Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7319 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7319 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a LATTARICO il 25/12/1964 avverso la sentenza del 04/03/2024 della CORTE di APPELLO di CATANZARO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la memoria del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli art. 610, comma 5, e 611, commi 1 bis e seguenti, cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza pronunciata il 28 settembre 2020 dal Tribunale di Paola, con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di un anno e quattro mesi (oltre a pena pecuniaria) per il reato di ricettazione di un assegno rubato.
Presentando ricorso per Cassazione, la Difesa dell’imputato formula i seguenti motivi.
2.1 Violazione di legge (art. 606, lett. b, cod. proc. pen.) per erronea applicazione dell’art. 495, n. 4, cod. proc. pen.: la Corte d’appello ha ritenuto che
la mancata citazione del teste di difesa fosse sufficiente a giustificare la revoca immotivata da parte del primo giudice della testimonianza che era stata in precedenza ammessa, privando pertanto l’imputato della possibilità di fornire giustificazione del proprio possesso dell’assegno oggetto dell’accusa di ricettazione. Al contrario, il primo giudice avrebbe dovuto motivare la superfluità della prova testimoniale già introdotta ed ammessa nel giudizio.
2.2 Violazione di legge (art. 606, lett. b, cod. proc. pen.) in relazione all’ad 603 cod. proc. pen.: nel ritenere corretta l’immotivata decisione di revoca della testimonianza, la Corte ha precluso l’operatività del rimedio rappresentato dall’ad. 603 cod. proc. pen..
Con memoria inviata il 3 gennaio 2025, l’Avv. COGNOME difensore di NOME COGNOME ha ribadito le conclusioni del ricorso introduttivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I due motivi dedotti con il ricorso per Cassazione possono essere trattati unitariamente, vedendo sul medesimo terreno riguardante la revoca immotivata della testimonianza, già in precedenza ammessa, e le relative conseguenze.
Entrando in media res, occorre riconoscere che si è nel tempo sviluppato un contrasto giurisprudenziale sulla decadenza dalla prova in caso di omessa citazione ad opera delle parti e conseguente onere motivazionale da parte del giudice nonché in relazione alle conseguenze della mancata citazione dei testi richiesti ed autorizzati a cura della parte che ne avesse fatto richiesta.
Si era così sviluppato un primo orientamento secondo cui andava escluso che la mancata citazione per l’udienza dei testi già ammessi potesse determinare, per ciò solo, la decadenza dalla prova, “salvo che il giudice, ritenendo la stessa superflua, non provvedesse motivatamente a revocarla” (Sez. 3 n. 45450 del 22/10/2008, COGNOME, Rv. 241684). In senso analogo, Sez. 5 n. 30889 del 16/6/2005, COGNOME, Rv. 232215; Sez. 3 n. 36967 del 12/72007, COGNOME, Rv. 237944; Sez. 3 n. 24302 del 12/5/2010, n. 24302, L. Rv. 247878; Sez. 3, n. 13507 del 18/02/2010, COGNOME, Rv. 246604; Sez. 4 n. 21602 del 23/1/2013, NOME (non mass. sul punto); Sez. 5 n. 29562 del 1/4/2014, COGNOME.
Secondo tale primo orientamento, l’ordinanza di revoca dei testi non citati non motivata sulla superfluità degli stessi dà luogo a nullità a regime intermedio, da eccepirsi immediatamente dalla parte presente, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 182 e 183 cod. proc. pen..
Per rispondere alla principale obbiezione conseguente a siffatta interpretazione, di rendere il processo vulnerabile rispetto a pratiche dilatorie, vuoi
intenzionali, vuoi causate da negligenza defensionale, si è andato consolidando un orientamento di segno contrario secondo il quale, in tema di prova testimoniale, la mancata citazione dei testimoni già ammessi dal giudice comporta la decadenza della parte dalla prova, poiché il termine per la citazione dei testimoni è inserito in una sequenza procedimentale che non ammette ritardi o rinvii dovuti alla mera negligenza delle parti ed ha, pertanto, natura perentoria (Sez. 5 n. 17351 del 20/01/2020, Ferrara, Rv. 279387; in senso conforme, hanno affermato che in tali casi legittimamente il giudice provvede a revocare l’ammissione dei testi: Sez. 5, n. 20502 del 14/1/2019, COGNOME, Rv. 275529; Sez. 6, n. 46470 del 20/02/2019, M. Rv. 277390Sez. 6 n. 46470 del 20/2/2019, M., Rv. 277390 e Sez. 6, n. 594 del 21/11/2017 dep. 2018, Marsilio, Rv. 271939; Sez. 4, n. 22585 del 25/1/2017, COGNOME, Rv. 270170; Sez. 2, n. 51966 del 25/10/2017, COGNOME; Sez. 2, n. 31964 del 22/06/2016, COGNOME; Sez. 6, n. 2324 del 07/01/2015, COGNOME ed altro, Rv. 261922, Sez. 2 del 27 febbraio 2013, n. 14439, COGNOME, Rv. 255548; Sez. 3 del 7/3/2012, n. 28136, COGNOME, Rv. 253652.
