Riapertura Indagini: Quando il Decreto del GIP non è Impugnabile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: il decreto che dispone la riapertura indagini non è un atto autonomamente impugnabile. Questa decisione chiarisce i limiti del diritto di difesa nella fase investigativa e le conseguenze di un ricorso presentato al di fuori dei casi consentiti dalla legge.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da un decreto emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Bolzano. Con tale provvedimento, il GIP autorizzava la riapertura delle indagini preliminari nei confronti di una persona indagata per un’ipotesi di reato societario, prevista dall’articolo 2635 del codice civile.
Ritenendo il decreto illegittimo per presunta inosservanza delle norme processuali, l’indagata decideva di presentare ricorso direttamente alla Corte di Cassazione, articolando le sue doglianze in tre distinti motivi.
La Decisione della Corte sulla Riapertura Indagini
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione, presa de plano (cioè senza udienza pubblica, data la manifesta infondatezza), ha stabilito che l’atto contestato non rientra tra quelli per cui è ammesso il ricorso per cassazione.
Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 4.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale per i ricorsi inammissibili.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della pronuncia risiede nella natura del provvedimento di riapertura indagini. La Corte ha spiegato che tale decreto è un atto “non impugnabile”. Questo significa che la legge non prevede uno specifico strumento per contestarlo direttamente. La sua funzione è meramente quella di autorizzare il Pubblico Ministero a riprendere un’attività investigativa precedentemente archiviata.
La Cassazione ha inoltre affrontato il concetto di “abnormità” dell’atto. Un atto processuale è considerato abnorme quando si pone completamente al di fuori del sistema processuale, creando una situazione non prevista e non risolvibile. Nel caso di specie, il decreto del GIP non era affatto abnorme, in quanto perfettamente conforme alle regole del sistema e non avulso dall’ordinamento processuale.
A sostegno della propria tesi, la Corte ha richiamato un suo precedente consolidato (sentenza n. 14991 del 2012), confermando un orientamento giurisprudenziale stabile in materia.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, consolida il principio secondo cui non tutti gli atti del procedimento penale possono essere oggetto di immediata contestazione. L’ordinamento prevede specifici momenti e strumenti per far valere le proprie ragioni, al fine di evitare un’eccessiva frammentazione del processo.
In secondo luogo, evidenzia i rischi connessi alla proposizione di ricorsi avventati. Presentare un’impugnazione contro un atto non impugnabile porta a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento di spese e sanzioni pecuniarie. Ciò sottolinea l’importanza di una valutazione legale attenta prima di intraprendere iniziative processuali, specialmente dinanzi alla Suprema Corte.
È possibile impugnare in Cassazione un decreto che dispone la riapertura delle indagini preliminari?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il decreto di autorizzazione alla riapertura delle indagini è un provvedimento non impugnabile e, pertanto, il ricorso contro di esso è inammissibile.
Perché il decreto di riapertura delle indagini non è considerato un atto abnorme?
Non è considerato abnorme perché è un atto conforme alle regole del sistema processuale penale e non si pone al di fuori di esso. La sua funzione è prevista e regolata dalla legge.
Quali sono le conseguenze per chi propone un ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in 4.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45111 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45111 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato il 06/02/1978
avverso il decreto del 03/10/2023 del GIP TRIBUNALE di BOLZANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che, il Gip presso il Tribunale di Bolzano emetteva decreto di riapertura delle indagini preliminari nei confronti della Sig.ra COGNOME COGNOME NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 2635 c.c.;
che avverso detto decreto ha proposto ricorso per cassazione l’indagata, articolando tre motivi, con i quali denunziava inosservanza dell norme processuali;
che il ricorso è inammissibile, in quanto proposto avverso provvedimento non impugnabile, perché relativo al decreto di autorizzazione alla riapertura delle indagini (sez.5, n. 14991 del 12/01/201 COGNOME, Rv. 252323) e tanto neppure con la deduzione della sua abnormità, perché decisione di per sé conforme alle regole di sistema e dunque non avulsa dall’ordinamento processuale;
che la declaratoria di inammissibilità del ricorso, scrutinato de plano ex art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 4.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 novembre 2024
Il Consigliere estens9re
Il Presidente