Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37223 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37223 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/11/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato a Locri il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza emessa in data 25 settembre 2025 dalla Corte di appello di Reggio Calabria;
udite le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria, con la sentenza impugnata ha riconosciuto, ai fini del d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161 la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello di Anversa in data 7 giugno 2024, che ha condannato NOME COGNOME alla pena di 2.920 giorni di reclusione per i delitti di associazione a delinquere e di traffico di sostanze stupefacenti.
AVV_NOTAIO, difensore di NOME, ha proposto ricorso avverso questa sentenza e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo tre motivi.
2.1. Il difensore, con il primo motivo di ricorso, ha censurato l’inosservanza degli artt. 169 e 161, comma 4, cod. proc. pen. e la nullità della sentenza conseguente all’invalida costituzione del rapporto processuale.
Le notifiche eseguite nelle mani dell’imputato nelle date del 10 settembre e del 16 settembre 2025 sarebbero nulle e, dunque, prive di effetti, in quanto tardive rispetto all’udienza fissata.
Il difensore ha, inoltre, rilevato che la Corte di appello illegittimamente avrebbe disposto la notifica al ricorrente ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., in quanto l’elezione di domicilio operata all’estero da NOME in data 21 luglio 2025 è valida e, comunque, prima di questa elezione di domicilio il ricorrente ha dichiarato domicilio nel territorio dello Stato italiano, a San Luca, in INDIRIZZO.
Al momento dell’ordinanza della Corte di appello che ha disposto la notifica ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., peraltro, il ricorrente aveva nuovamente dichiarato domicilio in territorio italiano.
NOME, infatti, in data 10 settembre 2025 (e, dunque, prima che la Corte di appello, all’udienza dell’Il settembre 2025, dichiarasse inidonea l’elezione di domicilio del 21 luglio 2025 e disponesse la notifica ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.) aveva nuovamente eletto domicilio in territorio italiano (in INDIRIZZO Luca, INDIRIZZO).
Il codice di rito, del resto, non pone un limite massimo alle dichiarazioni o elezioni di domicilio, né sanziona il frequente mutamento delle stesse.
La Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare l’irreperibilità dell’imputato, medio tempore trasferitosi all’estero, per eseguire legittimamente la notifica nelle mani del difensore.
La notifica al solo AVV_NOTAIO NOME COGNOME avrebbe, inoltre, leso il diritto di difesa, in quanto la stessa doveva essere eseguita nei confronti di entrambi i difensori e, dunque, anche dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
La revoca dell’AVV_NOTAIO COGNOME sarebbe, infatti, priva di effetto, in quanto operata nel modulo prestampato predisposto dalla polizia giudiziaria.
2.2. Il difensore, con il secondo motivo, ha eccepito la nullità della sentenza per inosservanza del termine di novanta giorni sancito dall’art. 734 cod. proc. pen. per procedere alla deliberazione sulla richiesta di riconoscimento.
La Corte di appello, pur convenendo con la difesa sull’avvenuto decorso di questo termine, ha, tuttavia, illegittimamente rigettato l’eccezione ritenendo il termine ordinatorio.
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Ad avviso del difensore, tuttavia, la natura ordinatoria del termine non si concilierebbe con la formulazione testuale della disposizione, che impone la deliberazione «senza ritardo, e comunque non oltre novanta giorni dal ricevimento della richiesta».
2.3. Il difensore, con il terzo motivo, ha dedotto l’inosservanza dell’art. 733 cod. proc. pen. e ha rilevato che l’omessa traduzione della sentenza straniera nella lingua italiana avrebbe obiettivamente precluso la verifica dei presupposti del riconoscimento.
L’art. 730 cod. proc. pen., infatti, richiede espressamente la traduzione della sentenza penale estera di cui si chiede il riconoscimento da parte dell’autorità giudiziaria italiana.
Nel caso di specie la mancata traduzione avrebbe leso il diritto di difesa, precludendo la verifica dei presupposti per il riconoscimento e, segnatamente, il controllo relativo alla presenza nel corpo della sentenza di «disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico dello Stato», ai sensi dell’art. 733, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., e l’accertamento dell’indipendenza e dell’imparzialità del giudice straniero, ai sensi dell’art. 733, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto i motivi proposti sono infondati.
Il difensore, con il primo motivo di ricorso, ha censurato l’inosservanza degli artt. 169 e 161, comma 4, cod. proc. pen. e la nullità della sentenza conseguente all’invalida costituzione del rapporto processuale.
3. Il motivo è infondato.
La Corte di appello ha ripercorso il complesso iter della notifica a NOME dell’avviso dell’udienza in camera di consiglio per deliberare sulla richiesta di riconoscimento della sentenza emessa dall’autorità giudiziaria belga e ha congruamente rilevato che in data 10 settembre e 16 settembre 2025 il ricorrente ha ricevuto a mani la notifica, pur se in violazione della disciplina del termine a comparire.
