Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11496 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11496 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME Paul COGNOME n. in Romania 22/10/1977
NOMECOGNOME n. in Romania 17/08/1977
avverso l’ordinanza n. 207/24 della Corte di appello di Bologna del 15/10/2024
letti gli atti, i ricorsi e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’istanza avanzata dai cittadini romeni NOME COGNOME e NOME COGNOME di voler richiedere, tramite il Ministero della Giustizia ai sensi dell’art. 3, comma 2, d.lgs. m. 161 del 2010 o corrispondenza diretta ex art. 3, comma 3, st. d. Igs., all’autorità giudiziaria romena di trasmettere, ai fini del riconoscimento in Italia, il certificato e la sentenza n. 252/A emessa dall’Alta Corte di Cassazione e Giustizia della Romania in data 21/08/2023 che li ha condannati in via definitiva a pene detentive per reati di evasione fiscale, associazione a delinquere e riciclaggio.
L’inammissibilità è stata dichiarata per avere la Corte rilevato che, in base alla disciplina vigente, in nessun caso è prevista l’iniziativa della parte privata interessata dalla sentenza straniera di condanna da riconoscere né tantomeno una sollecitazione da parte della Corte di appello al Ministero della Giustizia o direttamente allo Stato estero.
Avverso l’ordinanza hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione gli istanti, deducendo quattro motivi di censura.
2.1. Violazione dei Considerando n. 1, 2, 5, 6, 9 e degli artt. 3, 4 n. 5 e n. 6 della Decisione Quadro n. 2008/909/GAI del 27/11/2008 nonché dell’art. 1 d. Igs. n. 161 del 2010, dell’art. 27, comma 3 Cost, dell’art. 8 Conv. EDU e degli artt. 7 e 8 della Carta di Nizza dell’Unione europea.
Osservano i ricorrenti che l’art. 4, n. 5 della Decisione Quadro n. 2008/909 stabilisce espressamente che lo Stato di esecuzione può, di propria iniziativa, chiedere allo Stato di emissione di trasmettere la sentenza corredata dal certificato. Anche la persona condannata può chiedere alle autorità competenti dello Stato di emissione o dello Stato di esecuzione di avviare una procedura per la trasmissione della sentenza e del certificato a norma della presente decisione quadro. Poiché, pertanto, lo scopo della Decisione Quadro è quello di stabilire le norme secondo le quali uno Stato membro debba riconoscere una sentenza ed eseguire la pena, al fine di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, le norme di diritto interno ed in particolare l’art. 12 del d. Igs. n. 161 del 2010 vanno lette e interpretate nel senso di consentire anche alla parte privata l’iniziativa di sollecitare la trasmissione della sentenza straniera da eseguire in Italia.
2.2. Violazione degli artt. 11, 27 e 117 Cost., degli artt. 3 e 4, n. 5 e n. 6 della Decisione Quadro n. 909 del 27/11/2008 e degli artt. 9 e 12 d. Igs. n. 161 del 2010 nonché degli artt. 696, 696-bis, 696-ter e 696-octies cod. proc. pen.
Anche se le Decisioni Quadro non godono di efficacia diretta, il loro carattere vincolante comporta, in capo alle autorità nazionali, un obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale, principio che secondo parte della dottrina non riguarda solo (pacificamente) le norme sostanziali, ma include anche quelle procedurali.
La richiesta avanzata dai ricorrenti, sebbene inusuale, non può, pertanto, non considerarsi aderente alla logica sottesa allo strumento dell’Unione europea e quindi al reinserimento sociale ed alla finalità rieducativa della pena ovvero al principio del mutuo riconoscimento delle sentenze straniere nello spazio giuridico dell’Unione, che animano lo spirito della Decisione Quadro e di conseguenza della normativa interna (d. Igs. n. 161 del 2010) che la traspone nell’ordinamento nazionale.
2.3. Questione di legittimità costituzionale degli artt. 9 e 12 del d. Igs. n. 161 del 2010.
Ove non si dovesse accogliere l’interpretazione prospettata, ci si troverebbe in un caso di incompatibilità tra quest’ultima e il diritto nazionale, che richiederebbe la valutazione di un contrasto insanabile e di conseguenza una dichiarazione di incostituzionalità della norma italiana per violazione degli artt. 11 e 117 Cost.
Si chiede, pertanto, di sollevare la questione di costituzionalità degli artt. 9 e 12 del d. Igs. n. 161 del 2010 ai sensi degli artt. 11, 27 comma 1, 3 e 117 Cost. nella parte in cui non prevedono che la persona condannata, che dimori o risieda nel territorio dello Stato di esecuzione, possa richiedere direttamente alle autorità competenti dello Stato di emissione o dello Stato di esecuzione di avviare una procedura per la trasmissione della sentenza e del certificato per il riconoscimento della sentenza straniera, così come previsto dall’art. 4 della Decisione Quadro n. 2008/909/GAI ed alla luce della finalità ivi espressamente prevista di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, in ossequio ai principi del mutuo riconoscimento e fiducia reciproca tra Stati membri dell’Unione europea.
2.4. Violazione degli artt. 24, comma 2, d. Igs. n. 161 del 2010 in relazione degli artt. 696, 696-bis, 732 e 741 cod. proc. pen. pen.
Questione di legittimità costituzionale degli artt. 9 e 12 del d. Igs. n. 161 del 2010.
