Riciclaggio denaro: la prova del reato presupposto non richiede un processo a parte
Una recente sentenza della Corte di Cassazione getta luce su un aspetto cruciale del reato di riciclaggio denaro: la necessità di dimostrare l’esistenza del cosiddetto ‘delitto presupposto’. La pronuncia chiarisce che il possesso di un’enorme somma di contanti, occultata e senza una spiegazione plausibile, è sufficiente per affermare la responsabilità penale, anche se il reato da cui quel denaro proviene non è stato accertato con una sentenza definitiva. Analizziamo insieme questo importante caso.
I Fatti del Caso: Oltre Due Milioni di Euro in Valigia
La vicenda ha inizio presso un importante aeroporto italiano. Un uomo, in procinto di imbarcarsi su un volo per la Cina, viene fermato per un controllo. All’interno delle sue due valigie da stiva, le autorità scoprono una somma sbalorditiva: 2.067.900,00 euro in contanti. Il denaro non era semplicemente riposto nei bagagli, ma meticolosamente occultato all’interno di diverse buste di plastica sigillate. Le valigie, inoltre, erano prive di qualsiasi effetto personale.
Sia in primo grado che in appello, l’uomo viene condannato per il reato di tentato riciclaggio. La difesa, tuttavia, presenta ricorso in Cassazione, basando la sua argomentazione su un punto fondamentale: non essendo stato individuato e provato con certezza il reato specifico da cui proveniva quell’ingente somma (il ‘delitto presupposto’), non si poteva affermare la sua responsabilità per riciclaggio.
La Questione Giuridica sul riciclaggio denaro
Il cuore del problema legale ruotava attorno a questa domanda: per condannare una persona per riciclaggio, è indispensabile che un altro giudice, in un altro processo, abbia già emesso una sentenza di condanna per il reato (es. evasione fiscale, traffico di stupefacenti, ecc.) che ha generato quel denaro ‘sporco’?
La difesa sosteneva di sì, evidenziando come la Corte d’Appello avesse erroneamente affermato che la condotta integrasse il riciclaggio ‘nonostante non sia stato identificato con precisione il reato presupposto’. Secondo il ricorrente, questa affermazione violava i principi fondamentali del diritto, poiché la provenienza illecita del denaro è un elemento costitutivo del reato di riciclaggio e deve essere dimostrata.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e confermando la condanna. I giudici hanno chiarito un principio consolidato in giurisprudenza, correggendo solo parzialmente l’impostazione verbale della sentenza d’appello.
Le motivazioni
La Corte ha spiegato che, sebbene sia vero che il delitto presupposto sia un elemento essenziale del riciclaggio denaro, non è richiesto il suo ‘accertamento giudiziale’. In altre parole, non è necessaria una sentenza passata in giudicato che attesti la commissione del reato originario, né l’individuazione dei suoi autori.
Il giudice che si occupa del riciclaggio può e deve affermare l’esistenza del delitto presupposto attraverso prove logiche e sulla base di elementi fattuali concreti. Nel caso specifico, il giudice di primo grado aveva correttamente individuato la fonte del denaro in un reato di natura fiscale, finalizzato a sfuggire al tracciamento dei trasferimenti di valuta.
Gli elementi che, nel loro insieme, hanno costituito prova logica della provenienza illecita erano inequivocabili:
1. L’enorme quantità di denaro: Oltre due milioni di euro in contanti sono una somma anomala e ingiustificabile per un normale cittadino.
2. Le modalità di occultamento: Il denaro era sigillato in buste di plastica, un metodo tipico per nascondere e trasportare proventi illeciti.
3. L’assenza di effetti personali: Le valigie contenevano solo denaro, indicando che il loro unico scopo era il trasporto clandestino di valuta.
4. La mancanza di una giustificazione plausibile: L’imputato non è stato in grado di fornire alcuna spiegazione credibile sulla provenienza di tale somma.
Questi fattori, combinati, creano un quadro indiziario così forte da rendere certa, sul piano logico, la provenienza delittuosa del denaro, integrando così tutti gli elementi del reato di riciclaggio.
Le conclusioni
Questa sentenza ribadisce un principio di fondamentale importanza pratica nella lotta al crimine economico. Se fosse necessario attendere la conclusione di un processo per il reato presupposto, le maglie della giustizia si allargherebbero a dismisura, rendendo di fatto quasi impossibile punire i riciclatori. La decisione conferma che la responsabilità per riciclaggio può essere affermata autonomamente, basandosi su un solido impianto di prove logiche e indiziarie che non lasciano dubbi sulla natura ‘sporca’ del denaro. Chi viene trovato in possesso di ingenti somme di contante, nascoste e senza una valida giustificazione, rischia una condanna per riciclaggio, poiché tali circostanze sono di per sé sufficienti a dimostrare l’origine illecita dei fondi.
È necessario che il reato presupposto sia stato accertato con una sentenza per poter condannare per riciclaggio?
No. Secondo la sentenza, non è richiesto l’accertamento giudiziale (cioè una condanna definitiva) del delitto presupposto. Il giudice può affermarne l’esistenza attraverso prove logiche basate sui fatti e sulle circostanze del caso.
Quali elementi possono dimostrare la provenienza illecita del denaro nel reato di riciclaggio?