La notifica nei confronti del ricorrente si è, peraltro, ritualmente perfezionata a mani del difensore, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., in quanto l’elezione di domicilio operata in data 21 luglio 2025 da NOME in Germania è stata ritenuta inidonea dalla Corte di appello con ordinanza emessa all’udienza dell’Il settembre 2025.
La Corte di appello ha fatto corretta di questa disposizione, in quanto è invalida, e pertanto inidonea agli scopi di legge, l’elezione di domicilio in luoghi estranei al territorio nazionale o caratterizzati da extraterritorialità, in quanto no è consentito procedere a notificazione negli stessi (Sez. F, n. 34503 del 26/08/2008, COGNOME, Rv. 240670 – 01, con riferimento ad un’elezione di domicilio presso un’ambasciata o un consolato straniero; Sez. 2, n. 5533 del 13/01/1986, COGNOME, Rv. 173117 – 01).
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, in materia di notificazioni, le disposizioni relative alla notifica all’imputa all’estero stabilite dall’art. 169 cod. proc. pen. non si applicano nel caso in cui l’imputato, che pure risulti avere la residenza o la dimora all’estero, abbia comunque avuto notizia del procedimento penale instaurato nei suoi confronti ed abbia eletto domicilio, per cui, qualora tale elezione di domicilio risulti inidonea, la notifica deve essere effettuata mediante consegna al difensore a norma dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. (ex plurimis: Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019, COGNOME Ocaris, Rv. 276701 – 02, in applicazione di tale principio la Corte, rilevando che l’imputato, all’atto della scarcerazione – e, dunque, con la piena consapevolezza che si stava procedendo nei suoi confronti – aveva proceduto ad una inidonea elezione di domicilio in località estera, ha ritenuto legittima la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini e del decreto di citazione presso il difensore di ufficio; Sez. 3, n. 6418 del 07/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239032 – 01; Sez. 4, n. 23716 del 15/01/2001, COGNOME, Rv. 218902 – 01).
Nessun rilievo può, inoltre, assumere la circostanza che NOME in data 10 settembre 2025 avesse nuovamente eletto domicilio, questa volta in territorio italiano (in INDIRIZZO Luca, INDIRIZZO), in quanto questo atto è pervenuto a conoscenza della Corte di appello solo dopo l’udienza dell’Il settembre 2025 e l’art. 162, comma 4, cod. proc. pen. sancisce che la dichiarazione o l’elezione di domicilio hanno efficacia dalla data in cui pervengono all’autorità procedente.
L’ultima elezione di domicilio di NOME è, dunque, rimasta inefficace.
La Corte di appello, del resto, una volta accertata l’invalidità dell’elezione di domicilio all’estero, ha legittimamente disposto la notifica al ricorrente nelle forme di cui all’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., in quanto la pregressa elezione di domicilio nel territorio dello Stato italiano, a San Luca, in INDIRIZZO, è stata revocata dalla successiva, quella del 21 luglio 2025 dichiarata invalida.
Legittima è, inoltre, la notifica eseguita ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., al solo AVV_NOTAIO COGNOME.
La Corte di appello ha, infatti, correttamente rilevato che NOME, in occasione delle notifiche del 2 e del 16 settembre 2016, ha confermato la nomina
dell’AVV_NOTAIO, che ha di seguito ricevuto la notifica ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, è legittima la notificazione all’imputato del decreto di citazione a giudizio in appello eseguita, a norma dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., mediante la consegna dell’atto ad uno solo dei suoi due difensori, non sussistendo un diritto dell’interessato ad una duplice notificazione dell’unico atto (ex plurimis: Sez. 3, n. 42232 del 13/09/2023, S., Rv. 285164 – 01; Sez. 6, n. 6934 del 16/01/2012, Siracusano, Rv. 252038; Sez. 3, n. 4552 del 27/11/2001 – dep. 06/02/2002, COGNOME e altri, Rv. 220939).
In questo caso, il difensore non riceve per sé, ma quale domiciliatario ex lege dell’imputato, al quale dunque è assicurata la conoscenza effettiva dell’atto per mezzo della doverosa informativa che deve rendergli il difensore consegnatario, essendo evidentemente superflua una ulteriore informativa, relativa allo stesso atto, da parte di un secondo difensore.
Pertanto, la nozione di difensore di cui all’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., deve intendersi riferita all’intero collegio difensivo, e non a ciascun AVV_NOTAIO che lo compone.
Il difensore, con il secondo motivo, ha eccepito la nullità della sentenza per inosservanza del termine di novanta giorni sancito dall’art. 734 cod. proc. pen. per procedere alla deliberazione sulla richiesta di riconoscimento.
5. Il motivo è infondato.
L’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 161 del 2010 sancisce che «la decisione deve essere emessa entro il termine di sessanta giorni dalla data in cui la corte di appello ha ricevuto la sentenza di condanna trasmessa ai sensi del comma 1. Ove, per circostanze eccezionali, sia ravvisata l’impossibilità di rispettare tale termine, il presidente della corte informa dei motivi il Ministero della giustizia, che ne dà comunicazione allo Stato di emissione. In questo caso il termine è prorogato di trenta giorni».
