Riciclaggio veicolo: quando il cambio targa diventa reato
L’operazione di sostituire la targa di un’automobile o di un ciclomotore può sembrare un gesto banale, ma se compiuta su un mezzo di provenienza illecita, le conseguenze legali diventano gravissime. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di riciclaggio veicolo, chiarendo come questa condotta integri a pieno titolo il delitto e non una fattispecie meno grave.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un soggetto che, dopo aver ricevuto un veicolo di provenienza delittuosa, aveva apposto su di esso una targa di sua proprietà, o più precisamente, appartenente a un’altra autovettura intestata a un suo familiare. L’obiettivo era evidente: poter circolare con il mezzo illecito eludendo i controlli e facendolo apparire come legittimamente posseduto. Condannato nei gradi di merito per riciclaggio, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, contestando la qualificazione giuridica del fatto e sostenendo che la sua condotta non costituisse tale grave reato.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Riciclaggio Veicolo
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione dei giudici di merito. Secondo gli Ermellini, il motivo di ricorso era non solo una mera ripetizione di argomenti già vagliati, ma soprattutto manifestamente infondato. La Corte ha colto l’occasione per riaffermare il suo consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di riciclaggio veicolo.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione risiede nella natura stessa del reato di riciclaggio. Tale delitto non punisce la semplice ricezione di un bene proveniente da reato (condotta che configurerebbe la ricettazione), ma le operazioni attive compiute su di esso per “ripulirlo”. L’obiettivo è ostacolare in modo concreto la possibilità per le autorità di risalire alla sua origine criminale.
Nel caso specifico, la Corte ha spiegato che apporre una targa ‘pulita’ su un veicolo rubato è un’operazione pienamente idonea a raggiungere questo scopo. La targa, come specificato anche dall’art. 97 del Codice della Strada, è l’elemento che identifica l’intestatario del certificato di circolazione. Sostituendola, si crea una falsa apparenza di legalità che non solo inganna le forze dell’ordine durante un controllo, ma rende significativamente più complesso l’accertamento della provenienza delittuosa del mezzo. L’azione, quindi, va oltre la mera detenzione e si trasforma in un’attività di mascheramento dell’origine illecita del bene. La Corte ha richiamato un suo precedente specifico (sentenza n. 39702 del 2018), consolidando così una linea interpretativa chiara e rigorosa.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame è un importante monito: qualsiasi operazione compiuta su un bene di provenienza illecita, che sia finalizzata a nasconderne l’origine, può far scattare l’accusa di riciclaggio. Per quanto riguarda i veicoli, la sostituzione della targa è considerata una delle condotte tipiche che trasformano una potenziale ricettazione in un ben più grave delitto di riciclaggio. Questa interpretazione estende la portata della norma a tutte quelle attività, anche apparentemente semplici, che hanno l’effetto concreto di rendere difficile la tracciabilità dei beni rubati, garantendo così una più efficace lotta alla criminalità.
Cambiare la targa a un veicolo di provenienza illecita è reato di riciclaggio?
Sì, secondo l’ordinanza della Corte di Cassazione, apporre una targa diversa su un veicolo di provenienza delittuosa integra il reato di riciclaggio, perché è un’operazione che ostacola concretamente l’accertamento della sua origine criminale.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile in quanto ritenuto meramente reiterativo e manifestamente infondato. Le argomentazioni presentate erano in palese contrasto con il dato normativo e con il consolidato orientamento della giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione.
Qual è la differenza, in questo caso, tra ricettazione e riciclaggio?
La ricettazione si configura con il semplice acquisto o ricezione di un bene di cui si conosce la provenienza illecita. Il riciclaggio, invece, richiede un’azione successiva e ulteriore, come in questo caso la sostituzione della targa, finalizzata specificamente a ostacolare l’identificazione dell’origine delittuosa del bene, per ‘ripulirlo’ e inserirlo nel circuito legale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10316 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10316 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione legge e il vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del contestato al capo a) nel delitto di riciclaggio, è meramente reiterativo e com manifestamente infondato poiché prospetta enunciati ermeneutici in pales contrasto con il dato normativo e con il consolidato orientamento de giurisprudenza di questa Corte secondo cui integra il delitto di riciclag condotta di chi, ricevuto un ciclomotore o altro veicolo di provenienza delittu per il quale è necessaria, ai fini della circolazione, la dotazione della targa dall’art. 97, d.lgs. 3 aprile 1992, n. 285, che identifica l’intestatario del di circolazione – vi apponga una targa di sua proprietà poiché, così face ostacola l’accertamento della provenienza delittuosa del mezzo, che appare nel legittima disponibilità dell’agente (Sez. 2, n. 39702 del 17/05/2018, Gallo 273899), come avvenuto nella specie ove l’imputato aveva apposto la targa d un’altra autovettura intestata alla madre;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 20 febbraio 2024
Il C nligliere estensore
Il Presidente