La provenienza illecita può essere dimostrata da un insieme di elementi, tra cui: l’ingente quantità di denaro contante, le particolari modalità di occultamento (es. buste sigillate), l’assenza di una giustificazione plausibile sulla sua origine e le circostanze anomale del trasporto (es. in valigie senza effetti personali).
Il solo possesso di una grande quantità di denaro contante è sufficiente per una condanna per riciclaggio?
La sentenza chiarisce che il solo dato quantitativo, sebbene rilevante, non è di per sé sufficiente per fondare un’imputazione. Tuttavia, se a questo si aggiungono altre circostanze dimostrative della provenienza illecita (come l’occultamento e l’assenza di giustificazioni), si può configurare la responsabilità penale per ricettazione o riciclaggio.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9915 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9915 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME nato in Cina il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte di appello di Roma in data 12/7/2023 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n.137/2020, convertito nella L. 18/12/2020 n. 176 (così come modificato per il termine di vigenza dall’art. 16 del D.L. 30/12/2021, n.228, convertito nella L. 25/02/2022 n. 15); udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con un unico motivo di ricorso COGNOME impugna la sentenza della Corte di appello di Roma indicata in epigrafe che ha parzialmente riformato quella del Tribunale di Civitavecchia resa in data 25/10/2022, ravvisando nella
condotta dell’imputato, trovato all’aeroporto INDIRIZZO Vinci di Roma, in possesso di due valigie contenenti denaro contante per l’importo di euro 2.067.900,00 in procinto di imbarcarsi per la Cina, il delitto di riciclaggio nell forma tentata ( e non consumata), con l’aggravante di cui al comma 4 dell’art. 648 bis c.p.
Il ricorrente deduce il vizio di motivazione (illogicità e carenza di motivazione) in relazione all’affermazione di responsabilità per non essere stato individuato il delitto presupposto e quindi dimostrata la provenienza illecita della somma di denaro rinvenuta nella sua disponibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è infondato. Sebbene la Corte di appello abbia, erroneamente, affermato che “nonostante non sia stato identificato con precisione il reato presupposto, la condotta in questione integra senza dubbio il delitto di riciclaggio”, quando invece la giurisprudenza di legittimità ritiene necessario che il reato presupposto, quale essenziale elemento costitutivo delle relative fattispecie, sia individuato quantomeno nella sua tipologia, pur non essendone necessaria la ricostruzione in tutti gli estremi storico-fattuali. (Sez. 2, n. 6584 del 15/12/2021, Rv. 282629), precisando che, ai fini della configurabilità del riciclaggio, è comunque necessaria l’individuazione di un reato presupposto anche se non è richiesto l’accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, ne’ dei suoi autori, ne’ dell’esatta tipologia del reato, potendo il giudice affermarne l’esistenza attraverso prove logiche (Sez. 2, sentenza n. 29685 del 5 luglio 2011, Rv 251028; Sez. 2, n. 43532 del 19/11/2021, Rv. 282308), rileva il collegio che nel caso di specie il delitto presupposto è stato comunque incidentalmente individuato, avendo il giudice di primo grado fatto pertinentemente riferimento, quale reato presupposto, al reato di natura fiscale e cioè all’intento di sfuggire al tracciamento del trasferimento di valuta (cfr. pag. 4 della sentenza di primo grado). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Al riguardo, questa Corte ha di recente affermato che integra il delitto di ricettazione la condotta di chi sia sorpreso nel possesso di una rilevante somma di denaro, di cui non sia in grado di fornire plausibile giustificazione, qualora, pe il luogo e le modalità di occultamento della stessa, possa, anche in considerazione dei limiti normativi alla detenzione di contante, ritenersene la provenienza illecita (Sez. 2, n. 43532 del 19/11/2021, Rv. 282308; Sez. 2, n. 5616 del 15/01/2021, Rv. 280883).
Non contraddice tale orientamento la pronuncia di questa Corte avente ad oggetto provvedimenti di sequestro, in cui si è chiarito che non è possibile
procedere al sequestro di somme di denaro contante elevando imputazioni ex art. 648 o 648 bis cod. pen. in assenza di qualsiasi elemento atto a dimostrare l’esistenza di un delitto presupposto, altrimenti legittimandosi la generale ablazione di qualsiasi somma ritenuta rilevante. (Sez.2, n. 29689 del 28/05/2019, Rv. 277020). Tale pronuncia ha sottolineato l’impossibilità di apposizione di un vincolo cautelare fondato sulla sola quantità di contante rinvenuto in possesso di un soggetto, senza però escludere la responsabilità penale ove, oltre a tale dato, si aggiungano, come nella fattispecie, ulteriori circostanze dimostrative della provenienza illecita del denaro.
Nel caso in esame, l’imputazione di riciclaggio individua la condotta illecita nell’operazione di occultamento di un’ingente somma di denaro racchiuso in diverse buste di plastica sigillate, all’interno dei bagagli da stiva, privi di eff personali, in procinto di essere imbarcati per la Cina, senza che fosse fornita giustificazione circa la provenienza della somma di denaro.
Si ribadisce, pertanto, che la responsabilità per ricettazione e riciclaggio può essere connessa all’individuazione non soltanto di particolari modalità di occultamento del contante, significative della volontà di occultarlo, ma altresì in presenza di ulteriori elementi, significativi della certa provenienza da delitto.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 2 febbraio 2024