Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35696 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35696 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Brescia DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/04/202Z idella Corte di appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; lette le conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO, che ha chiesto
l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Venezia deliberava il riconoscimento, ai fini della sua esecuzione nello Stato ai sensi del d.lgs. n. 38 del 2016, della sentenza rumena di condanna emessa nei confronti di NOME COGNOME alla pena di anni tre di reclusione per traffico di droga.
Le autorità rumene avevano concesso al COGNOME la sospensione condizionale della pena sottoponendo il condannato ad un regime di sorveglianza e la Corte di
appello convertiva la condanna con la misura dell’affidamento in prova ai serv sociali per la durata di anni tre.
La Corte di appello, nell’adeguare la suddetta misura al diritto interno, la sostituiva con quella dell’affidamento in prova al servizio sociale, di cui all’art. legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.).
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di COGNOME, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 735 cod. proc. pen.
La Corte di appello ha respinto la richiesta della difesa di rideterminare la pena inflitta alla stregua dell’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990: COGNOME era stato trovato in possesso di quantitativi di stupefacente (anche scadente) compatibili con tale previsione.
La richiesta non è stata adeguatamente vagliata dalla Corte di appello e la condanna rumena viola i principi sulla prova riconosciuti dal nostro ordinamento.
La Corte di appello avrebbe dovuto applicare l’art. 735 cod. proc. pen. per effettuare il dovuto adattamento della pena, compatibile con l’art 10 del d.lgs. n. 38 del 2016.
2.2. Vizio di motivazione.
Va censurata la carenza di motivazione in ordine alla rideterminazione della pena, liquidata dalla Corte di appello con tre righe e senza cenno alla tesi difensiva.
Si ricordano i principi in tema di determinazione della pena da parte del giudice nazionale.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e la difesa hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e perché articola censure non deducibili (ex art. 12 d.lgs. n. 38 del 2016, la sentenza della corte di appello e’ soggetta a ricorso per cassazione e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69).
Sono ammissibili, infatti, solo motivi di violazione di legge.
Con il d.lgs. n. 38 del 2016, sono state introdotte disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio, del
27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del recipr riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive.
Laddove venga in esecuzione invece la pena detentiva, si applica il diverso strumento costituito dalla decisione quadro 2008/909/GAI (cfr. art 1 della decisione quadro 2008/947/GAI).
Con la decisione quadro 2008/947/GAI si disciplina il riconoscimento tra gli Stati membri dell’Unione europea di sentenze di condanna con sospensione condizionale della pena o con sanzioni sostitutive ovvero di decisioni di liberazione condizionale che impongono obblighi e prescrizioni in vista della loro sorveglianza nell’Unione europea. Le misure oggetto di reciproco riconoscimento sono definite all’art. 4 della stessa decisione quadro.
L’art. 9 della decisione quadro in esame stabilisce le modalità del recepimento di tali misure: lo Stato di esecuzione dispone di un limitato potere di “adattamento” nel caso in cui le misure da eseguire siano incompatibili per natura o per durata con la legislazione dello Stato di esecuzione.
Tale disposizione ha trovato attuazione in Italia con l’art. 10 del d.lgs. n. 38 del 2016, là dove prevede che la Corte di appello proceda, senza alcun aggravamento delle statuizioni originarie, “ai necessari adeguamenti, con le minime deroghe necessarie rispetto a quanto previsto dallo Stato di emissione”, se la durata e la natura degli obblighi e prescrizioni impartiti dallo Stato d emissione siano incompatibili con la disciplina prevista dall’ordinamento italiano per corrispondenti reati.
Lo stesso art. 10 prevede le altre condizioni per il riconoscimento (la persona condannata deve avere la residenza legale e abituale nel territorio dello Stato o ha manifestato la volontà di ivi recarsi per stabilire la residenza legale e abituale; il fatto per cui la persona e’ stata condannata è previsto come reato anche dalla legge nazionale, indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla denominazione del reato, salvo quanto previsto dall’articolo 11, in tema di deroga alla doppia punibilità).
Inoltre, l’art. 11 del decreto elenca i motivi di rifiuto.
Rispetto alla suddetta normativa risultano del tutto eccentrici i motivi di censura avanzati anche in questa sede dalla difesa, posto che invocano condizioni per il riconoscimento e principi sulla determinazione della pena e sulla prova nel giudizio di cognizione estranei al dettato normativo.
Il ricorrente in particolare confonde la normativa codicistica prevista per il riconoscimento, ai fini dell’esecuzione, di “pene detentive” (art. 735 cod. proc.
pen.) – e che in ogni caso si applica nei limiti dell’art. 696 cod. proc. pen. speciale disciplina in esame dettata nell’ambito dell’Unione europea, che rigu l’esecuzione di obblighi e prescrizioni o di sanzioni sostitutive e che non consente – se non nei limiti del necessario adattamento – una attività di “conversione” o rielaborazione della sentenza straniera.
Nella specie, il riconoscimento ha riguardato la sospensione della pena sotto vigilanza, disciplinato dal diritto rumeno, che implica una serie di obblighi imposti al condannato.
La Corte di appello ha ritenuto che tali obblighi siano eseguibili nello Stato nella forma di espiazione alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.
E quindi rispetto a tale misura (e non alla pena principale) che va verificata la legittimità dell’adattamento ex art. 10 d.lgs. n. 38 del 2016 (che nella specie per durata risulta del tutto compatibile con la normativa italiana).
4. Per queste ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
La Cancelleria procederà agli adempimenti previsti all’art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005 (richiamato dal d.lgs. n. 38 del 2016).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.
Così deciso il 12/092024.