Tale orientamento, da ultimo cristallizzato altresì nella pronuncia Sez. 6, n. 33163 del 03/11/2020, C, Rv. 279922 – 01, risulta convincente in quanto il potere organizzativo della gestione delle udienze trova una specifica base normativa negli artt. 468, 495 e 496 cod. proc. pen., e risulta del tutto coerente, sul piano sistematico, con i principi di ragionevole durata del processo e di oralità e immediatezza nell’assunzione delle prove: principi che risulterebbero vanificati se la concreta gestione di tale assunzione venisse lasciata al sostanziale ed insindacabile arbitrio delle parti del processo. Si tratta in definitiva, di d attuazione concreta al diritto della parte di difendersi provando, stabilito dall’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., in collegamento con il potere attribuito dal giudice dal comma 4 della medesima disposizione, di revocare le prove che risultino superflue, vuoi per ragioni attinenti al quadro probatorio delineatosi a seguito dell’istruttoria dibattimentale già espletata, vuoi alla luce dell’atteggiamento dell stessa parte nei confronti della prova, indicativo di disinteresse e, conseguentemente di irrilevanza della stessa.
2. Così ricostruiti i due orientamenti, ed indicate le ragioni di preferenza di quello più recente, in quanto diretto alla responsabilizzazione di tutte le parti del processo, al fine della tutela dei diritti dell’imputato e, attraverso essi, d funzione giudiziale nel processo esercitata, è necessario passare all’esame delle vicende processuali, quale presupposto per poi calare i principi astratti nel caso concreto. Data la natura (in procedendo) dell’eccezione, è consentito alla Corte di cassazione, cui è riconosciuto il ruolo di giudice «anche del fatto», accedere all’esame dei relativi atti processuali per risolvere la questione controversa (Sez.
U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F e altri, Rv. 273525; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304).
Dall’esame del fascicolo processuale si apprende che:
in vista della prima udienza del processo (25 marzo 2011), il difensore di fiducia dell’imputato, l’Avv. COGNOME aveva depositato memoria indicando i testi NOME COGNOME e NOME COGNOME affinché deponessero “sulle circostanze ed i fatti oggetto del capo di imputazione nonché sulle vicende relative al contratto di vendita dei ciclomotori-minimoto, in corrispettivo dei quali veniva rilasciato assegno indicato nel capo d’imputazione e sulla consegna materiale del titolo”;
alla prima udienza (25 marzo 2011), assente il difensore di fiducia, sostituito ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen., il processo veniva rinviato per la mancata notifica del decreto alla persona offesa;
all’udienza successiva, 13 gennaio 2012, assente nuovamente il difensore di fiducia, regolarmente sostituito, il processo avveniva rinviato per l’assenza del testimone del pubblico ministero;
all’udienza successiva, 25 settembre 2012, sostituito nuovamente il difensore di fiducia dell’imputato, venivano ammesse le prove richieste da entrambe le parti , veniva sentito il primo testimone (NOME COGNOME, rivenditore di pezzi di ricambio) e disposto il rinvio al 9 Aprile 2013 per “sentire i testi de difesa… ed eventuale discussione”;
alla data indicata, sostituito nuovamente ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen. l’Avv. NOME COGNOME a causa dell’assenza, il giudice, stante altresì l’assenza dei testi, ha disposto l’ulteriore rinvio al 3 dicembre 2013 disponendo che “la difesa citerà i testi con avviso di indispensabilità”;
il 3 dicembre 2013, stante la medesima situazione di assenza di difensore e dei suoi testimoni, venivano nuovamente disposti rinvio e ordine di citazione dei testimoni a carico della difesa al 20 maggio 2014;
alla successiva udienza, mutato il giudice, veniva disposta la rinnovazione dibattimentale, disponendosi altresì la citazione dei testi ad opera delle parti e fissando all’uopo l’udienza 25 novembre 2014, non avendo il difensore Avv. COGNOMEpresente) prestato il consenso all’utilizzazione degli atti già compiuti;
il 25 novembre 2014, presente l’Avv. COGNOME, veniva disposto nuovo rinvio al 17 febbraio 2015 per l’assenza dei testi;
alla data da ultimo indicata, assente e sostituto il difensore di fiducia, veniva disposto ulteriore rinvio per l’assenza dei testimoni al 14 luglio 2015;
alla data indicata, presente l’Avv. COGNOME, veniva disposto ulteriore rinvio al 29 marzo 20016 per la assenza dei testimoni, con ordine alle parti di citazione degli stessi;
all’udienza del 29 marzo 2015, sentito il testimone del Pubblico Ministero ma assenti quelli della difesa, veniva disposto rinvio al 14 giugno 2016 su richiesta della difesa dell’imputato, al fine di citare i testimoni;
alla data indicata, veniva disposto il rinvio al 17 gennaio 2017, per i medesimi incombenti, atteso il legittimo impedimento dell’Avv. COGNOME;
