Riconoscimento Fotografico a Distanza di Mesi: La Cassazione ne Conferma la Validità
Il riconoscimento fotografico rappresenta uno strumento investigativo cruciale, ma la sua attendibilità può essere messa in discussione quando intercorre un significativo lasso di tempo tra il fatto e l’identificazione. Con l’ordinanza n. 11469/2024, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, chiarendo i limiti del proprio sindacato e confermando la discrezionalità del giudice di merito nel valutare la capacità del testimone di ricordare.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza di condanna della Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza riguardava la presunta inattendibilità dell’individuazione fotografica posta a fondamento della sua colpevolezza. Nello specifico, la difesa sosteneva la carenza di motivazione e l’erronea applicazione della legge penale, poiché il riconoscimento fotografico era stato effettuato da un testimone oculare (un cassiere) a distanza di circa tre mesi dal compimento del reato. Secondo la tesi difensiva, tale intervallo temporale avrebbe minato la capacità del testimone di ricordare con precisione, rendendo la prova inaffidabile.
La Decisione della Corte sul riconoscimento fotografico
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che le argomentazioni difensive non fossero idonee a superare il vaglio di ammissibilità. Anziché evidenziare vizi di legge o illogicità manifeste nel ragionamento della Corte d’Appello, il ricorso si limitava a riproporre le stesse questioni di fatto già esaminate e risolte nel precedente grado di giudizio. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati in materia di ricorso per cassazione. In primo luogo, ha sottolineato che il giudizio di legittimità non costituisce un terzo grado di merito. La Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno analizzato i fatti, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva affrontato esplicitamente la questione del tempo trascorso, evidenziando nelle pagine 3 e 4 della sua sentenza l’attendibilità del cassiere. I giudici di secondo grado avevano motivato in modo esauriente sul perché il periodo di tre mesi non fosse ritenuto, in quel contesto, un fattore capace di incidere negativamente sulla capacità di ricordare del testimone. Il ricorso, invece, non conteneva una critica specifica a tali argomentazioni, ma si risolveva in una generica contestazione dell’esito probatorio.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione dell’attendibilità di un testimone e della sua memoria è una prerogativa esclusiva del giudice di merito. Un intervallo di tempo di alcuni mesi tra il fatto e il riconoscimento fotografico non rende automaticamente la prova inefficace. Spetta al giudice, attraverso una motivazione logica e coerente, valutare caso per caso se tale distanza temporale abbia o meno compromesso l’affidabilità della testimonianza. Per contestare efficacemente tale valutazione in Cassazione, non è sufficiente dissentire dal risultato, ma è necessario dimostrare un vizio logico palese o una violazione di legge nel ragionamento del giudice che ha portato a quella conclusione.
Un riconoscimento fotografico effettuato mesi dopo il fatto è sempre valido?
Non necessariamente, ma la sua validità non è esclusa a priori. Secondo questa ordinanza, un lasso di tempo di tre mesi non è stato ritenuto di per sé sufficiente a inficiare la capacità di ricordare del testimone. La valutazione sull’attendibilità spetta al giudice di merito, che deve motivare la sua decisione.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproponeva le stesse censure già adeguatamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza muovere una critica specifica e argomentata contro la logica della motivazione della sentenza impugnata.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come in questo caso per un importo di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11469 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11469 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta la carenza motivazionale e l’erronea applicazione di legge penale in relazione all’art. 189 cod. proc. pen. con riferimento all’individuazione fotografica del ricorrente avvenuta tre mesi dopo i fatti, non è consentito poiché riproduce profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici da parte del giudice di merito perciò non scandito da specifica critica analisi delle argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata (si vedano, in particolare, pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata, ove la Corte territoriale ha evidenziato l’attendibilità del cassiere che ebbe ad effettuare l’individuazione di persona dopo circa tre mesi dai fatti, periodo di tempo ritenuto non idoneo ad incidere sulla capacità di ricordare);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.,
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 06/02/2024
Il Consigliere Estensore