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Ricettazione reato presupposto: annullata condanna

Un soggetto era stato condannato per ricettazione di assegni clonati. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna perché il reato presupposto, ovvero la falsificazione degli assegni, era stato depenalizzato prima che la falsificazione stessa avvenisse. Di conseguenza, mancando un delitto all’origine, il reato di ricettazione non può sussistere. La sentenza chiarisce l’importanza del momento in cui viene commesso il reato presupposto ai fini della configurabilità della ricettazione.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Ricettazione e Reato Presupposto Depenalizzato: La Cassazione Annulla la Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso cruciale di ricettazione reato presupposto, stabilendo un principio fondamentale: se il delitto da cui provengono i beni è stato depenalizzato prima della sua commissione, il reato di ricettazione non può sussistere. Questa decisione chiarisce l’impatto della depenalizzazione sulla configurabilità di reati collegati.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di ricettazione, confermata in secondo grado dalla Corte di Appello. L’imputato era accusato di aver ricevuto assegni non trasferibili che erano stati falsificati tramite un processo di “clonazione”.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo un punto di diritto dirimente: al momento della ricezione degli assegni (ottobre 2017), il reato presupposto, ossia la falsificazione di un assegno non trasferibile, non costituiva più reato. Infatti, tale condotta era stata depenalizzata con il d.lgs. n. 7 del 15 gennaio 2017.

Secondo la difesa, venendo a mancare l’elemento fondamentale del “provento da delitto”, la ricettazione non poteva essere contestata. La condotta, al massimo, avrebbe potuto essere qualificata come truffa, ma per tale reato sarebbe mancata la necessaria querela della persona offesa.

La Questione Giuridica sul Reato Presupposto

Il nucleo della questione giuridica risiede nella definizione stessa di ricettazione (art. 648 c.p.), che richiede che il bene ricevuto provenga da un “delitto”. La discussione si è concentrata sul cosiddetto ricettazione reato presupposto e sugli effetti della abolitio criminis.

Il punto non era se la depenalizzazione potesse avere effetti retroattivi su un reato già commesso, ma se potesse incidere su una condotta (la falsificazione) posta in essere quando non era più penalmente rilevante. In altre parole, se la falsificazione degli assegni è avvenuta dopo la sua depenalizzazione, i titoli clonati possono essere considerati “provento di delitto”?

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendo pienamente la tesi difensiva. I giudici hanno chiarito che per integrare il delitto di ricettazione è indispensabile che il bene ricevuto sia provento di un reato.

Nel caso specifico, sono stati accertati due momenti temporali chiave:
1. La falsificazione degli assegni è avvenuta in un’epoca successiva al d.lgs. n. 7 del 15 gennaio 2017, che aveva depenalizzato il reato di falso in scrittura privata.
2. La ricezione degli assegni falsificati da parte dell’imputato è avvenuta il 23 ottobre 2017, quindi dopo la depenalizzazione.

La Corte ha stabilito che, poiché la condotta di falsificazione è stata posta in essere quando non costituiva più reato, a causa dell’intervento di abolitio criminis del legislatore, viene a mancare il presupposto stesso della ricettazione. Non si può ricettare un bene che non proviene da un delitto.

La Cassazione ha inoltre distinto questa situazione dalla giurisprudenza che considera irrilevante la depenalizzazione successiva alla consumazione del reato presupposto. In questo caso, la situazione è opposta: la condotta presupposta (la falsificazione) non era più un reato nel momento in cui è stata commessa. Di conseguenza, la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio cardine del diritto penale: per la sussistenza del reato di ricettazione è imprescindibile l’esistenza di un ricettazione reato presupposto. La decisione sottolinea che la valutazione sulla natura delittuosa del fatto originario deve essere fatta con riferimento al momento in cui tale fatto è stato commesso. Se una legge ha depenalizzato una certa condotta, i beni derivanti da quella condotta, se posta in essere dopo la depenalizzazione, non possono essere considerati “provento di delitto”. Pertanto, la loro ricezione non può configurare il reato di ricettazione.

Si può essere condannati per ricettazione se il reato da cui provengono i beni è stato depenalizzato?
No, se la condotta che ha generato i beni è stata posta in essere dopo la sua depenalizzazione. In tal caso, manca il presupposto essenziale della ricettazione, ovvero che i beni provengano da un “delitto”.

Qual è il momento rilevante per stabilire se il “reato presupposto” esiste ai fini della ricettazione?
Il momento rilevante è quello in cui la condotta presupposta (ad esempio, la falsificazione) viene commessa. Se in quel momento la condotta non è più prevista dalla legge come reato, non può costituire il presupposto per la ricettazione.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione nel caso di ricezione di assegni falsificati dopo la depenalizzazione del reato di falso?
La Corte ha annullato la condanna per ricettazione, affermando che la ricezione di assegni con clausola di non trasferibilità, falsificati dopo l’abolitio criminis (depenalizzazione) del relativo reato di falso, non integra il delitto di ricettazione perché non sussiste il delitto presupposto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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