il 17 gennaio 2017, assente il difensore di fiducia, sostituito per delega orale, veniva depositata documentazione attestante l’effettuazione della citazione dei testimoni di parte ma veniva disposto nuovo rinvio per l’assenza degli stessi;
a seguito di ulteriore rinvio, all’udienza 24 aprile 2018, il sostituto ex ar 97, comma 4, cod. proc. pen., dell’Avv. COGNOME chiedeva nuovo differimento per consentire al difensore titolare del fascicolo di essere presente. Il rinvio veniva concesso, con precisazione che sarebbe stato l’ultimo per gli stessi motivi, e con onere alla parte di citare il testimone a difesa;
il 4 dicembre 2018, assente nuovamente il difensore, sostituito ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen., respinta la richiesta di rinvio per sentire i testimoni della difesa non citati e non presenti, il giudice “dichiara(va) decaduto il difensor come preannunciato all’udienza precedente ed indicato a verbale che se non avesse provveduto alla citazione, sarebbe stato l’ultimo rinvio”; veniva comunque disposto ulteriore rinvio per consentire al difensore di fiducia di partecipare all discussione;
a seguito dell’assenza del difensore di fiducia anche all’udienza successiva (5 novembre 2019), il processo perveniva all’8 giugno 2020 allorché avveniva la nomina di un nuovo difensore di fiducia (Avv. NOME COGNOME che chiedeva termine per lo studio del fascicolo;
si perveniva così all’udienza del 28 settembre 2020 quando il sostituto per delega orale del difensore di fiducia, assente, veniva ammesso alla discussione, al termine della quale il giudice pronunciava sentenza dando lettura del dispositivo.
Così ricostruito il succedersi delle udienze, si può affermare che il tribolato iter processuale in primo grado può essere preso a paradigma delle ragioni che inducono ad assecondare l’orientamento di giurisprudenza più rigoroso, o, meglio, maggiormente responsabilizzante nei confronti delle parti e della assunzione da parte dele stesse di un atteggiamento proattivo nella partecipazione al processo e nella realizzazione da parte di tutti gli attori coinvolti del diritto al giusto proc Tale formula, infatti, va intesa non solamente come una astratta aspirazione, una stella polare che deve orientare le condotte di ciascuno, ma, dal punto di vista degli obbligati (in primo luogo il Giudice, ma solo come primus inter pares rispetto all’Avvocato ed al Pubblico Ministero), come un preciso onere per assicurare il corretto esercizio della funzione giudiziale. Ed allora, il diritto di ‘difend provando’, inserito nella vicenda concreta, non può certo dirsi violato dalla
decisione del giudice che, in ossequio al proprio dovere di promuovere la prosecuzione del processo, non poteva consentire ulteriori, inutili, dilazioni (nel caso, quasi una decina, ‘spalmate’ su quasi otto anni) poiché il termine per la citazione dei testimoni è inserito in una sequenza procedimentale che non ammette ritardi o rinvii dovuti alla mera negligenza delle parti ed ha, pertanto, natura perentoria.
In sostanza, il disinteresse del primo difensore di fiducia (raramente presente in udienza e non diligente nella citazione dei testimoni) è alla base della decisione di dichiarare la decadenza, da ritenersi corretta alla luce di quanto detto.
A ciò si aggiunge che, la mancata, tempestiva, contestazione del provvedimento di revoca, come pure sarebbe stato necessario, per le ragioni già sopra indicate, concorre a rendere manifestamente infondato il primo motivo di ricorso. Infatti, trattandosi di nullità (secondo la prospettazione della difesa naturalmente) verificatasi in udienza, alla presenza delle parti, essa avrebbe dovuto essere eccepita in tale contesto (cfr. Sez. 3, n. 29649 del 27/03/2018, Bulletti, Rv. 273590 – 01; Sez. 6, n. 42182 del 16/10/2012, COGNOME ed altri, Rv. 254338 – 01).
2.1 Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato poiché basato sull’erronea premessa (pg.3 del ricorso) che la mancata assunzione della prova testimoniale (e la conseguente possibilità di ‘recuperare’ la carenza in secondo grado) fosse conseguente ad una causa di forza maggiore, all’irragionevole negazione della prova ritualmente richiesta in primo grado, ovvero, alla irrituale ed ingiustificata revoca delle prove già ammesse.
In verità, come si è cercato di illustrare al precedente punto 2, nessuna della tre prospettate situazioni si è verificata, dato che (i) la negligenza professionale alla base della revoca non può essere equiparata alla forza maggiore, (il) la prova testimoniale richiesta dalla difesa era sta originariamente ammessa e, infine, (iii) la revoca della prova già ammessa non fu né irrituale né ingiustificata.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così de iso il 15 gennaio 2025
Il Cons liere rel tore
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