Le suindicate previsioni del codice di procedura penale, sebbene concernenti il riconoscimento delle sentenze penali ai soli effetti civili, consentono anche al condannato di attivarsi. In tal senso la norma prevista dal d. Igs. n. 161 del 2020
viola il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. trattando in modo deteriore coloro che intendano chiedere il riconoscimento di una sentenza penale straniera ai fini della esecuzione della pena rispetto a coloro che promuovano tale azione ai fini degli effetti civili.
Si chiede, pertanto, alla Corte di cassazione di sollevare questione di legittimità costituzionale degli artt. 9 e 12 del d. Igs. n. 161 del 2010 nella parte in cui non prevedono la possibilità per il condannato di richiedere nel Paese di esecuzione (dove l’interessato dimora o risiede) l’instaurazione del procedimento volto al riconoscimento della sentenza straniera di condanna per contrasto con gli artt. 3, 11, 27 e 117 Cost.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
2. L’art. 4 n. 5 della Decisione Quadro n. 2008/909 stabilisce che “Lo Stato di esecuzione può, di propria iniziativa, chiedere allo Stato di emissione di trasmettere la sentenza corredata dal certificato. Anche la persona condannata può chiedere alle autorità competenti dello Stato di emissione o dello Stato di esecuzione di avviare una procedura per la trasmissione della sentenza e del certificato a norma della presente decisione quadro”.
Tanto premesso, la circostanza che lo strumento normativo europeo contempli la possibilità che lo Stato di esecuzione o la stessa persona condannata assumano l’iniziativa di chiedere di avviare la procedura, mediante richiesta diretta allo Stato di emissione, non la trasforma automaticamente in obbligo per lo Stato membro, che traspone la disciplina europea nell’ordinamento interno, di prevederla tra le modalità di avvio della procedura nella disciplina nazionale.
Com’è noto, infatti, la normativa italiana di attuazione nell’ordinamento interno del Decisione stabilisce che è lo Stato estero a darvi impulso, direttamente mediante trasmissione al Ministero della Giustizia (art. 12, comma 1, d.lgs. n. 161 del 2010) o indirettamente quando, richiedendo la consegna mediante mandato di arresto europeo per l’esecuzione di una sentenza di condanna, si veda opporre un rifiuto dalla Corte di appello (in genere ex art. 18-bis, comma 2, legge n. 69 del 2005), che al contempo dichiara il riconoscimento della sentenza straniera che sta alla base dell’emissione del mandato europeo.
Nondimeno la trasmissione della sentenza di condanna può essere, inoltre, richiesta allo Stato di emissione anche dal Ministero della giustizia, purché
ricorrano le condizioni di cui all’art. 10 (art. 12, comma 1, sec. parte).
Non è, invece, previsto l’avvio della procedura mediante invito a procedere rivolto dal condannato direttamente alla Corte di appello.
Ciò posto non sussiste alcun contrasto tra la normativa eurounitaria di riferimento nonché tra le norme sovraordinate interne (Costituzione) o sovranazionali (Carta di Nizza e Convenzione EDU) e disciplina interna, eventualmente risolvibile mediante applicazione del principio dell’interpretazione conforme in quanto:
risulta del tutto conforme ai rapporti esistenti tra ordinamento europeo e ordinamento nazionale che l’atto eurounitario, specie ove finalizzato al conseguimento di specifici obiettivi come nel caso della Decisione quadro, contempli mere facoltà procedimentali che sta poi allo Stato membro esercitare o meno;
rientra, dunque, nella piena discrezionalità dello Stato membro dell’Unione europea l’articolazione delle cadenze procedurali necessarie per conseguire gli obiettivi fissati dal legislatore europeo.
Vanno, pertanto, disattesi i primi due motivi di censura poiché manifestamente infondati.
Le questioni di legittimità costituzionali proposte con il terzo ed il quarto motivo di ricorso vanno di conseguenza anch’esse ritenute manifestamente infondate.
In primo luogo, come evidenziato anche dal Procuratore Generale nella requisitoria scritta, il sistema normativo predisposto dal legislatore italiano non preclude affatto il diritto del condannato di rivolgersi alle autorità competenti dello Stato di emissione o dello Stato di esecuzione al fine di sollecitare l’avvio di una procedura per la trasmissione della sentenza e del certificato a norma della Decisione quadro, con la precisazione che in Italia l’autorità competente è il Ministero della giustizia e non la Corte di appello.
In tale prospettiva, gli articoli 9 e 12 del d. Igs. n. 161 del 2010 non violano gli articoli 11, 27 comma 1 e 3 e 117 della Costituzione.
La procedura prevista dal legislatore nazionale per il riconoscimento delle sentenze straniere non viola, dunque, alcun diritto sostanziale dei soggetti interessati né alcun principio sovranazionale.
Non sussiste, infine, alcuna disparità di trattamento rispetto alle norme del codice di procedura penale concernenti gli effetti civili del riconoscimento, che riguarda per l’appunto situazioni obiettivamente diverse, risultando anche dubbio che gli artt. 732 e 741 cod. proc. pen. possano essere attivati dal condannato, posto che il soggetto avente interesse a far valere in giudizio le disposizioni
penali di una sentenza straniera lo fa “per conseguire le restituzioni o il risarcimento del danno o gli altri effetti civili” e tale soggetto è ben difficilmente identificabile nel condannato, pur non potendo in linea teorica l’eventualità essere del tutto esclusa.
Resta in ogni caso l’evidente diversità della condizione del condannato rispetto a quella della persona danneggiata dal reato, non potendo, quindi, configurarsi alcuna violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 21 gennaio 2025
Il consigli r e ensore