Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2100 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2100 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Gragnano il 04/11/1946
avverso la sentenza del 03/10/2024 della Corte di appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Bologna riconosceva la sentenza delle autorità giudiziarie dei Paesi Bassi con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena pecuniaria di 1.000.000 euro per associazione per delinquere e frode, disponendone l’esecuzione in Italia.
La sentenza dava atto che le autorità dei Paesi Bassi avevano chiesto , il riconoscimento ed esecuzione in Italia della pena pecuniaria, ai sensi della decisione quadro 2005/214/GAI attuata in Italia con il d.lgs. n. 37 del 2016; che
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già in precedenza la Corte di appello con sentenza del 26 settembre 2023 aveva riconosciuto la medesima sentenza olandese per l’esecuzione della pena detentiva; che la difesa del COGNOME, ritenendo oggetto del suddetto riconoscimento anche la pena pecuniaria, aveva chiesto l’applicazione dell’indulto per entrambe le pene; che la Corte di appello con provvedimento dell’Il gennaio 2024 aveva concesso l’indulto sulla pena residua da scontare, comprendendo anche la pena pecuniaria; che la Corte di appello, rilevato l’errore, con provvedimento irrevocabile del 24 gennaio 2024, aveva revocato il riconoscimento della sentenza e dell’indulto con riferimento alla pena pecuniaria.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’interessato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione al divieto del ne bis in idem.
La Corte di appello, con la precedente sentenza di riconoscimento, ha dato esecuzione in Italia alla sentenza olandese nella sua integralità e non solo per la sola pena detentiva.
In questo contesto, la difesa del ricorrente aveva presentato istanza per l’applicazione dell’indulto ai sensi della I. n. 241 del 2006 per entrambe le pene. La Corte di appello con sentenza irrevocabile del 26 settembre 2023 dichiarava condonata la pena residua da scontare.
Che successivamente, la Corte di appello, adita dalla Procura generale, con ordinanza del 24 gennaio 2024, preso atto che il riconoscimento riguardava la sola pena detentiva, revocava la concessione dell’indulto per la pena pecuniaria, ritenendo il riconoscimento per tale pena da qualificarsi come pena illegale, suscettibile di correzione in sede di esecuzione.
In tal modo la Corte di appello, con la sentenza impugnata, ha finito per pronunciarsi sulla medesima questione già decisa in sede di riconoscimento, che doveva essere oggetto di impugnativa da parte del Procuratore generale.
La Corte di appello ha dunque duplicato con una nuova decisione la procedura di riconoscimento, in contrasto con l’art. 649 cod. proc. pen.
2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 172 cod. pen. e motivazione mancante ed apparente con riferimento alla prescrizione della pena pecuniaria.
In modo apparente la Corte di appello ha ritenuto non ricorrente il motivo di rifiuto della prescrizione della pena.
Una volta che la sentenza è stata riconosciuta in Italia ed iniziata l’esecuzione della pena detentiva, sussiste invero la giurisdizione italiana e la pena pecuniaria doveva ritenersi prescritta, essendo trascorsi dieci anni dall’irrevocabilità del1a –
sentenza olandese (9 dicembre 2008) e non essendo iniziata la sua esecuzione (coincidente con l’iscrizione a ruolo della cartella esattoriale).
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
Le doglianze del ricorrente versate nel primo motivo sono precluse.
E’ sufficiente rilevare infatti che il provvedimento del 24 gennaio 2024 di revoca del riconoscimento e di applicazione dell’indulto per la pena pecuniaria è divenuto irrevocabile.
Va rammentato che il provvedimento, emesso in forma di ordinanza, che decide su situazioni giuridiche con carattere di definitività e che è soggetto a impugnazione è suscettibile di divenire irrevocabile, al pari delle sentenze (Sez. 1, n. 425 del 23/11/2023, dep. 2024, Rv. 285554, relativa ad un provvedimento, emesso in sede di esecuzione, con cui era stata revocata la precedente ordinanza di riconoscimento della continuazione tra diverse sentenze).
Né il provvedimento di revoca nel caso in esame può definirsi abnorme in quanto già questa Corte ha più volte affermato come sia emendabile in sede esecutiva l’applicazione di una pena illegale (tra tante, Sez. 1, n. 17793 del 01/03/2024, Rv. 286394; cfr. in tema di riconoscimento ex d.lgs. n. 161 del 2010, Sez. 6, n. 3324 del 12/12/2022, dep. 2023, Rv. 284335).
Il secondo motivo è all’evidenza privo di fondamento giuridico.
L’art. 12 lett. e), d.lgs. n. 37 del 2016 prevede che la Corte di appello può rifiutare il riconoscimento “se, per i fatti per i quali è stato chiesto i riconoscimento, si è già verificata la prescrizione della pena, sempre che per tali fatti sussista anche la giurisdizione italiana”.
Tale disposizione attua quella contenuta nella decisione quadro 2005/214/GAI del 24 febbraio 2005 (art. 7), secondo cui il riconoscimento può essere rifiutato se “la sanzione è caduta in prescrizione ai sensi della legge dello Stato di esecuzione e la decisione si riferisce ad atti che rientrano nella competenza di detto Stato secondo la legislazione di quest’ultimo”.
E’ pacifico che la seconda parte di entrambe le disposizioni (che riflette una, previsione ricorrente negli altri strumenti di mutuo riconoscimento) intende dar
rilevanza alla prescrizione della pena nella sola ipotesi in cui sui reati in questione sussista la giurisdizione dello Stato di esecuzione per giudicarli. Circostanza quest’ultima non emergente dagli atti.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, I. n. 69 del 2005.
Così deciso il 14/01/2025.