infatti, aveva rinunciato ai motivi di appello relativi alla sua responsabilità, concordando una nuova pena con la Procura Generale.
Nonostante l’accordo, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione proprio in relazione alla definizione del trattamento sanzionatorio concordato.

I Limiti al Ricorso 599-bis secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per riaffermare un principio consolidato nella sua giurisprudenza. Il collegio ha stabilito che un ricorso 599-bis, ovvero un’impugnazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello, è ammissibile solo in casi ben definiti.

Nello specifico, è possibile ricorrere in Cassazione solo quando si contestano:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Irregolarità nel consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Un contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo stipulato tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, il ricorso è inammissibile. In particolare, non si può utilizzare questo strumento per sollevare doglianze relative a motivi a cui si è rinunciato (come la responsabilità penale), alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., o a vizi nella determinazione della pena, a meno che questi non si traducano in una vera e propria illegalità della sanzione.

La Decisione della Suprema Corte e le sue Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla natura stessa del concordato in appello. Accettando l’accordo, l’imputato compie una scelta processuale strategica: rinuncia a far valere determinati motivi di impugnazione in cambio di una rideterminazione della pena. Pertanto, non può in un secondo momento, davanti alla Cassazione, rimettere in discussione elementi che sono stati oggetto di accordo e rinuncia, come la quantificazione della pena.

La Corte ha precisato che l’illegalità della sanzione che giustificherebbe un ricorso si verifica solo quando la pena inflitta è estranea al sistema legale, perché non rientra nei limiti edittali previsti dalla norma incriminatrice o è di tipo diverso da quella prevista dalla legge. Una semplice contestazione sulla congruità della pena concordata non è sufficiente per rendere ammissibile il ricorso.

Le conclusioni di questa pronuncia sono chiare: l’accesso al concordato in appello ex art. 599-bis c.p.p. comporta una significativa limitazione del diritto di impugnazione. Le parti che scelgono questa via devono essere consapevoli che la sentenza che ne deriva è cristallizzata e può essere contestata solo per vizi genetici dell’accordo o per palesi illegalità, non per un ripensamento sulla convenienza della pena pattuita. La conseguenza della dichiarata inammissibilità, come previsto dall’art. 616 c.p.p., è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

È sempre possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa dopo un accordo in appello (art. 599-bis c.p.p.)?
No. Secondo la Corte, il ricorso è ammissibile solo se contesta vizi nella formazione della volontà delle parti, nel consenso del PM, o se la decisione del giudice è difforme dall’accordo. Non è possibile rimettere in discussione motivi a cui si è rinunciato.

Posso contestare la quantità della pena concordata in appello con un ricorso in Cassazione?
No, a meno che la pena non sia ‘illegale’. La Cassazione chiarisce che non si può contestare la congruità della sanzione concordata, ma solo l’eventuale illegalità della stessa, ovvero se è una pena non prevista dalla legge o al di fuori dei limiti minimi e massimi stabiliti.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
In base all’art. 616 c.p.p., quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la parte che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata determinata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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