La Corte di appello di Reggio Calabria ha rilevato che il termine di cui all’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 161 del 2010 è stato violato, a causa delle complessità insorte nella notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza al ricorrente, ma che tale termine è solo ordinatorio.
Questo rilievo è corretto.
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, statuito che, in tema di riconoscimento di sentenza penale emessa in uno degli Stati dell’Unione europea, non comporta alcuna nullità l’inosservanza del termine di sessanta giorni entro il
quale, a norma dell’art. 12, comma sesto, d.lgs. n. 161 del 2010, deve essere emessa la sentenza che decide sull’esistenza delle condizioni per il suo accoglimento (Sez. 6, n. 53455 del 06/12/2016, COGNOME, Rv. 268609 – 01;
L’inosservanza di questa previsione, infatti, non è sanzionata dal legislatore a pena di nullità.
Analoga soluzione, del resto, è stata individuata con riferimento alle corrispondenti disposizioni normative – dal contenuto precettivo sostanzialmente sovrapponibile – dettate in tema di mandato di arresto europeo nell’art. 17, commi 2 e 6, della legge 22 aprile 2005, n. 69, avendo questa Corte stabilito che il termine di sessanta giorni entro il quale, a norma dell’art. 17, comma secondo, I. n. 69 del 2005, deve essere emessa la decisione sulla consegna, ha natura perentoria solo ai fini della durata delle misure restrittive della libertà personale, non determinando la sua inosservanza alcuna conseguenza sulla validità della decisione in merito alla consegna (ex plurimis: Sez. 6, n. 12559 del 17/03/2016, COGNOME, Rv. 267421 – 01; Sez. 6, n. 28140 del 16/07/2010, Ros, Rv. 247831; cfr. anche Sez. 6, n. 2189 del 11/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274927 – 01, con riferimento al termine di cui all’art. 734 cod. proc. pen.).
Il difensore, con il terzo motivo di ricorso, ha censurato l’inosservanza dell’art. 733 cod. proc. pen. e ha rilevato che l’omessa traduzione della sentenza straniera nella lingua italiana avrebbe obiettivamente precluso la verifica dei presupposti del riconoscimento.
7. Il motivo è infondato.
La Corte di appello di Reggio Calabria ha fatto corretta applicazione dell’art. 12 del d.lgs. 161 del 2010, rilevando che la traduzione della sentenza straniera della quale si chiede il riconoscimento non è requisito per il riconoscimento, in quanto «l’art. 12, co. 1, d.l.vo 161/10 prevede la traduzione del certificato di cui all’art. 2, lett. n), d.l.vo cit., ma non della sentenza. La richiesta di traduzione del sentenza da riconoscere (o di parte di essa) rappresenta una mera facoltà per la Corte di appello ai sensi dell’art. 12, co. 3, D.L.vo cit.».
I giudici di appello hanno, inoltre, precisato che nella specie non vi era alcuna ragione di disporre la traduzione della predetta sentenza, in quanto i dati presenti nel certificato di cui all’art. 2, lett. n), d.lgs. 161 del 2010 forniscono tutt elementi necessari per valutare i presupposti del riconoscimento.
Il ricorrente, peraltro, non ha indicato, se non in termini puramente generici, per quale ragione i dati risultanti dal certificato siano inidonei a consentire di valutare i presupposti del riconoscimento.
Nel caso di specie, del resto, il riconoscimento della sentenza è stato operato non in base alla disciplina AVV_NOTAIO dettata dal codice di rito in materia di cooperazione internazionale (art. 730 cod. proc. pen.), ma in base alla disciplina speciale dettata dal diritto dell’Unione, recepita del d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161, e fondata sul principio del mutuo riconoscimento delle decisioni penali nello spazio giuridico europeo.
Questa Corte, con la sentenza n. 33545 del 09/10/2025, COGNOME, in tema di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, ha affermato che, ai fini del riconoscimento e dell’esecuzione nello Stato di una sentenza di condanna emessa da altro Stato aderente all’Unione Europea, non è necessaria la sua traduzione, essendo sufficiente, ai sensi dell’art. 12 d.lgs. 07/09/2010, n. 161, che ha dato esecuzione alla decisione quadro 909/2008/GAI, la mera traduzione del certificato, salvo che nel caso in cui lo stesso sia incompleto, difforme dalla sentenza o il suo contenuto sia insufficiente per decidere sull’esecuzione della pena, posto che tale disposizione ha natura di norma speciale e, pertanto, prevalente su quelle di cui agli artt. 730 e 731 cod. proc. pen.
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso essere rigettato.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, della legge n. 69 del 2005.
P.Q.M.
Rigetta 4 il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, della legge n. 69 del 2005.
Così deciso il 13/11/2025.